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Visualizza Versione Completa : x i bimbi di Chernobil



lisagt
06-11-2006, 04:38 PM
In Autunno arrivano nella mia zona (Rho-Milano) 34 bambini da Chernobil ospitati da famiglie Italiane x circa 2 mesi.
Il 7/10/06 di pomeriggio c'è una festa in loro onore, mi sono impegnato e spero di riuscire a portare un pò di auto x la festa, x poi portarli come passeggeri a fare un giretto.
La festa si terrà nel cortile dell'Oratorio di Terrazzano e lo spazio x le auto c'è.
Chi di voi che abita nella mia zona può venire?
Servono anche consigli e idee.:D

Christian GM
06-11-2006, 05:02 PM
Perché no;)
Non ti posso promettere nulla col bimbo, ma se riesco volentieri;)

Max66
06-12-2006, 07:08 AM
Io ci sono fammi sapere .......

lisagt
06-12-2006, 06:33 PM
Grazie Max e Cristian

Chiara
06-14-2006, 02:06 PM
Bella idea [:I]

lusyvette89
06-14-2006, 05:01 PM
Bellissima idea! perchè non fare anche una piccola colletta per 34 magliette o cappellini con una bella stampa delle nostre amate vette come souvenir della gionata per questi bimbi? :)
cosa ne dite? non penso possa essere una gran spesa.:)
comunque fammi ancora sapere. io sono di varese quindi sarebbe molto vicini da casa mia ma soprattutto mi farebbe molto piacere esserci!:D

convertible90
06-14-2006, 05:23 PM
La cugina di mia moglie..abita praticamente a fianco a casa mia ne ospita sempre una tutti gli anni sempre la stessa bimba.
Oramai sono affezionati a lei come a una figlia.

lisagt
06-14-2006, 08:45 PM
Bene bene, Beppe non puoi mancare devi venire.
x Lusyvette bella idea, mi sto informando x i cappellini.
Comunque è tutto pronto, l'associazione ha approvato, la mia amica che mi sta facendo da tramite mi ha detto che erano disposti a pagarci!
Il Parroco mette a disposizione il piazzale dell'Oratorio x le auto, verranno avvisati i Vigili Urbani x tempo.
x Adesso mancano solo le auto.
:D:D:D:D:D:D:D

lusyvette89
06-15-2006, 12:25 PM
sarà un piacere esserci!:)

lisagt
06-19-2006, 10:37 PM
E' un Sabato alle ore 16:00
Dai che molti di voi abitate vicino a Rho (Mi).
Ciao

lisagt
06-19-2006, 10:37 PM
E' un Sabato alle ore 16:00
Dai che molti di voi abitate vicino a Rho (Mi).
Ciao

Stingray1973
06-24-2006, 12:22 AM
E' senza dubbio una iniziativa lodevole, direi di metterla in risalto a tempo debito :D
Nonostante ora sia un pò prematuro fare progetti a così lunga distanza farò il possibile per esserci pure io :D

GRAND SPORT
07-10-2006, 04:54 PM
IO CI SONO , CONTACI !;)

lisagt
07-14-2006, 08:38 PM
:D

Simones Garage
07-14-2006, 11:46 PM
Se vettizzato anch'io!!!;););)

lisagt
09-10-2006, 08:47 PM
Il 7 Ottobre si avvicina, ho bisogno di sapere quanti di voi parteciperanno, siete tutti invitati con o senza Vette.
E' previsto anche un rinfresco, piu' avanti vi invio il programma piu' dettagliato.
Ciao

Stingray1973
09-10-2006, 10:47 PM
Confermo che farò il possibile per esserci :D E chi non fa il possibile per venire è un porcino :)
Mr. president un pò di portachiavi del club sono avanzati ? Pensavo che potrebbo regalarli a questi bimbi :D

lisagt
09-11-2006, 09:46 PM
Bravo Guido

Ray Stinger
09-12-2006, 01:44 PM
Contami.... con Vette, ovviamente !!!! ;)

lisagt
09-21-2006, 09:46 PM
Sabato 7/10/2006 ore 15:30.
I bambini arrivano in Italia a fine Settembre, sino ad adesso mi hanno confermato la loro partecipazione una quindicina di persone con le loro auto d'epoca di marche varie. Le Vette vanno bene tutte, di qualsiasi età tanto sono tutte belle.
Chi vuole partecipare?
Foto di come saranno i cappellini (se a qualcuno interessa)

Immagine:
http://www.corvetteitalia.i t/public/data/lisagt/200692121461_Cappell ino.jpg
41,73KB

Simones Garage
09-21-2006, 10:06 PM
Lisagt,
Non capisco,i cappellino si possono comprare???
Naturalmente per un buon fine???[:I]

lisagt
09-21-2006, 10:40 PM
Non sono in vendita, sono di taglia piccola x i bimbi/ragazzi Bielorussi.
Ciao

imported_n/a
09-22-2006, 10:27 AM
Ma con il casino che è successo (giustamente qui a Genova) ci sono comunque?

lisagt
09-25-2006, 08:42 PM
Sino a Sabato sera sembrava tutto a posto, avevano anche il biglietto aereo pronto, i bambini in questione arrivano da famiglie Bielorusse e non da centri di accoglienza. Ringrazio i pochi Corvettisti che hanno dato la loro disponibilità x questo evento. Segue lettera dell'associazione.

Oggetto: I: progetto Cernobyl



Ciao a tutti,

purtroppo a causa di quanto è accaduto a Genova, tutti i viaggi dei bambini bielorussi sono sospesi.

Venerdì prossimo sarebbero dovuti arrivare i bambini della ns associazione.

Appoggio vivamente il Governo Bielorusso perché non può permettere che si creino dei precedenti così gravi.

Del resto nel nostro paese viaggiamo con i sentimentalismi, dimenticando cosa è giusto da cosa è sbagliato, guardando solamente il nostro orticello.

La cosa ancora più triste è constatare che queste persone non hanno accanto nessuno che li faccia ragionare, anzi alimentano una cosa che non

Ha nessuna ragione di esistere, le cose non si risolvono comportandosi disonestamente, anche se spinti da buone ragioni.

Forse questa famiglia di Genova non immaginava che il loro operato avesse conseguenze così gravi, coinvolgendo tanti innocenti.

Hanno mai pensato l’eventualità che la bimba venga ritrovata, credo che l’esperienza sarebbe traumatica non meno di quanto l’è già accaduto.

Comportandosi in questo modo la stanno danneggiando, vogliano tenerla RAPITA per quanto tempo?

Auguro a queste persone di riuscire a trovare del buon senso, e di rendersi conto del disastro che hanno combinato, così non risolvono certo il problema di Maria, anzi

Hanno causato altri problemi per tante altre famiglie e bambini.

Grazie per l’attenzione





"Se volete potete mandare e far mandare dalle famiglie opinioni o proteste a questi enti che appoggiano i coniugi Giusto-Bornacin (ed in copia a noi: info@larondine.it )"



segrsindaco@comune.c ogoleto.ge.it

aiutiamoMaria@gmail. com


Questo pensiero del presidente della nostra associazione ci aiuterà a capire meglio la vicenda e lo scopo di questi viaggi:

In questi giorni giornali e televisioni hanno usato molte espressioni e definizioni errate che hanno fuorviato l'opinione pubblica.
E' utile che ciascuno non perda ogni eventuale occasioni per precisare che nel nostro ambito è sbagliato dire:
- soggiorni di adozione
- famiglia affidataria
- genitori adottivi
- secondi mamma e papà
- affido internazionale

mentre è corretto:
- soggiorni di risanamento
- famiglia ospitante
- famiglia assegnataria
- amici o zii italiani
- assegnazione

lisagt
09-25-2006, 08:42 PM
Sino a Sabato sera sembrava tutto a posto, avevano anche il biglietto aereo pronto, i bambini in questione arrivano da famiglie Bielorusse e non da centri di accoglienza. Ringrazio i pochi Corvettisti che hanno dato la loro disponibilità x questo evento. Segue lettera dell'associazione.

Oggetto: I: progetto Cernobyl



Ciao a tutti,

purtroppo a causa di quanto è accaduto a Genova, tutti i viaggi dei bambini bielorussi sono sospesi.

Venerdì prossimo sarebbero dovuti arrivare i bambini della ns associazione.

Appoggio vivamente il Governo Bielorusso perché non può permettere che si creino dei precedenti così gravi.

Del resto nel nostro paese viaggiamo con i sentimentalismi, dimenticando cosa è giusto da cosa è sbagliato, guardando solamente il nostro orticello.

La cosa ancora più triste è constatare che queste persone non hanno accanto nessuno che li faccia ragionare, anzi alimentano una cosa che non

Ha nessuna ragione di esistere, le cose non si risolvono comportandosi disonestamente, anche se spinti da buone ragioni.

Forse questa famiglia di Genova non immaginava che il loro operato avesse conseguenze così gravi, coinvolgendo tanti innocenti.

Hanno mai pensato l’eventualità che la bimba venga ritrovata, credo che l’esperienza sarebbe traumatica non meno di quanto l’è già accaduto.

Comportandosi in questo modo la stanno danneggiando, vogliano tenerla RAPITA per quanto tempo?

Auguro a queste persone di riuscire a trovare del buon senso, e di rendersi conto del disastro che hanno combinato, così non risolvono certo il problema di Maria, anzi

Hanno causato altri problemi per tante altre famiglie e bambini.

Grazie per l’attenzione





"Se volete potete mandare e far mandare dalle famiglie opinioni o proteste a questi enti che appoggiano i coniugi Giusto-Bornacin (ed in copia a noi: info@larondine.it )"



segrsindaco@comune.c ogoleto.ge.it

aiutiamoMaria@gmail. com


Questo pensiero del presidente della nostra associazione ci aiuterà a capire meglio la vicenda e lo scopo di questi viaggi:

In questi giorni giornali e televisioni hanno usato molte espressioni e definizioni errate che hanno fuorviato l'opinione pubblica.
E' utile che ciascuno non perda ogni eventuale occasioni per precisare che nel nostro ambito è sbagliato dire:
- soggiorni di adozione
- famiglia affidataria
- genitori adottivi
- secondi mamma e papà
- affido internazionale

mentre è corretto:
- soggiorni di risanamento
- famiglia ospitante
- famiglia assegnataria
- amici o zii italiani
- assegnazione

Stingray1973
10-02-2006, 11:10 PM
Ma quindi non vengono più ?
Ma e' sicura la cosa o ci sono ancora possibilità di rimediare ?
Ma io dico, solo in Italia poteva accadere una cosa del genere.......
Sottrazione di minore e per 10 g.g. non si fa nulla......
Pare che ci fossero sotto dgeli appoggi politici, perchè se no di solito per una cosa del genere si finisce in galera.....
Ora gli unici che ci rimettono sono solo questi bambini :(
Per colpa di due supereroi montati e appoggiati :([xx(]

imported_n/a
10-03-2006, 10:36 AM
[:0][:0][:0]
Ah perchè tu che avresti fatto?
L'avresti rimandata in Bielorussia contento di farla suicidare o nella migliore delle ipotesi, seviziare per un altro anno???
[:0][:0][:0]

lisagt
10-03-2006, 09:37 PM
Oggi è arrivata la notizia che i bambini arriveranno in Italia tra pochi giorni, la festa viene spostata di qualche settimana con la speranza di vedere alla festa qualche bella Vette:)

Stingray1973
10-04-2006, 03:34 AM
Ottimo lisagt, facci sapere :D

Gianlorenzo che dici se apriamo un altro post?

imported_n/a
10-04-2006, 04:24 AM
Mah...se ho interpretato bene il tuo pensiero mi evito volentieri la discussione [:I]
Anche tu hai un figlio e credo che anche se lo avessi adottato o in affidamento temporaneo, faresti l'impossibile per difenderlo.
Credo che non ci sia molto altro da dire...

lisagt
10-04-2006, 07:35 PM
Secondo me è sbagliato sia tenerla (molte famiglie Italiane userebbero questo metodo semplice, veloce e poco costoso x adottare bambini) ed è sbagliato lasciarla andare x il bene della bimba.
Questa mattina il Governo Bielorusso ha bloccato nuovamente il soggiorno x i bambini!:( Alla fine è sempre la solita storia:
gli adulti fanno i casini e i bimbi ci rimettono.

Stingray1973
10-04-2006, 11:40 PM
Allora non è che non pensi al bene della bambina, anzi !
Il punto primo è che la bimba non era qui ne per una adozione definitiva e neppure temporanea, era qui solo per un breve soggiorno di cura di 3 mesi. Ora che due perfetti sconosciuti in tre mesi abbiano potuto fare una analisi approfondita su una bambina bielorussa di 13 anni, mi pare sinceramente poco credibile......
Ad ogni modo la strada maestra da attuare era quella di intraprendere una azione legale e non di sequestrarla !!!
Non crediate che in Bielorussia sia analfabeti, disumani o poco interessati ai LORO bambini !
Per carità, non dico che non sia potuto capitare, ma come capita o è capitato anche in Italia in scuole, sagrestie o altri luoghi.
Rimandarla nel suo paese non vuol dire rimandarla nel presunto istituto dove si è verificato il presunto fatto, da un presunto tale.
Se effettivamente è successo qualcosa, certamente si farà il possibile per appurare i fatti e fare in modo che non si ripeta mai più.
Credete che così abbiano fatto qualcosa di positivo per la bimba ?
Assolutamente no, la hanno solo illusa e si sono solo illusi, colti da eroismo dei cinque minuti, di poterla tenere loro in barba alle leggi e alla logica.
Se ci fosse un pericolo REALE per un bambino, e non ci fossero altri mezzi per difenderlo, sarebbe giusto addirittura arrivare ad uccidere per difenderlo. In questo caso purtroppo le premesse sono ben diverse.
I bielorussi non sono dei coglioni che se ne sbattono dei loro bambini, se un bielorusso ha fatto veramente del male a un bambino, è la legge bielorussa che deve giudicarlo ed aiutare la bambina a riprendersi, non certo due OSPITANTI paraculati, ne la legge italiana.


Vedo che comunque la memoria ha le gambe corte......
poche settimane fa una "bimba" di 12 ha asserito di essere stata violentata da un marocchino, fornendo anche sordidi dettagli.
Ovviamente i mass media ci hanno sguazzato, ma di lì a poche ore si ès coperto che il povero marocchino non c'entrava nulla e la "bimba" si era arrangiata per i fatti suoi con un suo amico.

Quindi prima di urlare sempre al LUPO al LUPO, con fare da esseri superiori o eroi, bisogna sempre attaccare il cervello e far fare alla giustizia e alla logica il loro corso.

Tra le altre cose i due super eroi paraculati, come potete leggere anche da quanto ci ha scritto Lisagt, hanno creato dei seri problemi diplomatici che sono sfociati in una perdita di credibilità dello stato italiano (vabbeh questo sarebbe il meno), ma sopratutto in pratiche di adozione già avviate ed ora sospese o in altri viaggi di cura anch'essi sospesi.
Del resto giustamente uno stato serio, se è veramente tale, non dovrebbe mandare suoi connazionali, minorenni, in uno stato dove sono due singoli a fare quello che vogliono infischiandosene della legge, grazie ad appoggi politici e cattolici.
Sinceramente per come si sono comportati, i modo superficiale, iniquo ed illegale hanno solo creato enormi danni a tutti:

Alla Bielorussa: Ha perso un partner che credeva serio nell'aiutare i propri bambini a guarire.
All'Italia: Comportandosi con titubanza e non applicando la legge si è resa ancora una volta poco credibile.
Alla Bambina: Hanno creato a lei un'altra situazione di dolore, incertezza, sofferenza e angoscia, facendo chissà che promesse (impossibili da mantenere) e magari facendole perdere la fiducia che aveva nel suo paese.
A loro stessi: Se comportandosi correttamente, seguendo le vie legali anche con convinzione e fermezza, avrebbero avuto sicuramente più possibilità di adottare anche la stessa bimba. Ora ovviamente è impossibile.

imported_n/a
10-05-2006, 08:03 AM
Non so se hai seguito bene la vicenda...
La bambina ha 10 anni e non 13
I genitori affidatari la ospitavano da 3 anni, due volte l'anno.
La bambina è stata visitata da medici e psicologi che hanno confermato le violenze subite.
Con questa documentazione i due si sono rivolti alle autorità che non hanno fatto nulla, come nello stile classico del nostro paese.
Dopo un po hanno fatto alla Pilato ed i genitori affidatari hanno presentato ricorso.
Quando è stata ritrovata, il giorno stesso che è stata riportata in bielorussia è stata visitata da una psicologa italiana che si è messa a piangere...vedi un po te.
Ah, la coppia ha presentato domanda di adozione, se non erro, nel 1998.

Cosa avresti fatto tu?

sapientedottore
10-06-2006, 04:44 PM
ma in dove è la bielorussia??? sono comunisti???

imported_n/a
10-06-2006, 04:50 PM
I servizi bielorussi si chiamano "Komitet Gosudarstvennoi Besopasnosti" vedi un po tu :D:D:D

Arioch
10-06-2006, 07:37 PM
Mi sembra un po' troppo facile sparare sentenze a distanza. Magari sarebbe "bello" viverle certe situazioni, forse anche il più ligio dei cittadini avrebbe preso l'iniziativa... chi lo sa?

In ogni caso vadano al diavolo anche i bielorussi e tutti gli altri dannati residuati dell'unione sovietica.

Stingray1973
10-06-2006, 10:10 PM
Pensatela un pò come vi pare.
Se credete di essere superiori alle leggi, ben per voi.
La cosa giusta era denunciare il fatto alle autorità ed eventualmente ai mass-media ed attendere che la giustizia facesse il suo corso. La questione non sarebbe finita nel dimeticatoio. Ci sono associazioni che tutelano i diritti die terroristi e vincono, figuriamoci quelli dei bambini.
Sequestrarla, come era logico ipotizzare, ha portato solo danni a tutti.
Questo nessun genitore, vero o presunto, l'avrebbe mai accettato.
Poi certo quella che abbiamo riportata dai mass-media è solo una visione parziale ... per esempio che fosse tre anni che la ospitavano non lo avevo letto da nessuna parte come anche che avessero già fatto domanda, ma magari non si sa neppure che gli avevano già proposto altri bimbi in adozione o che altre adozioni erano state rifiutate perchè non adatti... chi lo sa.
L'errore è stato ritenersi superiori alle leggi ed alla giustizia, con conseguenze negative per tutti, facilmente prevedibili.
Essere genitori non è assolutamente facile ...
non è detto che una scelta fatta col cuore sia giusta o logica ...
è di ieri la notizia del giovane neopatentato al quale il padre il primo giorno di patente ha regalato un maserati da 400 cavalli ...
morto lui ed altri due amici ...

Arioch
10-07-2006, 03:15 AM
Non mi sembra proprio la stessa cosa regalare una maserati ad un giovane demente e guardare negli occhi una bambina che ha passato delle esperienze inimmaginabili, vedendovi chissà quale sconfinata tristezza e sofferenza. Sai, io penso che purtroppo nel nostro paese la giustizia e le leggi siano delle grandi bestie che il cittadino deve cercare di cavalcare per poter avere quello che sarebbe naturalmente giusto. Il problema è che la bestia non si fa cavalcare quasi mai, per cui c'è chi si rassegna, si mette da una parte triste e rassegnato oppure chi prova a ribellarsi, a dare una scossa con atti che abbiano una rilevanza mediatica (visto che ormai se non sei in tv non esisti) a questo torpore fatto di idiozia italiota, menefreghismo ed irritante supponenza che ci circonda... giusto o no che sia.

firebird71
10-07-2006, 07:17 AM
Stingray1973: ma quante cazzate hai scritto??? ma sei cosciente del solo 10% di tutte le minchiate che hai scritto?
Tubelli, con certe persone e' una guerra persa in partenza

Stingray1973
10-07-2006, 09:44 AM
Caro Firebird1971 se dobbiamo parlare civilmente mi sta bene, se c'è bisogno di insultare o di essere supponenti, puoi anche andare dove solitamente consiglia Scintilla. Poi se sei così culo e camicia con Gianlorenzo, visto che per qualsiasi cosa lo spalleggi sempre, perchè non fondi con lui una fratellanza, sono certo che potreste creare il vostro club ideale ? :D:D:D

Arioch: era solo un esempio sul fatto che i genitori o pseudogenitori, possono commettere degli errori enormi, credendo di fare la cosa giusta....
Il ragazzo in questione era stato adottato e i genitori volevano dargli di tutto e di più, senza però considerare i rischi per loro figlio e gli altri............... .........

firebird71
10-07-2006, 10:09 AM
Caro Firebird1971 se dobbiamo parlare civilmente mi sta bene, se c'è bisogno di insultare o di essere supponenti, puoi anche andare dove solitamente consiglia Scintilla.
Risposta: ricambio il pensiero!


Poi se sei così culo e camicia con Gianlorenzo, visto che per qualsiasi cosa lo spalleggi sempre, perchè non fondi con lui una fratellanza, sono certo che potreste creare il vostro club ideale ?
Risposta: solitamente la penso esattamente come lui ma non c'e' bisogno di fondare alcun club

Inoltre, cosa ne pensi di queto articolo?:
http://alessiaguidi.provoca tion.net/ciarlatani/cervello.htm

Stingray1973
10-07-2006, 12:09 PM
Citazione:Caro Firebird1971 se dobbiamo parlare civilmente mi sta bene, se c'è bisogno di insultare o di essere supponenti, puoi anche andare dove solitamente consiglia Scintilla.
Risposta: ricambio il pensiero!


Poi se sei così culo e camicia con Gianlorenzo, visto che per qualsiasi cosa lo spalleggi sempre, perchè non fondi con lui una fratellanza, sono certo che potreste creare il vostro club ideale ?
Risposta: solitamente la penso esattamente come lui ma non c'e' bisogno di fondare alcun club

Inoltre, cosa ne pensi di queto articolo?:
http://alessiaguidi.provoca tion.net/ciarlatani/cervello.htm

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Modificato da - firebird71 in data 07/10/2006 10:13:35

1- Sono davvero contento che ricambi il pensiero :D
2- Sono contento anche per questo, se non avete bisogno di creare un vostro club e frequentate questo vuol dire che vi trovate bene qui :D
3- Articolo interessante è forse correlato in qualche modo con questo topic ? :D

firebird71
10-07-2006, 01:22 PM
Stingray, tu mi insegni che qui stiamo rischiando di andare off topic cosi mi permetto di darci un taglio e di dirti quello che penso molto civilmente sulle minchiate che hai scritto prima:

Pensatela un pò come vi pare.
Se credete di essere superiori alle leggi, ben per voi.
Scusa ma le leggi chi le ha fatte? DIO? Oppure gente comune, esseri umani normalissimi, “voi”, quindi chi erano per fare delle leggi? Erano piu’ furbi o giusti di te di me di altri, di chi?
La cosa giusta era denunciare il fatto alle autorità ed eventualmente ai mass-media ed attendere che la giustizia facesse il suo corso.
Qua ne hai scritte troppe tutte insieme, facciamo ordine, denunciare il fatto ai mass-media? E che c’entrano i mass-media? I telegiornali ci fanno i soldi con ste notizie, il grande fratello sinceramente…….non ne vedo il nesso come non lo vedo col resto dei mass. E poi attendere la giustizia? Il suo corso? I secoli? Quindi a 13 anni una bambina ha tempo secondo te di aspettare il decorso della giustizia italiana o bielorussia? Anni e anni di burocrazie? Pensi che sarebbe meno dannoso farle trovare finalmente i “genitori perfetti” magari all’eta’ di 30 anni? E da 13 a 30 cosa fa? La spegni e la riaccendi quando la giustizia si e’ pronunciata dopo miliardi versati ad avvocati, giudici ecc ecc ecc ecc?
La questione non sarebbe finita nel dimeticatoio. Ci sono associazioni che tutelano i diritti die terroristi e vincono, figuriamoci quelli dei bambini.
Su questo la penso come te

Allora non è che non pensi al bene della bambina, anzi !
Il punto primo è che la bimba non era qui ne per una adozione definitiva e neppure temporanea, era qui solo per un breve soggiorno di cura di 3 mesi.
Allora cosa vuol dire se era qui in cura, che li dai suoi nel suo paese ci stava bene????
Ora che due perfetti sconosciuti in tre mesi abbiano potuto fare una analisi approfondita su una bambina bielorussa di 13 anni, mi pare sinceramente poco credibile......
Analisi di cosa scusa? Analisi del sangue per vedere se era ubriacona come suo padre anche lei??? Non ti basta sapere che due persone normalissime come migliaia che ne incontri per strada tutti i giorni che hanno figli avevano deciso di trattarla come una figlia?
Non crediate che in Bielorussia sia analfabeti, disumani o poco interessati ai LORO bambini !
Poi questa…….ti dovrei far rispondere da una mia amica bielorussa ma ho paura che verrebbe di persona a cavarti gli occhi per queste immani cazzate che hai appena scritto...

Rimandarla nel suo paese non vuol dire rimandarla nel presunto istituto dove si è verificato il presunto fatto, da un presunto tale.
No no assolutamente e’ chi dice questo? La rimandano solo in un altro istituto in un'altra citta’ dove la tratteranno nello stesso modo che la trattavano prima
Se effettivamente è successo qualcosa, certamente si farà il possibile per appurare i fatti e fare in modo che non si ripeta mai più.
E come no!
Credete che così abbiano fatto qualcosa di positivo per la bimba ?
Chi, le autorita’ che l’hanno rispedita in quel paese di ubriaconi comunisti o quei due poveretti che la stavano facendo crescere in un mondo un po’ piu’ normale?

Assolutamente no, la hanno solo illusa e si sono solo illusi, colti da eroismo dei cinque minuti, di poterla tenere loro in barba alle leggi e alla logica.
Eroismo? Allora quando diventero’ padre saro’ anche io un eroe?
Se ci fosse un pericolo REALE per un bambino, e non ci fossero altri mezzi per difenderlo, sarebbe giusto addirittura arrivare ad uccidere per difenderlo. In questo caso purtroppo le premesse sono ben diverse.
Ma cosa fai, cambi discorso? stai parlando dei bambini talebani? Rimaniamo in occidente per favore

I bielorussi non sono dei coglioni che se ne sbattono dei loro bambini, se un bielorusso ha fatto veramente del male a un bambino, è la legge bielorussa che deve giudicarlo ed aiutare la bambina a riprendersi, non certo due OSPITANTI paraculati, ne la legge italiana.
A questo punto ho perso lle speranze e quindi anche la voglia di continuare il discorso……..mi arrendo, hai vinto tu, mi dedico ad altro. Mi sento triste
ciaooo

imported_n/a
10-07-2006, 05:44 PM
Non so perchè Guido capisca solo quello che vuole [:I]
Te lo ripeto Guido...
E' stata chiesta l'adozione anni fa, è comprovato da visite medico/psicologiche/psichiatriche che la bambina abbia subito sevizie e violenze, è stata in Italia, presso la stessa famiglia per tre anni due volte l'anno, i genitori affidatari si sono rivolti alle autorità come ai mass media prima di nasconderla e proteggerla.
Ora ti chiedo:
Una bambina di 10 anni che sei certo subisca violenze di ogni tipo, che minaccia di togliersi la vita, che trovi con le lamette in mano che si vuole tagliare i polsi...A casa tua...MA CHE CAZZO FAI???
La rimandi a fare in culo, a fasi seviziare? Vuoi che si suicidi?
Ma che cazzo!
Io non ci credo!
Non credo che tu sia così, credo solo che tu voglia fomentare polemiche scrivendo esattamente il contario di ciò che pensano gli altri, come quando vai sui forum di politica a fare un po quello di destra e un po quello di sinistra solo per (lo hai detto tu) rompere i coglioni agli altri.
Se qualcun'altro la pensa come me credi che sia "schierato", sei fuori strada, con Arioch ci conosciamo abbastanza ma io a Firebird ci siamo visti di sfuggita un paio di volte, nonostante si abiti molto vicini.
Genova è un paese, se 3 genovesi ti dicono che hai torto, pigliatela com'è, vuol dire che le cose le sanno!
Senza contare che, personalmente, conosco molto bene la comunità di Cogoleto.
Cazzo sei il primo ad accusarmi di polemiche sterili e poi ti attacchi ad una storia del genere? Una bambina di 10 anni!
Hai da poco avuto un figlio, dimmi cosa avresti fatto di diverso!
Ma lo sai almeno che il tribunale dei minori ha depositato la sentenza il giorno dopo il rimpatrio della bambina?
A quali cazzo di leggi ti saresti affidato?
Pensa dove cazzo sarà ora quella povera bambina e come starà!
Te lo dico io!
In un posto di merda, non che Cogoleto sia il paradiso, ma sicuramente meglio di un centro per correzione di minori dove si usano sedativi ed elettroshock per "mettere a posto le cose"


Guido, fammi il piacere, scrivi minchiate sul mio post "Dico dico dico" o sul sondaggio "Me la sondo" ma, ti prego, lascia stare delle povere creature meno fortunate di noi e dei nostri figli.

firebird71
10-07-2006, 05:53 PM
Non credo che tu sia così, credo solo che tu voglia fomentare polemiche scrivendo esattamente il contario di ciò che pensano gli altri, come quando vai sui forum di politica a fare un po quello di destra e un po quello di sinistra solo per ([u]lo hai detto tu</u>) rompere i coglioni agli altri.

Guido Guido, allora sei un bel tipetto!!! [:p]

Arioch
10-07-2006, 08:24 PM
Citazione:Messaggio inserito da 2Bell-E


Se qualcun'altro la pensa come me credi che sia "schierato", sei fuori strada, con Arioch ci conosciamo abbastanza ma io a Firebird ci siamo visti di sfuggita un paio di volte, nonostante si abiti molto vicini.
Genova è un paese, se 3 genovesi ti dicono che hai torto, pigliatela com'è, vuol dire che le cose le sanno!


Sottoscrivo in pieno ed aggiunngo che qui da noi la cosa ha avuto una risonanza enorme, per cui direi che siamo abbastanza aggiornati sui fatti accaduti da poter esprimere liberamente una nostra opinione...

Stingray1973
10-07-2006, 11:38 PM
Visto che vuoi ribattere punto per punto, sarà una gran rottura di coglioni, ma ti ribatterò punto per punto, col tuo stile :D


Stingray, tu mi insegni che qui stiamo rischiando di andare off topic cosi mi permetto di darci un taglio e di dirti quello che penso molto civilmente sulle minchiate che hai scritto prima:

&gt;&gt;&gt; Qui non è che rischiamo di andare off-topic, ci siamo già andati da un pezzo, il primo che ha sbagliato sono stato io lo ammetto, ma appena avevo visto che Gianlorenzo aveva voglia di controbattere (e immaginavo già come sarebbe finita...) gli avevo detto che se ne volevamo discutere, avremmo potuto farlo in altra sede e non qui.
Scusa carissimo, ma "minchiate" e "civilmente" non mi sembrano due termini che sono molto coerenti. Se vuoi discutere civilmente non sostieni che l'altro dice minchiate :D

Pensatela un pò come vi pare.
Se credete di essere superiori alle leggi, ben per voi.

Scusa ma le leggi chi le ha fatte? DIO? Oppure gente comune, esseri umani normalissimi, “voi”, quindi chi erano per fare delle leggi? Erano piu’ furbi o giusti di te di me di altri, di chi?

&gt;&gt;&gt;Ma scusa qui stai scherzando o cosa ? Ritieni che le leggi non debbano esistere? Forse dovresti ripassare un pò i concetti di democrazia, potere legislativo, separazione dei poteri etc. etc.

La cosa giusta era denunciare il fatto alle autorità ed eventualmente ai mass-media ed attendere che la giustizia facesse il suo corso.
Qua ne hai scritte troppe tutte insieme, facciamo ordine, denunciare il fatto ai mass-media? E che c’entrano i mass-media? I telegiornali ci fanno i soldi con ste notizie, il grande fratello sinceramente…….non ne vedo il nesso come non lo vedo col resto dei mass. E poi attendere la giustizia? Il suo corso? I secoli? Quindi a 13 anni una bambina ha tempo secondo te di aspettare il decorso della giustizia italiana o bielorussia? Anni e anni di burocrazie? Pensi che sarebbe meno dannoso farle trovare finalmente i “genitori perfetti” magari all’eta’ di 30 anni? E da 13 a 30 cosa fa? La spegni e la riaccendi quando la giustizia si e’ pronunciata dopo miliardi versati ad avvocati, giudici ecc ecc ecc ecc?

&gt;&gt;&gt; Bravo vedo che la demagogia è il tuo forte :D
In primis ho sostenuto che dovevano denunciare quanto scoperto all'autorità ed eventualmente per dare maggior risalto alla cosa anche ai mass media, che se riesco a muovere politici, associazioni ed opinione pubblica, per evitare l'eliminazione di cerbiatti in esubero, figuriamoci se non avrebbero potuto aiutare per una vicenda così importante.

La questione non sarebbe finita nel dimeticatoio. Ci sono associazioni che tutelano i diritti die terroristi e vincono, figuriamoci quelli dei bambini.
Su questo la penso come te

&gt;&gt;&gt; Miracolo, ecco perchè pioveva oggi :D

Allora non è che non pensi al bene della bambina, anzi !
Il punto primo è che la bimba non era qui ne per una adozione definitiva e neppure temporanea, era qui solo per un breve soggiorno di cura di 3 mesi.
Allora cosa vuol dire se era qui in cura, che li dai suoi nel suo paese ci stava bene????

&gt;&gt;&gt;Che ragionamento è scusa? Se un paese si offre di ospitare i bambini bisognosi di un altro, cosa fai ci sputi sopra? Qui in Italia sicuramente abbiamo un tenore di vita più alto e se è possibile è giusto aiutare gli altri quando possibile.

Ora che due perfetti sconosciuti in tre mesi abbiano potuto fare una analisi approfondita su una bambina bielorussa di 13 anni, mi pare sinceramente poco credibile......
Analisi di cosa scusa? Analisi del sangue per vedere se era ubriacona come suo padre anche lei??? Non ti basta sapere che due persone normalissime come migliaia che ne incontri per strada tutti i giorni che hanno figli avevano deciso di trattarla come una figlia?

&gt;&gt;&gt;Proprio normalissime non mi pare da come si sono comportate. Dico che dei fatti gravi, vanno accertati, vanno ricercati i colpevoli, vanno incriminati i colpevoli e vanno aiutate le vittime. E questo non credo lo possano decidere due persone che sanno solo parte della storia.

Non crediate che in Bielorussia sia analfabeti, disumani o poco interessati ai LORO bambini !
Poi questa…….ti dovrei far rispondere da una mia amica bielorussa ma ho paura che verrebbe di persona a cavarti gli occhi per queste immani cazzate che hai appena scritto...

&gt;&gt;&gt;Bene invitala qui a portare la sua testimonianza ed io la ascolterò ben volentieri.

Rimandarla nel suo paese non vuol dire rimandarla nel presunto istituto dove si è verificato il presunto fatto, da un presunto tale.
No no assolutamente e’ chi dice questo? La rimandano solo in un altro istituto in un'altra citta’ dove la tratteranno nello stesso modo che la trattavano prima

&gt;&gt;&gt;A è vero in fondo bielorussia = russia = EX URSS = comunisti,
i comunisti russi mangiano i bambini, mentre quelli cinesi li usano come fertilizzante per i campi, non fa una grinza.

Se effettivamente è successo qualcosa, certamente si farà il possibile per appurare i fatti e fare in modo che non si ripeta mai più.
E come no!

&gt;&gt;&gt;Stesso discorso della risposta precdente

Credete che così abbiano fatto qualcosa di positivo per la bimba ?
Chi, le autorita’ che l’hanno rispedita in quel paese di ubriaconi comunisti o quei due poveretti che la stavano facendo crescere in un mondo un po’ piu’ normale?

&gt;&gt;&gt;Certo è normalissimo non rispettare leggi nazionali ed internazionali, nascondere la bambina in un convento, ed essere al centro dell'attenzione pubblica (anche in negativo) di tutto il paese (o meglio di entrambi). Una cosa che una bambina con seri problemi può tollerare benissimo e che le ispererà per tutta la vita fiducia e rispetto per Italia e Bielorussia.

Assolutamente no, la hanno solo illusa e si sono solo illusi, colti da eroismo dei cinque minuti, di poterla tenere loro in barba alle leggi e alla logica.
Eroismo? Allora quando diventero’ padre saro’ anche io un eroe?

&gt;&gt;&gt; I genitori che fanno tutto il possibile per il BENE dei propri figli sono tutti degli eroi. Ti auguro con tutto il cuore di diventarloa nche tu. Io parlavo di eroismo dei cinque minuti, probabilmente credevano (non so bene con quale logica) che le cose sarebbero andate diversamente, forse sono stati male consigliati, forse credevano che con appoggi diversi... boh Sta di fatto, che in questo modo sono riusciti solo a fare del male a tutti, anche se magari i loro propositi erano buoni ed altruistici.

Se ci fosse un pericolo REALE per un bambino, e non ci fossero altri mezzi per difenderlo, sarebbe giusto addirittura arrivare ad uccidere per difenderlo. In questo caso purtroppo le premesse sono ben diverse.
Ma cosa fai, cambi discorso? stai parlando dei bambini talebani? Rimaniamo in occidente per favore

&gt;&gt;&gt;Di legittima difesa hai mai sentito parlare ? Sai è contemplata anche dal codice penale italiano. Ovviamente era una estremizzazione, intendo dire che se c'è un pericolo reale ed immediato anche una reazione enorme come l'uso estremo della forza potrebbe essere giusto. In questo caso la reazione dei coniugi è stata legalmente spropositata, in quanto per vie legali, diplomatiche, religiose o quello che vuoi si potevanoa vere risultati migliori, giusti ed inoppugnabili.

I bielorussi non sono dei coglioni che se ne sbattono dei loro bambini, se un bielorusso ha fatto veramente del male a un bambino, è la legge bielorussa che deve giudicarlo ed aiutare la bambina a riprendersi, non certo due OSPITANTI paraculati, ne la legge italiana.
A questo punto ho perso lle speranze e quindi anche la voglia di continuare il discorso……..mi arrendo, hai vinto tu, mi dedico ad altro. Mi sento triste
ciaooo

&gt;&gt;&gt;Mi dispiace se ti ho fatto sentire triste, non voglio vincere proprio nulla, ho solo espresso le mie opinioni personali, anche se a volte (spesso) impopolari e tra l'altro a volte contro la maggioranza di quelli che politicamente la pensano come me.
Se ti può consolare anch'io sono triste per come è andata questa vicenda, mi dispiace addirittura per i coniugi stessi, che forse se fossero stati un pò meno impulsivi, sarebbero stati dei veri eroi.
Mi dispiace per la bambina che ora è vittima due volte. Mi dispiace per gli altri bambini e per gli altri genitori, che ora vivono momenti difficili. Mi dispiace per l'Italia perchè ha fatto la solita figura barbina nei casi critici e delicati. In fine alla lista, ma proprio all'ultimissimo posto mi dispiace forse di essere stato frainteso. Anch'io avrei fatto tutto il possibile per questa bambina, ma assolutamente non in questo modo.

Ciao

firebird71
10-07-2006, 11:51 PM
Guido, noi vediamo il mondo da punti di vista completamente opposti, vuoi continuare all'infinito a discutere su questo post con me? Io sinceramente no.

Stingray1973
10-07-2006, 11:54 PM
Non so perchè Guido capisca solo quello che vuole
Te lo ripeto Guido...
E' stata chiesta l'adozione anni fa, è comprovato da visite medico/psicologiche/psichiatriche che la bambina abbia subito sevizie e violenze, è stata in Italia, presso la stessa famiglia per tre anni due volte l'anno, i genitori affidatari si sono rivolti alle autorità come ai mass media prima di nasconderla e proteggerla.
Ora ti chiedo:
Una bambina di 10 anni che sei certo subisca violenze di ogni tipo, che minaccia di togliersi la vita, che trovi con le lamette in mano che si vuole tagliare i polsi...A casa tua...MA CHE CAZZO FAI???
La rimandi a fare in culo, a fasi seviziare? Vuoi che si suicidi?
Ma che cazzo!
Io non ci credo!
Non credo che tu sia così, credo solo che tu voglia fomentare polemiche scrivendo esattamente il contario di ciò che pensano gli altri, come quando vai sui forum di politica a fare un po quello di destra e un po quello di sinistra solo per (lo hai detto tu) rompere i coglioni agli altri.
Se qualcun'altro la pensa come me credi che sia "schierato", sei fuori strada, con Arioch ci conosciamo abbastanza ma io a Firebird ci siamo visti di sfuggita un paio di volte, nonostante si abiti molto vicini.
Genova è un paese, se 3 genovesi ti dicono che hai torto, pigliatela com'è, vuol dire che le cose le sanno!
Senza contare che, personalmente, conosco molto bene la comunità di Cogoleto.
Cazzo sei il primo ad accusarmi di polemiche sterili e poi ti attacchi ad una storia del genere? Una bambina di 10 anni!
Hai da poco avuto un figlio, dimmi cosa avresti fatto di diverso!
Ma lo sai almeno che il tribunale dei minori ha depositato la sentenza il giorno dopo il rimpatrio della bambina?
A quali cazzo di leggi ti saresti affidato?
Pensa dove cazzo sarà ora quella povera bambina e come starà!
Te lo dico io!
In un posto di merda, non che Cogoleto sia il paradiso, ma sicuramente meglio di un centro per correzione di minori dove si usano sedativi ed elettroshock per "mettere a posto le cose"


Guido, fammi il piacere, scrivi minchiate sul mio post "Dico dico dico" o sul sondaggio "Me la sondo" ma, ti prego, lascia stare delle povere creature meno fortunate di noi e dei nostri figli.

Gianlorenzo, cosa ti devo dire?
Sinceramente molti dettagli che tu riporti non sono stati scritti negli articoli e nelle informazioni che ho letto. Forse avete una informazione più completa voi che abitate li vicino. Io ho espresso le mie idee in base a quello che ho saputo. In ogni caso se tutto è documentabile, questo è un crimine contro l'umanità, dove qualsiasi mezzo stampa si sarebbe schierato compatto, sia a destra che a sinistra. Questa cosa sinceramente non l'ho vista e quindi può essere che i fatti non siano esattamente questi, almeno sceondo logica, no ? Tu stai parlando di un lager e non di un orfanotrofio.
Per quanto riguarda gli altri forum che frequento, sostengo sempre le mie idee ma mi diverte vedere come siano attaccatti o meno da una parte o dall'altra in base all'impostazione che gli si da. Mi sembrava però di averti detto questa cosa in privato, ma forse per te pubblico e privato non contano un gran cazz* alla faccia della tua cazz* di fratellanza dove tutti si rispettano. Comunque non ti preoccupare io rispetto veramente le persone e non vado a dire in giro quello che mi dicono in privato.... Per fortuna io ho poco o nulla da nascondere perchè quantomeno cerco di essere il più coerente possibile.

Stingray1973
10-07-2006, 11:59 PM
Guido, noi vediamo il mondo da punti di vista completamente opposti, vuoi continuare all'infinito a discutere su questo post con me? Io sinceramente no.

Bene neppure io. Sappi solo che io rispetto il punto di vista di ognuno, forse effettivamente voi sapete più del resto degli italiani e, può essere, ci mancherebbe. In tal caso fate benissimo a difendere le vostre idee e l'operato dei coniugi.

Stingray1973
10-08-2006, 12:18 AM
Citazione:Non credo che tu sia così, credo solo che tu voglia fomentare polemiche scrivendo esattamente il contario di ciò che pensano gli altri, come quando vai sui forum di politica a fare un po quello di destra e un po quello di sinistra solo per (lo hai detto tu) rompere i coglioni agli altri.

Guido Guido, allora sei un bel tipetto!!!

Rispondo solo a quest'ultimo post perchè credo che quest'idea erronea, tra l'altro nata dalle dichiarazioni di un'altra persona non mi rappresenti.
Io non sono ne un pò di destra ne un pò di sinistra. Nessuno schieramento politico è esente da critiche, se solo si vuole essere un minimo obiettivi e sinceramente non mi sento per forza schierato aprioristicamente, perchè mi sembra illogico.
Cerco sempre di difendere le idee che mi sono fatto leggendo articoli sia di destra che di sinistra che neutrali o indipendenti. Nonostante questo a volte è difficile avere certezze e può anche capitare di essere sbugiardati. Purtroppo sia lo schieramento dell'informazione che le bufale indipendenti sono dietro l'angolo.
Mi faccio quindi un'idea che ritengo buona fino a quando logicamente c'è qualcuno che ne sa con certezza più di me. Cerco sempre di improntare tutto sulla correttezza e a volte ho difeso anche persone che non lo meritavano. Pazienza l'importante è accettare i proprio errori ed avere la mente aperta.

Ste
10-08-2006, 08:38 AM
ok , adesso vi spiego una cosa io...leggete bene TUTTO!!!!!!!!!!!!!!



Nel mezzo del cammin di nostra vita
1. 2 mi ritrovai per una selva oscura
1. 3 ché la diritta via era smarrita.

1. 4 Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
1. 5 esta selva selvaggia e aspra e forte
1. 6 che nel pensier rinova la paura!

1. 7 Tant'è amara che poco è più morte;
1. 8 ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
1. 9 dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.

1. 10 Io non so ben ridir com'i' v'intrai,
1. 11 tant'era pien di sonno a quel punto
1. 12 che la verace via abbandonai.

1. 13 Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto,
1. 14 là dove terminava quella valle
1. 15 che m'avea di paura il cor compunto,

1. 16 guardai in alto, e vidi le sue spalle
1. 17 vestite già de' raggi del pianeta
1. 18 che mena dritto altrui per ogne calle.

1. 19 Allor fu la paura un poco queta
1. 20 che nel lago del cor m'era durata
1. 21 la notte ch'i' passai con tanta pieta.

1. 22 E come quei che con lena affannata
1. 23 uscito fuor del pelago a la riva
1. 24 si volge a l'acqua perigliosa e guata,

1. 25 così l'animo mio, ch'ancor fuggiva,
1. 26 si volse a retro a rimirar lo passo
1. 27 che non lasciò già mai persona viva.

1. 28 Poi ch'ei posato un poco il corpo lasso,
1. 29 ripresi via per la piaggia diserta,
1. 30 sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso.

1. 31 Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,
1. 32 una lonza leggiera e presta molto,
1. 33 che di pel macolato era coverta;

1. 34 e non mi si partia dinanzi al volto,
1. 35 anzi 'mpediva tanto il mio cammino,
1. 36 ch'i' fui per ritornar più volte vòlto.

1. 37 Temp'era dal principio del mattino,
1. 38 e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle
1. 39 ch'eran con lui quando l'amor divino

1. 40 mosse di prima quelle cose belle;
1. 41 sì ch'a bene sperar m'era cagione
1. 42 di quella fiera a la gaetta pelle
1. 43 l'ora del tempo e la dolce stagione;
1. 44 ma non sì che paura non mi desse
1. 45 la vista che m'apparve d'un leone.

1. 46 Questi parea che contra me venisse
1. 47 con la test'alta e con rabbiosa fame,
1. 48 sì che parea che l'aere ne tremesse.
1 49 Ed una lupa, che di tutte brame
1. 50 sembiava carca ne la sua magrezza,
1. 51 e molte genti fé già viver grame,

1. 52 questa mi porse tanto di gravezza
1. 53 con la paura ch'uscia di sua vista,
1. 54 ch'io perdei la speranza de l'altezza.

1. 55 E qual è quei che volontieri acquista,
1. 56 e giugne 'l tempo che perder lo face,
1. 57 che 'n tutti suoi pensier piange e s'attrista;

1. 58 tal mi fece la bestia sanza pace,
1. 59 che, venendomi 'ncontro, a poco a poco
1. 60 mi ripigneva là dove 'l sol tace.

1. 61 Mentre ch'i' rovinava in basso loco,
1. 62 dinanzi a li occhi mi si fu offerto
1. 63 chi per lungo silenzio parea fioco.

1. 64 Quando vidi costui nel gran diserto,
1. 65 «*Miserere* di me», gridai a lui,
1. 66 «qual che tu sii, od ombra od omo certo!».

1. 67 Rispuosemi: «Non omo, omo già fui,
1. 68 e li parenti miei furon lombardi,
1. 69 mantoani per patria ambedui.

1. 70 Nacqui *sub Iulio*, ancor che fosse tardi,
1. 71 e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto
1. 72 nel tempo de li dèi falsi e bugiardi.

1. 73 Poeta fui, e cantai di quel giusto
1. 74 figliuol d'Anchise che venne di Troia,
1. 75 poi che 'l superbo Ilion fu combusto.

1. 76 Ma tu perché ritorni a tanta noia?
1. 77 perché non sali il dilettoso monte
1. 78 ch'è principio e cagion di tutta gioia?».

1. 79 «Or se' tu quel Virgilio e quella fonte
1. 80 che spandi di parlar sì largo fiume?»,
1. 81 rispuos'io lui con vergognosa fronte.

1. 82 «O de li altri poeti onore e lume
1. 83 vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore
1. 84 che m'ha fatto cercar lo tuo volume.

1. 85 Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore;
1. 86 tu se' solo colui da cu' io tolsi
1. 87 lo bello stilo che m'ha fatto onore.

1. 88 Vedi la bestia per cu' io mi volsi:
1. 89 aiutami da lei, famoso saggio,
1. 90 ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi».

1. 91 «A te convien tenere altro viaggio»,
1. 92 rispuose, poi che lagrimar mi vide,
1. 93 «se vuo' campar d'esto loco selvaggio:

1. 94 ché questa bestia, per la qual tu gride,
1. 95 non lascia altrui passar per la sua via,
1. 96 ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide;

1. 97 e ha natura sì malvagia e ria,
1. 98 che mai non empie la bramosa voglia,
1. 99 e dopo 'l pasto ha più fame che pria.

1.100 Molti son li animali a cui s'ammoglia,
1.101 e più saranno ancora, infin che 'l veltro
1.102 verrà, che la farà morir con doglia.

1.103 Questi non ciberà terra né peltro,
1.104 ma sapienza, amore e virtute,
1.105 e sua nazion sarà tra feltro e feltro.

1.106 Di quella umile Italia fia salute
1.107 per cui morì la vergine Cammilla,
1.108 Eurialo e Turno e Niso di ferute.

1.109 Questi la caccerà per ogne villa,
1.110 fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno,
1.111 là onde 'nvidia prima dipartilla.

1.112 Ond'io per lo tuo me' penso e discerno
1.113 che tu mi segui, e io sarò tua guida,
1.114 e trarrotti di qui per loco etterno;

1.115 ove udirai le disperate strida,
1.116 vedrai li antichi spiriti dolenti,
1.117 ch'a la seconda morte ciascun grida;

1.118 e vederai color che son contenti
1.119 nel foco, perché speran di venire
1.120 quando che sia a le beate genti.

1.121 A le quai poi se tu vorrai salire,
1.122 anima fia a ciò più di me degna:
1.123 con lei ti lascerò nel mio partire;

1.124 ché quello imperador che là sù regna,
1.125 perch'i' fu' ribellante a la sua legge,
1.126 non vuol che 'n sua città per me si vegna.

1.127 In tutte parti impera e quivi regge;
1.128 quivi è la sua città e l'alto seggio:
1.129 oh felice colui cu' ivi elegge!».

1.130 E io a lui: «Poeta, io ti richeggio
1.131 per quello Dio che tu non conoscesti,
1.132 acciò ch'io fugga questo male e peggio,

1.133 che tu mi meni là dov'or dicesti,
1.134 sì ch'io veggia la porta di san Pietro
1.135 e color cui tu fai cotanto mesti».
1.136 Allor si mosse, e io li tenni

Inferno - canto 2

2. 1 Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno
2. 2 toglieva li animai che sono in terra
2. 3 da le fatiche loro; e io sol uno

2. 4 m'apparecchiava a sostener la guerra
2. 5 sì del cammino e sì de la pietate,
2. 6 che ritrarrà la mente che non erra.

2. 7 O muse, o alto ingegno, or m'aiutate;
2. 8 o mente che scrivesti ciò ch'io vidi,
2. 9 qui si parrà la tua nobilitate.

2. 10 Io cominciai: «Poeta che mi guidi,
2. 11 guarda la mia virtù s'ell'è possente,
2. 12 prima ch'a l'alto passo tu mi fidi.

2. 13 Tu dici che di Silvio il parente,
2. 14 corruttibile ancora, ad immortale
2. 15 secolo andò, e fu sensibilmente.

2. 16 Però, se l'avversario d'ogne male
2. 17 cortese i fu, pensando l'alto effetto
2. 18 ch'uscir dovea di lui e 'l chi e 'l quale,

2. 19 non pare indegno ad omo d'intelletto;
2. 20 ch'e' fu de l'alma Roma e di suo impero
2. 21 ne l'empireo ciel per padre eletto:

2. 22 la quale e 'l quale, a voler dir lo vero,
2. 23 fu stabilita per lo loco santo
2. 24 u' siede il successor del maggior Piero.

2. 25 Per quest'andata onde li dai tu vanto,
2. 26 intese cose che furon cagione
2. 27 di sua vittoria e del papale ammanto.

2. 28 Andovvi poi lo Vas d'elezione,
2. 29 per recarne conforto a quella fede
2. 30 ch'è principio a la via di salvazione.

2. 31 Ma io perché venirvi? o chi 'l concede?
2. 32 Io non Enea, io non Paulo sono:
2. 33 me degno a ciò né io né altri 'l crede.

2. 34 Per che, se del venire io m'abbandono,
2. 35 temo che la venuta non sia folle.
2. 36 Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono».

2. 37 E qual è quei che disvuol ciò che volle
2. 38 e per novi pensier cangia proposta,
2. 39 sì che dal cominciar tutto si tolle,

2. 40 tal mi fec'io 'n quella oscura costa,
2. 41 perché, pensando, consumai la 'mpresa
2. 42 che fu nel cominciar cotanto tosta.

2. 43 «S'i' ho ben la parola tua intesa»,
2. 44 rispuose del magnanimo quell'ombra;
2. 45 «l'anima tua è da viltade offesa;

2. 46 la qual molte fiate l'omo ingombra
2. 47 sì che d'onrata impresa lo rivolve,
2. 48 come falso veder bestia quand'ombra.

2. 49 Da questa tema acciò che tu ti solve,
2. 50 dirotti perch'io venni e quel ch'io 'ntesi
2. 51 nel primo punto che di te mi dolve.

2. 52 Io era tra color che son sospesi,
2. 53 e donna mi chiamò beata e bella,
2. 54 tal che di comandare io la richiesi.

2. 55 Lucevan li occhi suoi più che la stella;
2. 56 e cominciommi a dir soave e piana,
2. 57 con angelica voce, in sua favella:

2. 58 "O anima cortese mantoana,
2. 59 di cui la fama ancor nel mondo dura,
2. 60 e durerà quanto 'l mondo lontana,

2. 61 l'amico mio, e non de la ventura,
2. 62 ne la diserta piaggia è impedito
2. 63 sì nel cammin, che volt'è per paura;

2. 64 e temo che non sia già sì smarrito,
2. 65 ch'io mi sia tardi al soccorso levata,
2. 66 per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito.

2. 67 Or movi, e con la tua parola ornata
2. 68 e con ciò c'ha mestieri al suo campare
2. 69 l'aiuta, sì ch'i' ne sia consolata.

2. 70 I' son Beatrice che ti faccio andare;
2. 71 vegno del loco ove tornar disio;
2. 72 amor mi mosse, che mi fa parlare.

2. 73 Quando sarò dinanzi al segnor mio,
2. 74 di te mi loderò sovente a lui".
2. 75 Tacette allora, e poi comincia' io:

2. 76 "O donna di virtù, sola per cui
2. 77 l'umana spezie eccede ogne contento
2. 78 di quel ciel c'ha minor li cerchi sui,

2. 79 tanto m'aggrada il tuo comandamento,
2. 80 che l'ubidir, se già fosse, m'è tardi;
2. 81 più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento.

2. 82 Ma dimmi la cagion che non ti guardi
2. 83 de lo scender qua giuso in questo centro
2. 84 de l'ampio loco ove tornar tu ardi".

2. 85 "Da che tu vuo' saver cotanto a dentro,
2. 86 dirotti brievemente", mi rispuose,
2. 87 "perch'io non temo di venir qua entro.

2. 88 Temer si dee di sole quelle cose
2. 89 c'hanno potenza di fare altrui male;
2. 90 de l'altre no, ché non son paurose.

2. 91 I' son fatta da Dio, sua mercé, tale,
2. 92 che la vostra miseria non mi tange,
2. 93 né fiamma d'esto incendio non m'assale.

2. 94 Donna è gentil nel ciel che si compiange
2. 95 di questo 'mpedimento ov'io ti mando,
2. 96 sì che duro giudicio là sù frange.

2. 97 Questa chiese Lucia in suo dimando
2. 98 e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele
2. 99 di te, e io a te lo raccomando -.

2.100 Lucia, nimica di ciascun crudele,
2.101 si mosse, e venne al loco dov'i' era,
2.102 che mi sedea con l'antica Rachele.
2.103 Disse: - Beatrice, loda di Dio vera,
2.104 ché non soccorri quei che t'amò tanto,
2.105 ch'uscì per te de la volgare schiera?

2.106 non odi tu la pieta del suo pianto?
2.107 non vedi tu la morte che 'l combatte
2.108 su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? -

2.109 Al mondo non fur mai persone ratte
2.110 a far lor pro o a fuggir lor danno,
2.111 com'io, dopo cotai parole fatte,

2.112 venni qua giù del mio beato scanno,
2.113 fidandomi del tuo parlare onesto,
2.114 ch'onora te e quei ch'udito l'hanno".

2.115 Poscia che m'ebbe ragionato questo,
2.116 li occhi lucenti lagrimando volse;
2.117 per che mi fece del venir più presto;

2.118 e venni a te così com'ella volse;
2.119 d'inanzi a quella fiera ti levai
2.120 che del bel monte il corto andar ti tolse.

2.121 Dunque: che è? perché, perché restai?
2.122 perché tanta viltà nel core allette?
2.123 perché ardire e franchezza non hai?

2.124 poscia che tai tre donne benedette
2.125 curan di te ne la corte del cielo,
2.126 e 'l mio parlar tanto ben ti promette?».

2.127 Quali fioretti dal notturno gelo
2.128 chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca
2.129 si drizzan tutti aperti in loro stelo,

2.130 tal mi fec'io di mia virtude stanca,
2.131 e tanto buono ardire al cor mi corse,
2.132 ch'i' cominciai come persona franca:

2.133 «Oh pietosa colei che mi soccorse!
2.134 e te cortese ch'ubidisti tosto
2.135 a le vere parole che ti porse!

2.136 Tu m'hai con disiderio il cor disposto
2.137 sì al venir con le parole tue,
2.138 ch'i' son tornato nel primo proposto.

2.139 Or va, ch'un sol volere è d'ambedue:
2.140 tu duca, tu segnore, e tu maestro».
2.141 Così li dissi; e poi che mosso fue,
2.142 intrai per lo cammino alto e silvestro.

Inferno - canto 3

3. 1 "Per me si va ne la città dolente,
3. 2 per me si va ne l'etterno dolore,
3. 3 per me si va tra la perduta gente.

3. 4 Giustizia mosse il mio alto fattore:
3. 5 fecemi la divina podestate,
3. 6 la somma sapienza e 'l primo amore.

3. 7 Dinanzi a me non fuor cose create
3. 8 se non etterne, e io etterno duro.
3. 9 Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate".
3. 10 Queste parole di colore oscuro
3. 11 vid'io scritte al sommo d'una porta;
3. 12 per ch'io: «Maestro, il senso lor m'è duro».

3. 13 Ed elli a me, come persona accorta:
3. 14 «Qui si convien lasciare ogne sospetto;
3. 15 ogne viltà convien che qui sia morta.

3. 16 Noi siam venuti al loco ov'i' t'ho detto
3. 17 che tu vedrai le genti dolorose
3. 18 c'hanno perduto il ben de l'intelletto».

3. 19 E poi che la sua mano a la mia puose
3. 20 con lieto volto, ond'io mi confortai,
3. 21 mi mise dentro a le segrete cose.

3. 22 Quivi sospiri, pianti e alti guai
3. 23 risonavan per l'aere sanza stelle,
3. 24 per ch'io al cominciar ne lagrimai.

3. 25 Diverse lingue, orribili favelle,
3. 26 parole di dolore, accenti d'ira,
3. 27 voci alte e fioche, e suon di man con elle

3. 28 facevano un tumulto, il qual s'aggira
3. 29 sempre in quell'aura sanza tempo tinta,
3. 30 come la rena quando turbo spira.

3. 31 E io ch'avea d'error la testa cinta,
3. 32 dissi: «Maestro, che è quel ch'i' odo?
3. 33 e che gent'è che par nel duol sì vinta?».

3. 34 Ed elli a me: «Questo misero modo
3. 35 tegnon l'anime triste di coloro
3. 36 che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.

3. 37 Mischiate sono a quel cattivo coro
3. 38 de li angeli che non furon ribelli
3. 39 né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.

3. 40 Caccianli i ciel per non esser men belli,
3. 41 né lo profondo inferno li riceve,
3. 42 ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli».

3. 43 E io: «Maestro, che è tanto greve
3. 44 a lor, che lamentar li fa sì forte?».
3. 45 Rispuose: «Dicerolti molto breve.

3. 46 Questi non hanno speranza di morte
3. 47 e la lor cieca vita è tanto bassa,
3. 48 che 'nvidiosi son d'ogne altra sorte.

3. 49 Fama di loro il mondo esser non lassa;
3. 50 misericordia e giustizia li sdegna:
3. 51 non ragioniam di lor, ma guarda e passa».

3. 52 E io, che riguardai, vidi una 'nsegna
3. 53 che girando correva tanto ratta,
3. 54 che d'ogne posa mi parea indegna;

3. 55 e dietro le venìa sì lunga tratta
3. 56 di gente, ch'i' non averei creduto
3. 57 che morte tanta n'avesse disfatta.

3. 58 Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,
3. 59 vidi e conobbi l'ombra di colui
3. 60 che fece per viltade il gran rifiuto.

3. 61 Incontanente intesi e certo fui
3. 62 che questa era la setta d'i cattivi,
3. 63 a Dio spiacenti e a' nemici sui.

3. 64 Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
3. 65 erano ignudi e stimolati molto
3. 66 da mosconi e da vespe ch'eran ivi.

3. 67 Elle rigavan lor di sangue il volto,
3. 68 che, mischiato di lagrime, a' lor piedi
3. 69 da fastidiosi vermi era ricolto.

3. 70 E poi ch'a riguardar oltre mi diedi,
3. 71 vidi genti a la riva d'un gran fiume;
3. 72 per ch'io dissi: «Maestro, or mi concedi

3. 73 ch'i' sappia quali sono, e qual costume
3. 74 le fa di trapassar parer sì pronte,
3. 75 com'io discerno per lo fioco lume».

3. 76 Ed elli a me: «Le cose ti fier conte
3. 77 quando noi fermerem li nostri passi
3. 78 su la trista riviera d'Acheronte».

3. 79 Allor con li occhi vergognosi e bassi,
3. 80 temendo no 'l mio dir li fosse grave,
3. 81 infino al fiume del parlar mi trassi.

3. 82 Ed ecco verso noi venir per nave
3. 83 un vecchio, bianco per antico pelo,
3. 84 gridando: «Guai a voi, anime prave!

3. 85 Non isperate mai veder lo cielo:
3. 86 i' vegno per menarvi a l'altra riva
3. 87 ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.

3. 88 E tu che se' costì, anima viva,
3. 89 pàrtiti da cotesti che son morti».
3. 90 Ma poi che vide ch'io non mi partiva,

3. 91 disse: «Per altra via, per altri porti
3. 92 verrai a piaggia, non qui, per passare:
3. 93 più lieve legno convien che ti porti».

3. 94 E 'l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
3. 95 vuolsi così colà dove si puote
3. 96 ciò che si vuole, e più non dimandare».

3. 97 Quinci fuor quete le lanose gote
3. 98 al nocchier de la livida palude,
3. 99 che 'ntorno a li occhi avea di fiamme rote.

3.100 Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude,
3.101 cangiar colore e dibattero i denti,
3.102 ratto che 'nteser le parole crude.

3.103 Bestemmiavano Dio e lor parenti,
3.104 l'umana spezie e 'l loco e 'l tempo e 'l seme
3.105 di lor semenza e di lor nascimenti.

3.106 Poi si ritrasser tutte quante insieme,
3.107 forte piangendo, a la riva malvagia
3.108 ch'attende ciascun uom che Dio non teme.

3.109 Caron dimonio, con occhi di bragia,
3.110 loro accennando, tutte le raccoglie;
3.111 batte col remo qualunque s'adagia.

3.112 Come d'autunno si levan le foglie
3.113 l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo
3.114 vede a la terra tutte le sue spoglie,

3.115 similemente il mal seme d'Adamo
3.116 gittansi di quel lito ad una ad una,
3.117 per cenni come augel per suo richiamo.

3.118 Così sen vanno su per l'onda bruna,
3.119 e avanti che sien di là discese,
3.120 anche di qua nuova schiera s'auna.

3.121 «Figliuol mio», disse 'l maestro cortese,
3.122 «quelli che muoion ne l'ira di Dio
3.123 tutti convegnon qui d'ogne paese:

3.124 e pronti sono a trapassar lo rio,
3.125 ché la divina giustizia li sprona,
3.126 sì che la tema si volve in disio.

3.127 Quinci non passa mai anima buona;
3.128 e però, se Caron di te si lagna,
3.129 ben puoi sapere omai che 'l suo dir suona».

3.130 Finito questo, la buia campagna
3.131 tremò sì forte, che de lo spavento
3.132 la mente di sudore ancor mi bagna.

3.133 La terra lagrimosa diede vento,
3.134 che balenò una luce vermiglia
3.135 la qual mi vinse ciascun sentimento
3.136 e caddi come l'uom cui sonno piglia.

Inferno - canto 4

4. 1 Ruppemi l'alto sonno ne la testa
4. 2 un greve truono, sì ch'io mi riscossi
4. 3 come persona ch'è per forza desta;

4. 4 e l'occhio riposato intorno mossi,
4. 5 dritto levato, e fiso riguardai
4. 6 per conoscer lo loco dov'io fossi.

4. 7 Vero è che 'n su la proda mi trovai
4. 8 de la valle d'abisso dolorosa
4. 9 che 'ntrono accoglie d'infiniti guai.

4. 10 Oscura e profonda era e nebulosa
4. 11 tanto che, per ficcar lo viso a fondo,
4. 12 io non vi discernea alcuna cosa.

4. 13 «Or discendiam qua giù nel cieco mondo»,
4. 14 cominciò il poeta tutto smorto.
4. 15 «Io sarò primo, e tu sarai secondo».

4. 16 E io, che del color mi fui accorto,
4. 17 dissi: «Come verrò, se tu paventi
4. 18 che suoli al mio dubbiare esser conforto?».

4. 19 Ed elli a me: «L'angoscia de le genti
4. 20 che son qua giù, nel viso mi dipigne
4. 21 quella pietà che tu per tema senti.

4. 22 Andiam, ché la via lunga ne sospigne».
4. 23 Così si mise e così mi fé intrare
4. 24 nel primo cerchio che l'abisso cigne.

4. 25 Quivi, secondo che per ascoltare,
4. 26 non avea pianto mai che di sospiri,
4. 27 che l'aura etterna facevan tremare;

4. 28 ciò avvenia di duol sanza martìri
4. 29 ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi,
4. 30 d'infanti e di femmine e di viri.
4. 31 Lo buon maestro a me: «Tu non dimandi
4. 32 che spiriti son questi che tu vedi?
4. 33 Or vo' che sappi, innanzi che più andi,

4. 34 ch'ei non peccaro; e s'elli hanno mercedi,
4. 35 non basta, perché non ebber battesmo,
4. 36 ch'è porta de la fede che tu credi;

4. 37 e s'e' furon dinanzi al cristianesmo,
4. 38 non adorar debitamente a Dio:
4. 39 e di questi cotai son io medesmo.

4. 40 Per tai difetti, non per altro rio,
4. 41 semo perduti, e sol di tanto offesi,
4. 42 che sanza speme vivemo in disio».

4. 43 Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi,
4. 44 però che gente di molto valore
4. 45 conobbi che 'n quel limbo eran sospesi.

4. 46 «Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore»,
4. 47 comincia' io per voler esser certo
4. 48 di quella fede che vince ogne errore:

4. 49 «uscicci mai alcuno, o per suo merto
4. 50 o per altrui, che poi fosse beato?».
4. 51 E quei che 'ntese il mio parlar coverto,

4. 52 rispuose: «Io era nuovo in questo stato,
4. 53 quando ci vidi venire un Possente,
4. 54 con segno di vittoria coronato.

4. 55 Trasseci l'ombra del primo parente,
4. 56 d'Abèl suo figlio e quella di Noè,
4. 57 di Moisè legista e ubidente;

4. 58 Abraàm patriarca e Davìd re,
4. 59 Israèl con lo padre e co' suoi nati
4. 60 e con Rachele, per cui tanto fé;

4. 61 e altri molti, e feceli beati.
4. 62 E vo' che sappi che, dinanzi ad essi,
4. 63 spiriti umani non eran salvati».

4. 64 Non lasciavam l'andar perch'ei dicessi,
4. 65 ma passavam la selva tuttavia,
4. 66 la selva, dico, di spiriti spessi.

4. 67 Non era lunga ancor la nostra via
4. 68 di qua dal sonno, quand'io vidi un foco
4. 69 ch'emisperio di tenebre vincia.

4. 70 Di lungi n'eravamo ancora un poco,
4. 71 ma non sì ch'io non discernessi in parte
4. 72 ch'orrevol gente possedea quel loco.

4. 73 «O tu ch'onori scienzia e arte,
4. 74 questi chi son c'hanno cotanta onranza,
4. 75 che dal modo de li altri li diparte?».

4. 76 E quelli a me: «L'onrata nominanza
4. 77 che di lor suona sù ne la tua vita,
4. 78 grazia acquista in ciel che sì li avanza».

4. 79 Intanto voce fu per me udita:
4. 80 «Onorate l'altissimo poeta:
4. 81 l'ombra sua torna, ch'era dipartita».

4. 82 Poi che la voce fu restata e queta,
4. 83 vidi quattro grand'ombre a noi venire:
4. 84 sembianz'avevan né trista né lieta.

4. 85 Lo buon maestro cominciò a dire:
4. 86 «Mira colui con quella spada in mano,
4. 87 che vien dinanzi ai tre sì come sire:

4. 88 quelli è Omero poeta sovrano;
4. 89 l'altro è Orazio satiro che vene;
4. 90 Ovidio è 'l terzo, e l'ultimo Lucano.

4. 91 Però che ciascun meco si convene
4. 92 nel nome che sonò la voce sola,
4. 93 fannomi onore, e di ciò fanno bene».

4. 94 Così vid'i' adunar la bella scola
4. 95 di quel segnor de l'altissimo canto
4. 96 che sovra li altri com'aquila vola.

4. 97 Da ch'ebber ragionato insieme alquanto,
4. 98 volsersi a me con salutevol cenno,
4. 99 e 'l mio maestro sorrise di tanto;

4.100 e più d'onore ancora assai mi fenno,
4.101 ch'e' sì mi fecer de la loro schiera,
4.102 sì ch'io fui sesto tra cotanto senno.

4.103 Così andammo infino a la lumera,
4.104 parlando cose che 'l tacere è bello,
4.105 sì com'era 'l parlar colà dov'era.

4.106 Venimmo al piè d'un nobile castello,
4.107 sette volte cerchiato d'alte mura,
4.108 difeso intorno d'un bel fiumicello.

4.109 Questo passammo come terra dura;
4.110 per sette porte intrai con questi savi:
4.111 giugnemmo in prato di fresca verdura.

4.112 Genti v'eran con occhi tardi e gravi,
4.113 di grande autorità ne' lor sembianti:
4.114 parlavan rado, con voci soavi.

4.115 Traemmoci così da l'un de' canti,
4.116 in loco aperto, luminoso e alto,
4.117 sì che veder si potien tutti quanti.

4.118 Colà diritto, sovra 'l verde smalto,
4.119 mi fuor mostrati li spiriti magni,
4.120 che del vedere in me stesso m'essalto.

4.121 I' vidi Eletra con molti compagni,
4.122 tra ' quai conobbi Ettòr ed Enea,
4.123 Cesare armato con li occhi grifagni.

4.124 Vidi Cammilla e la Pantasilea;
4.125 da l'altra parte, vidi 'l re Latino
4.126 che con Lavina sua figlia sedea.

4.127 Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino,
4.128 Lucrezia, Iulia, Marzia e Corniglia;
4.129 e solo, in parte, vidi 'l Saladino.

4.130 Poi ch'innalzai un poco più le ciglia,
4.131 vidi 'l maestro di color che sanno
4.132 seder tra filosofica famiglia.

4.133 Tutti lo miran, tutti onor li fanno:
4.134 quivi vid'io Socrate e Platone,
4.135 che 'nnanzi a li altri più presso li stanno;

4.136 Democrito, che 'l mondo a caso pone,
4.137 Diogenés, Anassagora e Tale,
4.138 Empedoclès, Eraclito e Zenone;

4.139 e vidi il buono accoglitor del quale,
4.140 Diascoride dico; e vidi Orfeo,
4.141 Tulio e Lino e Seneca morale;

4.142 Euclide geomètra e Tolomeo,
4.143 Ipocràte, Avicenna e Galieno,
4.144 Averoìs, che 'l gran comento feo.

4.145 Io non posso ritrar di tutti a pieno,
4.146 però che sì mi caccia il lungo tema,
4.147 che molte volte al fatto il dir vien meno.

4.148 La sesta compagnia in due si scema:
4.149 per altra via mi mena il savio duca,
4.150 fuor de la queta, ne l'aura che trema.
4.151 E vegno in parte ove non è che luca.

Inferno - canto 5

5. 1 Così discesi del cerchio primaio
5. 2 giù nel secondo, che men loco cinghia,
5. 3 e tanto più dolor, che punge a guaio.

5. 4 Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
5. 5 essamina le colpe ne l'intrata;
5. 6 giudica e manda secondo ch'avvinghia.

5. 7 Dico che quando l'anima mal nata
5. 8 li vien dinanzi, tutta si confessa;
5. 9 e quel conoscitor de le peccata

5. 10 vede qual loco d'inferno è da essa;
5. 11 cignesi con la coda tante volte
5. 12 quantunque gradi vuol che giù sia messa.

5. 13 Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;
5. 14 vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
5. 15 dicono e odono, e poi son giù volte.

5. 16 «O tu che vieni al doloroso ospizio»,
5. 17 disse Minòs a me quando mi vide,
5. 18 lasciando l'atto di cotanto offizio,

5. 19 «guarda com'entri e di cui tu ti fide;
5. 20 non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!».
5. 21 E 'l duca mio a lui: «Perché pur gride?

5. 22 Non impedir lo suo fatale andare:
5. 23 vuolsi così colà dove si puote
5. 24 ciò che si vuole, e più non dimandare».

5. 25 Or incomincian le dolenti note
5. 26 a farmisi sentire; or son venuto
5. 27 là dove molto pianto mi percuote.

5. 28 Io venni in loco d'ogne luce muto,
5. 29 che mugghia come fa mar per tempesta,
5. 30 se da contrari venti è combattuto.

5. 31 La bufera infernal, che mai non resta,
5. 32 mena li spirti con la sua rapina;
5. 33 voltando e percotendo li molesta.

5. 34 Quando giungon davanti a la ruina,
5. 35 quivi le strida, il compianto, il lamento;
5. 36 bestemmian quivi la virtù divina.

5. 37 Intesi ch'a così fatto tormento
5. 38 enno dannati i peccator carnali,
5. 39 che la ragion sommettono al talento.

5. 40 E come li stornei ne portan l'ali
5. 41 nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
5. 42 così quel fiato li spiriti mali

5. 43 di qua, di là, di giù, di sù li mena;
5. 44 nulla speranza li conforta mai,
5. 45 non che di posa, ma di minor pena.

5. 46 E come i gru van cantando lor lai,
5. 47 faccendo in aere di sé lunga riga,
5. 48 così vid'io venir, traendo guai,

5. 49 ombre portate da la detta briga;
5. 50 per ch'i' dissi: «Maestro, chi son quelle
5. 51 genti che l'aura nera sì gastiga?».

5. 52 «La prima di color di cui novelle
5. 53 tu vuo' saper», mi disse quelli allotta,
5. 54 «fu imperadrice di molte favelle.

5. 55 A vizio di lussuria fu sì rotta,
5. 56 che libito fé licito in sua legge,
5. 57 per tòrre il biasmo in che era condotta.

5. 58 Ell'è Semiramìs, di cui si legge
5. 59 che succedette a Nino e fu sua sposa:
5. 60 tenne la terra che 'l Soldan corregge.

5. 61 L'altra è colei che s'ancise amorosa,
5. 62 e ruppe fede al cener di Sicheo;
5. 63 poi è Cleopatràs lussuriosa.

5. 64 Elena vedi, per cui tanto reo
5. 65 tempo si volse, e vedi 'l grande Achille,
5. 66 che con amore al fine combatteo.

5. 67 Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
5. 68 ombre mostrommi e nominommi a dito,
5. 69 ch'amor di nostra vita dipartille.

5. 70 Poscia ch'io ebbi il mio dottore udito
5. 71 nomar le donne antiche e ' cavalieri,
5. 72 pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.

5. 73 I' cominciai: «Poeta, volontieri
5. 74 parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
5. 75 e paion sì al vento esser leggieri».

5. 76 Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
5. 77 più presso a noi; e tu allor li priega
5. 78 per quello amor che i mena, ed ei verranno».

5. 79 Sì tosto come il vento a noi li piega,
5. 80 mossi la voce: «O anime affannate,
5. 81 venite a noi parlar, s'altri nol niega!».

5. 82 Quali colombe dal disio chiamate
5. 83 con l'ali alzate e ferme al dolce nido
5. 84 vegnon per l'aere, dal voler portate;

5. 85 cotali uscir de la schiera ov'è Dido,
5. 86 a noi venendo per l'aere maligno,
5. 87 sì forte fu l'affettuoso grido.

5. 88 «O animal grazioso e benigno
5. 89 che visitando vai per l'aere perso
5. 90 noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

5. 91 se fosse amico il re de l'universo,
5. 92 noi pregheremmo lui de la tua pace,
5. 93 poi c'hai pietà del nostro mal perverso.

5. 94 Di quel che udire e che parlar vi piace,
5. 95 noi udiremo e parleremo a voi,
5. 96 mentre che 'l vento, come fa, ci tace.

5. 97 Siede la terra dove nata fui
5. 98 su la marina dove 'l Po discende
5. 99 per aver pace co' seguaci sui.

5.100 Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende
5.101 prese costui de la bella persona
5.102 che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

5.103 Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
5.104 mi prese del costui piacer sì forte,
5.105 che, come vedi, ancor non m'abbandona.

5.106 Amor condusse noi ad una morte:
5.107 Caina attende chi a vita ci spense».
5.108 Queste parole da lor ci fuor porte.

5.109 Quand'io intesi quell'anime offense,
5.110 china' il viso e tanto il tenni basso,
5.111 fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?».

5.112 Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
5.113 quanti dolci pensier, quanto disio
5.114 menò costoro al doloroso passo!».

5.115 Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
5.116 e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
5.117 a lagrimar mi fanno tristo e pio.

5.118 Ma dimmi: al tempo de' dolci sospiri,
5.119 a che e come concedette amore
5.120 che conosceste i dubbiosi disiri?».

5.121 E quella a me: «Nessun maggior dolore
5.122 che ricordarsi del tempo felice
5.123 ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.

5.124 Ma s'a conoscer la prima radice
5.125 del nostro amor tu hai cotanto affetto,
5.126 dirò come colui che piange e dice.

5.127 Noi leggiavamo un giorno per diletto
5.128 di Lancialotto come amor lo strinse;
5.129 soli eravamo e sanza alcun sospetto.

5.130 Per più fiate li occhi ci sospinse
5.131 quella lettura, e scolorocci il viso;
5.132 ma solo un punto fu quel che ci vinse.

5.133 Quando leggemmo il disiato riso
5.134 esser basciato da cotanto amante,
5.135 questi, che mai da me non fia diviso,

5.136 la bocca mi basciò tutto tremante.
5.137 Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
5.138 quel giorno più non vi leggemmo avante».

5.139 Mentre che l'uno spirto questo disse,
5.140 l'altro piangea; sì che di pietade
5.141 io venni men così com'io morisse.
5.142 E caddi come corpo morto cade.

Inferno - canto 6

6. 1 Al tornar de la mente, che si chiuse
6. 2 dinanzi a la pietà de'due cognati,
6. 3 che di trestizia tutto mi confuse,

6. 4 novi tormenti e novi tormentati
6. 5 mi veggio intorno, come ch'io mi mova
6. 6 e ch'io mi volga, e come che io guati.

6. 7 Io sono al terzo cerchio, de la piova
6. 8 etterna, maladetta, fredda e greve;
6. 9 regola e qualità mai non l'è nova.

6. 10 Grandine grossa, acqua tinta e neve
6. 11 per l'aere tenebroso si riversa;
6. 12 pute la terra che questo riceve.

6. 13 Cerbero, fiera crudele e diversa,
6. 14 con tre gole caninamente latra
6. 15 sovra la gente che quivi è sommersa.

6. 16 Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,
6. 17 e 'l ventre largo, e unghiate le mani;
6. 18 graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra.

6. 19 Urlar li fa la pioggia come cani;
6. 20 de l'un de' lati fanno a l'altro schermo;
6. 21 volgonsi spesso i miseri profani.

6. 22 Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,
6. 23 le bocche aperse e mostrocci le sanne;
6. 24 non avea membro che tenesse fermo.

6. 25 E 'l duca mio distese le sue spanne,
6. 26 prese la terra, e con piene le pugna
6. 27 la gittò dentro a le bramose canne.

6. 28 Qual è quel cane ch'abbaiando agogna,
6. 29 e si racqueta poi che 'l pasto morde,
6. 30 ché solo a divorarlo intende e pugna,

6. 31 cotai si fecer quelle facce lorde
6. 32 de lo demonio Cerbero, che 'ntrona
6. 33 l'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.

6. 34 Noi passavam su per l'ombre che adona
6. 35 la greve pioggia, e ponavam le piante
6. 36 sovra lor vanità che par persona.

6. 37 Elle giacean per terra tutte quante,
6. 38 fuor d'una ch'a seder si levò, ratto
6. 39 ch'ella ci vide passarsi davante.

6. 40 «O tu che se' per questo 'nferno tratto»,
6. 41 mi disse, «riconoscimi, se sai:
6. 42 tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto».

6. 43 E io a lui: «L'angoscia che tu hai
6. 44 forse ti tira fuor de la mia mente,
6. 45 sì che non par ch'i' ti vedessi mai.

6. 46 Ma dimmi chi tu se' che 'n sì dolente
6. 47 loco se' messo e hai sì fatta pena,
6. 48 che, s'altra è maggio, nulla è sì spiacente».

6. 49 Ed elli a me: «La tua città, ch'è piena
6. 50 d'invidia sì che già trabocca il sacco,
6. 51 seco mi tenne in la vita serena.

6. 52 Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:
6. 53 per la dannosa colpa de la gola,
6. 54 come tu vedi, a la pioggia mi fiacco.

6. 55 E io anima trista non son sola,
6. 56 ché tutte queste a simil pena stanno
6. 57 per simil colpa». E più non fé parola.

6. 58 Io li rispuosi: «Ciacco, il tuo affanno
6. 59 mi pesa sì, ch'a lagrimar mi 'nvita;
6. 60 ma dimmi, se tu sai, a che verranno

6. 61 li cittadin de la città partita;
6. 62 s'alcun v'è giusto; e dimmi la cagione
6. 63 per che l'ha tanta discordia assalita».

6. 64 E quelli a me: «Dopo lunga tencione
6. 65 verranno al sangue, e la parte selvaggia
6. 66 caccerà l'altra con molta offensione.

6. 67 Poi appresso convien che questa caggia
6. 68 infra tre soli, e che l'altra sormonti
6. 69 con la forza di tal che testé piaggia.

6. 70 Alte terrà lungo tempo le fronti,
6. 71 tenendo l'altra sotto gravi pesi,
6. 72 come che di ciò pianga o che n'aonti.

6. 73 Giusti son due, e non vi sono intesi;
6. 74 superbia, invidia e avarizia sono
6. 75 le tre faville c'hanno i cuori accesi».

6. 76 Qui puose fine al lagrimabil suono.
6. 77 E io a lui: «Ancor vo' che mi 'nsegni,
6. 78 e che di più parlar mi facci dono.

6. 79 Farinata e 'l Tegghiaio, che fuor sì degni,
6. 80 Iacopo Rusticucci, Arrigo e 'l Mosca
6. 81 e li altri ch'a ben far puoser li 'ngegni,

6. 82 dimmi ove sono e fa ch'io li conosca;
6. 83 ché gran disio mi stringe di savere
6. 84 se 'l ciel li addolcia, o lo 'nferno li attosca».

6. 85 E quelli: «Ei son tra l'anime più nere:
6. 86 diverse colpe giù li grava al fondo:
6. 87 se tanto scendi, là i potrai vedere.

6. 88 Ma quando tu sarai nel dolce mondo,
6. 89 priegoti ch'a la mente altrui mi rechi:
6. 90 più non ti dico e più non ti rispondo».

6. 91 Li diritti occhi torse allora in biechi;
6. 92 guardommi un poco, e poi chinò la testa:
6. 93 cadde con essa a par de li altri ciechi.

6. 94 E 'l duca disse a me: «Più non si desta
6. 95 di qua dal suon de l'angelica tromba,
6. 96 quando verrà la nimica podesta:

6. 97 ciascun rivederà la trista tomba,
6. 98 ripiglierà sua carne e sua figura,
6. 99 udirà quel ch'in etterno rimbomba».

6.100 Sì trapassammo per sozza mistura
6.101 de l'ombre e de la pioggia, a passi lenti,
6.102 toccando un poco la vita futura;

6.103 per ch'io dissi: «Maestro, esti tormenti
6.104 crescerann'ei dopo la gran sentenza,
6.105 o fier minori, o saran sì cocenti?».

6.106 Ed elli a me: «Ritorna a tua scienza,
6.107 che vuol, quanto la cosa è più perfetta,
6.108 più senta il bene, e così la doglienza.

6.109 Tutto che questa gente maladetta
6.110 in vera perfezion già mai non vada,
6.111 di là più che di qua essere aspetta».

6.112 Noi aggirammo a tondo quella strada,
6.113 parlando più assai ch'i' non ridico;
6.114 venimmo al punto dove si digrada:
6.115 quivi trovammo Pluto, il gran nemico.

Inferno - canto 7

7. 1 «*Papé Satàn, pape Satàn aleppe!*»,
7. 2 cominciò Pluto con la voce chioccia;
7. 3 e quel savio gentil, che tutto seppe,

7. 4 disse per confortarmi: «Non ti noccia
7. 5 la tua paura; ché, poder ch'elli abbia,
7. 6 non ci torrà lo scender questa roccia».

7. 7 Poi si rivolse a quella 'nfiata labbia,
7. 8 e disse: «Taci, maladetto lupo!
7. 9 consuma dentro te con la tua rabbia.

7. 10 Non è sanza cagion l'andare al cupo:
7. 11 vuolsi ne l'alto, là dove Michele
7. 12 fé la vendetta del superbo strupo».

7. 13 Quali dal vento le gonfiate vele
7. 14 caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca,
7. 15 tal cadde a terra la fiera crudele.

7. 16 Così scendemmo ne la quarta lacca
7. 17 pigliando più de la dolente ripa
7. 18 che 'l mal de l'universo tutto insacca.

7. 19 Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa
7. 20 nove travaglie e pene quant'io viddi?
7. 21 e perché nostra colpa sì ne scipa?

7. 22 Come fa l'onda là sovra Cariddi,
7. 23 che si frange con quella in cui s'intoppa,
7. 24 così convien che qui la gente riddi.

7. 25 Qui vid'i' gente più ch'altrove troppa,
7. 26 e d'una parte e d'altra, con grand'urli,
7. 27 voltando pesi per forza di poppa.

7. 28 Percoteansi 'ncontro; e poscia pur lì
7. 29 si rivolgea ciascun, voltando a retro,
7. 30 gridando: «Perché tieni?» e «Perché burli?».

7. 31 Così tornavan per lo cerchio tetro
7. 32 da ogne mano a l'opposito punto,
7. 33 gridandosi anche loro ontoso metro;

7. 34 poi si volgea ciascun, quand'era giunto,
7. 35 per lo suo mezzo cerchio a l'altra giostra.
7. 36 E io, ch'avea lo cor quasi compunto,

7. 37 dissi: «Maestro mio, or mi dimostra
7. 38 che gente è questa, e se tutti fuor cherci
7. 39 questi chercuti a la sinistra nostra».

7. 40 Ed elli a me: «Tutti quanti fuor guerci
7. 41 sì de la mente in la vita primaia,
7. 42 che con misura nullo spendio ferci.

7. 43 Assai la voce lor chiaro l'abbaia
7. 44 quando vegnono a' due punti del cerchio
7. 45 dove colpa contraria li dispaia.

7. 46 Questi fuor cherci, che non han coperchio
7. 47 piloso al capo, e papi e cardinali,
7. 48 in cui usa avarizia il suo soperchio».

7. 49 E io: «Maestro, tra questi cotali
7. 50 dovre' io ben riconoscere alcuni
7. 51 che furo immondi di cotesti mali».

7. 52 Ed elli a me: «Vano pensiero aduni:
7. 53 la sconoscente vita che i fé sozzi
7. 54 ad ogne conoscenza or li fa bruni.

7. 55 In etterno verranno a li due cozzi:
7. 56 questi resurgeranno del sepulcro
7. 57 col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi.

7. 58 Mal dare e mal tener lo mondo pulcro
7. 59 ha tolto loro, e posti a questa zuffa:
7. 60 qual ella sia, parole non ci appulcro.

7. 61 Or puoi, figliuol, veder la corta buffa
7. 62 d'i ben che son commessi a la fortuna,
7. 63 per che l'umana gente si rabbuffa;

7. 64 ché tutto l'oro ch'è sotto la luna
7. 65 e che già fu, di quest'anime stanche
7. 66 non poterebbe farne posare una».

7. 67 «Maestro mio», diss'io, «or mi dì anche:
7. 68 questa fortuna di che tu mi tocche,
7. 69 che è, che i ben del mondo ha sì tra branche?».

7. 70 E quelli a me: «Oh creature sciocche,
7. 71 quanta ignoranza è quella che v'offende!
7. 72 Or vo' che tu mia sentenza ne 'mbocche.

7. 73 Colui lo cui saver tutto trascende,
7. 74 fece li cieli e diè lor chi conduce
7. 75 sì ch'ogne parte ad ogne parte splende,

7. 76 distribuendo igualmente la luce.
7. 77 Similemente a li splendor mondani
7. 78 ordinò general ministra e duce

7. 79 che permutasse a tempo li ben vani
7. 80 di gente in gente e d'uno in altro sangue,
7. 81 oltre la difension d'i senni umani;

7. 82 per ch'una gente impera e l'altra langue,
7. 83 seguendo lo giudicio di costei,
7. 84 che è occulto come in erba l'angue.

7. 85 Vostro saver non ha contasto a lei:
7. 86 questa provede, giudica, e persegue
7. 87 suo regno come il loro li altri dèi.

7. 88 Le sue permutazion non hanno triegue;
7. 89 necessità la fa esser veloce;
7. 90 sì spesso vien chi vicenda consegue.

7. 91 Quest'è colei ch'è tanto posta in croce
7. 92 pur da color che le dovrien dar lode,
7. 93 dandole biasmo a torto e mala voce;

7. 94 ma ella s'è beata e ciò non ode:
7. 95 con l'altre prime creature lieta
7. 96 volve sua spera e beata si gode.

7. 97 Or discendiamo omai a maggior pieta;
7. 98 già ogne stella cade che saliva
7. 99 quand'io mi mossi, e 'l troppo star si vieta».

7.100 Noi ricidemmo il cerchio a l'altra riva
7.101 sovr'una fonte che bolle e riversa
7.102 per un fossato che da lei deriva.

7.103 L'acqua era buia assai più che persa;
7.104 e noi, in compagnia de l'onde bige,
7.105 intrammo giù per una via diversa.

7.106 In la palude va c'ha nome Stige
7.107 questo tristo ruscel, quand'è disceso
7.108 al piè de le maligne piagge grige.

7.109 E io, che di mirare stava inteso,
7.110 vidi genti fangose in quel pantano,
7.111 ignude tutte, con sembiante offeso.

7.112 Queste si percotean non pur con mano,
7.113 ma con la testa e col petto e coi piedi,
7.114 troncandosi co' denti a brano a brano.

7.115 Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi
7.116 l'anime di color cui vinse l'ira;
7.117 e anche vo' che tu per certo credi

7.118 che sotto l'acqua è gente che sospira,
7.119 e fanno pullular quest'acqua al summo,
7.120 come l'occhio ti dice, u' che s'aggira.
7.121 Fitti nel limo, dicon: "Tristi fummo
7.122 ne l'aere dolce che dal sol s'allegra,
7.123 portando dentro accidioso fummo:

7.124 or ci attristiam ne la belletta negra".
7.125 Quest'inno si gorgoglian ne la strozza,
7.126 ché dir nol posson con parola integra».

7.127 Così girammo de la lorda pozza
7.128 grand'arco tra la ripa secca e 'l mézzo,
7.129 con li occhi vòlti a chi del fango ingozza.
7.130 Venimmo al piè d'una torre al da sezzo

8. 1 Io dico, seguitando, ch'assai prima
8. 2 che noi fossimo al piè de l'alta torre,
8. 3 li occhi nostri n'andar suso a la cima

8. 4 per due fiammette che i vedemmo porre
8. 5 e un'altra da lungi render cenno
8. 6 tanto ch'a pena il potea l'occhio tòrre.

8. 7 E io mi volsi al mar di tutto 'l senno;
8. 8 dissi: «Questo che dice? e che risponde
8. 9 quell'altro foco? e chi son quei che 'l fenno?».

8. 10 Ed elli a me: «Su per le sucide onde
8. 11 già scorgere puoi quello che s'aspetta,
8. 12 se 'l fummo del pantan nol ti nasconde».

8. 13 Corda non pinse mai da sé saetta
8. 14 che sì corresse via per l'aere snella,
8. 15 com'io vidi una nave piccioletta

8. 16 venir per l'acqua verso noi in quella,
8. 17 sotto 'l governo d'un sol galeoto,
8. 18 che gridava: «Or se' giunta, anima fella!».

8. 19 «Flegiàs, Flegiàs, tu gridi a vòto»,
8. 20 disse lo mio segnore «a questa volta:
8. 21 più non ci avrai che sol passando il loto».

8. 22 Qual è colui che grande inganno ascolta
8. 23 che li sia fatto, e poi se ne rammarca,
8. 24 fecesi Flegiàs ne l'ira accolta.

8. 25 Lo duca mio discese ne la barca,
8. 26 e poi mi fece intrare appresso lui;
8. 27 e sol quand'io fui dentro parve carca.

8. 28 Tosto che 'l duca e io nel legno fui,
8. 29 segando se ne va l'antica prora
8. 30 de l'acqua più che non suol con altrui.

8. 31 Mentre noi corravam la morta gora,
8. 32 dinanzi mi si fece un pien di fango,
8. 33 e disse: «Chi se' tu che vieni anzi ora?».

8. 34 E io a lui: «S'i' vegno, non rimango;
8. 35 ma tu chi se', che sì se' fatto brutto?».
8. 36 Rispuose: «Vedi che son un che piango».

8. 37 E io a lui: «Con piangere e con lutto,
8. 38 spirito maladetto, ti rimani;
8. 39 ch'i' ti conosco, ancor sie lordo tutto».

8. 40 Allor distese al legno ambo le mani;
8. 41 per che 'l maestro accorto lo sospinse,
8. 42 dicendo: «Via costà con li altri cani!».

8. 43 Lo collo poi con le braccia mi cinse;
8. 44 basciommi 'l volto, e disse: «Alma sdegnosa,
8. 45 benedetta colei che 'n te s'incinse!

8. 46 Quei fu al mondo persona orgogliosa;
8. 47 bontà non è che sua memoria fregi:
8. 48 così s'è l'ombra sua qui furiosa.

8. 49 Quanti si tegnon or là sù gran regi
8. 50 che qui staranno come porci in brago,
8. 51 di sé lasciando orribili dispregi!».

8. 52 E io: «Maestro, molto sarei vago
8. 53 di vederlo attuffare in questa broda
8. 54 prima che noi uscissimo del lago».

8. 55 Ed elli a me: «Avante che la proda
8. 56 ti si lasci veder, tu sarai sazio:
8. 57 di tal disio convien che tu goda».

8. 58 Dopo ciò poco vid'io quello strazio
8. 59 far di costui a le fangose genti,
8. 60 che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.

8. 61 Tutti gridavano: «A Filippo Argenti!»;
8. 62 e 'l fiorentino spirito bizzarro
8. 63 in sé medesmo si volvea co' denti.

8. 64 Quivi il lasciammo, che più non ne narro;
8. 65 ma ne l'orecchie mi percosse un duolo,
8. 66 per ch'io avante l'occhio intento sbarro.

8. 67 Lo buon maestro disse: «Omai, figliuolo,
8. 68 s'appressa la città c'ha nome Dite,
8. 69 coi gravi cittadin, col grande stuolo».

8. 70 E io: «Maestro, già le sue meschite
8. 71 là entro certe ne la valle cerno,
8. 72 vermiglie come se di foco uscite

8. 73 fossero». Ed ei mi disse: «Il foco etterno
8. 74 ch'entro l'affoca le dimostra rosse,
8. 75 come tu vedi in questo basso inferno».

8. 76 Noi pur giugnemmo dentro a l'alte fosse
8. 77 che vallan quella terra sconsolata:
8. 78 le mura mi parean che ferro fosse.

8. 79 Non sanza prima far grande aggirata,
8. 80 venimmo in parte dove il nocchier forte
8. 81 «Usciteci», gridò: «qui è l'intrata».

8. 82 Io vidi più di mille in su le porte
8. 83 da ciel piovuti, che stizzosamente
8. 84 dicean: «Chi è costui che sanza morte

8. 85 va per lo regno de la morta gente?».
8. 86 E 'l savio mio maestro fece segno
8. 87 di voler lor parlar segretamente.

8. 88 Allor chiusero un poco il gran disdegno,
8. 89 e disser: «Vien tu solo, e quei sen vada,
8. 90 che sì ardito intrò per questo regno.

8. 91 Sol si ritorni per la folle strada:
8. 92 pruovi, se sa; ché tu qui rimarrai
8. 93 che li ha' iscorta sì buia contrada».

8. 94 Pensa, lettor, se io mi sconfortai
8. 95 nel suon de le parole maladette,
8. 96 ché non credetti ritornarci mai.

8. 97 «O caro duca mio, che più di sette
8. 98 volte m'hai sicurtà renduta e tratto
8. 99 d'alto periglio che 'ncontra mi stette,

8.100 non mi lasciar», diss'io, «così disfatto;
8.101 e se 'l passar più oltre ci è negato,
8.102 ritroviam l'orme nostre insieme ratto».

8.103 E quel segnor che lì m'avea menato,
8.104 mi disse: «Non temer; ché 'l nostro passo
8.105 non ci può tòrre alcun: da tal n'è dato.

8.106 Ma qui m'attendi, e lo spirito lasso
8.107 conforta e ciba di speranza buona,
8.108 ch'i' non ti lascerò nel mondo basso».

8.109 Così sen va, e quivi m'abbandona
8.110 lo dolce padre, e io rimagno in forse,
8.111 che sì e no nel capo mi tenciona.

8.112 Udir non potti quello ch'a lor porse;
8.113 ma ei non stette là con essi guari,
8.114 che ciascun dentro a pruova si ricorse.

8.115 Chiuser le porte que' nostri avversari
8.116 nel petto al mio segnor, che fuor rimase,
8.117 e rivolsesi a me con passi rari.

8.118 Li occhi a la terra e le ciglia avea rase
8.119 d'ogne baldanza, e dicea ne' sospiri:
8.120 «Chi m'ha negate le dolenti case!».

8.121 E a me disse: «Tu, perch'io m'adiri,
8.122 non sbigottir, ch'io vincerò la prova,
8.123 qual ch'a la difension dentro s'aggiri.

8.124 Questa lor tracotanza non è nova;
8.125 ché già l'usaro a men segreta porta,
8.126 la qual sanza serrame ancor si trova.

8.127 Sovr'essa vedestù la scritta morta:
8.128 e già di qua da lei discende l'erta,
8.129 passando per li cerchi sanza scorta,
8.130 tal che per lui ne fia la terra aperta».
Inferno - canto 9

9. 1 Quel color che viltà di fuor mi pinse
9. 2 veggendo il duca mio tornare in volta,
9. 3 più tosto dentro il suo novo ristrinse.

9. 4 Attento si fermò com'uom ch'ascolta;
9. 5 ché l'occhio nol potea menare a lunga
9. 6 per l'aere nero e per la nebbia folta.

9. 7 «Pur a noi converrà vincer la punga»,
9. 8 cominciò el, «se non... Tal ne s'offerse.
9. 9 Oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga!».

9. 10 I' vidi ben sì com'ei ricoperse
9. 11 lo cominciar con l'altro che poi venne,
9. 12 che fur parole a le prime diverse;

9. 13 ma nondimen paura il suo dir dienne,
9. 14 perch'io traeva la parola tronca
9. 15 forse a peggior sentenzia che non tenne.

9. 16 «In questo fondo de la trista conca
9. 17 discende mai alcun del primo grado,
9. 18 che sol per pena ha la speranza cionca?».

9. 19 Questa question fec'io; e quei «Di rado
9. 20 incontra», mi rispuose, «che di noi
9. 21 faccia il cammino alcun per qual io vado.

9. 22 Ver è ch'altra fiata qua giù fui,
9. 23 congiurato da quella Eritón cruda
9. 24 che richiamava l'ombre a' corpi sui.

9. 25 Di poco era di me la carne nuda,
9. 26 ch'ella mi fece intrar dentr'a quel muro,
9. 27 per trarne un spirto del cerchio di Giuda.

9. 28 Quell'è 'l più basso loco e 'l più oscuro,
9. 29 e 'l più lontan dal ciel che tutto gira:
9. 30 ben so 'l cammin; però ti fa sicuro.

9. 31 Questa palude che 'l gran puzzo spira
9. 32 cigne dintorno la città dolente,
9. 33 u' non potemo intrare omai sanz'ira».

9. 34 E altro disse, ma non l'ho a mente;
9. 35 però che l'occhio m'avea tutto tratto
9. 36 ver' l'alta torre a la cima rovente,

9. 37 dove in un punto furon dritte ratto
9. 38 tre furie infernal di sangue tinte,
9. 39 che membra feminine avieno e atto,

9. 40 e con idre verdissime eran cinte;
9. 41 serpentelli e ceraste avien per crine,
9. 42 onde le fiere tempie erano avvinte.

9. 43 E quei, che ben conobbe le meschine
9. 44 de la regina de l'etterno pianto,
9. 45 «Guarda», mi disse, «le feroci Erine.

9. 46 Quest'è Megera dal sinistro canto;
9. 47 quella che piange dal destro è Aletto;
9. 48 Tesifón è nel mezzo»; e tacque a tanto.

9. 49 Con l'unghie si fendea ciascuna il petto;
9. 50 battiensi a palme, e gridavan sì alto,
9. 51 ch'i' mi strinsi al poeta per sospetto.

9. 52 «Vegna Medusa: sì 'l farem di smalto»,
9. 53 dicevan tutte riguardando in giuso;
9. 54 «mal non vengiammo in Teseo l'assalto».

9. 55 «Volgiti 'n dietro e tien lo viso chiuso;
9. 56 ché se 'l Gorgón si mostra e tu 'l vedessi,
9. 57 nulla sarebbe di tornar mai suso».

9. 58 Così disse 'l maestro; ed elli stessi
9. 59 mi volse, e non si tenne a le mie mani,
9. 60 che con le sue ancor non mi chiudessi.

9. 61 O voi ch'avete li 'ntelletti sani,
9. 62 mirate la dottrina che s'asconde
9. 63 sotto 'l velame de li versi strani.

9. 64 E già venia su per le torbide onde
9. 65 un fracasso d'un suon, pien di spavento,
9. 66 per cui tremavano amendue le sponde,

9. 67 non altrimenti fatto che d'un vento
9. 68 impetuoso per li avversi ardori,
9. 69 che fier la selva e sanz'alcun rattento

9. 70 li rami schianta, abbatte e porta fori;
9. 71 dinanzi polveroso va superbo,
9. 72 e fa fuggir le fiere e li pastori.

9. 73 Li occhi mi sciolse e disse: «Or drizza il nerbo
9. 74 del viso su per quella schiuma antica
9. 75 per indi ove quel fummo è più acerbo».

9. 76 Come le rane innanzi a la nimica
9. 77 biscia per l'acqua si dileguan tutte,
9. 78 fin ch'a la terra ciascuna s'abbica,

9. 79 vid'io più di mille anime distrutte
9. 80 fuggir così dinanzi ad un ch'al passo
9. 81 passava Stige con le piante asciutte.

9. 82 Dal volto rimovea quell'aere grasso,
9. 83 menando la sinistra innanzi spesso;
9. 84 e sol di quell'angoscia parea lasso.

9. 85 Ben m'accorsi ch'elli era da ciel messo,
9. 86 e volsimi al maestro; e quei fé segno
9. 87 ch'i' stessi queto ed inchinassi ad esso.

9. 88 Ahi quanto mi parea pien di disdegno!
9. 89 Venne a la porta, e con una verghetta
9. 90 l'aperse, che non v'ebbe alcun ritegno.

9. 91 «O cacciati del ciel, gente dispetta»,
9. 92 cominciò elli in su l'orribil soglia,
9. 93 «ond'esta oltracotanza in voi s'alletta?

9. 94 Perché recalcitrate a quella voglia
9. 95 a cui non puote il fin mai esser mozzo,
9. 96 e che più volte v'ha cresciuta doglia?

9. 97 Che giova ne le fata dar di cozzo?
9. 98 Cerbero vostro, se ben vi ricorda,
9. 99 ne porta ancor pelato il mento e 'l gozzo».

9.100 Poi si rivolse per la strada lorda,
9.101 e non fé motto a noi, ma fé sembiante
9.102 d'omo cui altra cura stringa e morda

9.103 che quella di colui che li è davante;
9.104 e noi movemmo i piedi inver' la terra,
9.105 sicuri appresso le parole sante.

9.106 Dentro li 'ntrammo sanz'alcuna guerra;
9.107 e io, ch'avea di riguardar disio
9.108 la condizion che tal fortezza serra,

9.109 com'io fui dentro, l'occhio intorno invio;
9.110 e veggio ad ogne man grande campagna
9.111 piena di duolo e di tormento rio.

9.112 Sì come ad Arli, ove Rodano stagna,
9.113 sì com'a Pola, presso del Carnaro
9.114 ch'Italia chiude e suoi termini bagna,

9.115 fanno i sepulcri tutt'il loco varo,
9.116 così facevan quivi d'ogne parte,
9.117 salvo che 'l modo v'era più amaro;

9.118 ché tra gli avelli fiamme erano sparte,
9.119 per le quali eran sì del tutto accesi,
9.120 che ferro più non chiede verun'arte.

9.121 Tutti li lor coperchi eran sospesi,
9.122 e fuor n'uscivan sì duri lamenti,
9.123 che ben parean di miseri e d'offesi.

9.124 E io: «Maestro, quai son quelle genti
9.125 che, seppellite dentro da quell'arche,
9.126 si fan sentir coi sospiri dolenti?».

9.127 Ed elli a me: «Qui son li eresiarche
9.128 con lor seguaci, d'ogne setta, e molto
9.129 più che non credi son le tombe carche.

9.130 Simile qui con simile è sepolto,
9.131 e i monimenti son più e men caldi».
9.132 E poi ch'a la man destra si fu vòlto,
9.133 passammo tra i martiri e li alti spaldi.

Inferno - canto 10

10. 1 Ora sen va per un secreto calle,
10. 2 tra 'l muro de la terra e li martìri,
10. 3 lo mio maestro, e io dopo le spalle.

10. 4 «O virtù somma, che per li empi giri
10. 5 mi volvi», cominciai, «com'a te piace,
10. 6 parlami, e sodisfammi a' miei disiri.

10. 7 La gente che per li sepolcri giace
10. 8 potrebbesi veder? già son levati
10. 9 tutt'i coperchi, e nessun guardia face».

10. 10 E quelli a me: «Tutti saran serrati
10. 11 quando di Iosafàt qui torneranno
10. 12 coi corpi che là sù hanno lasciati.

10. 13 Suo cimitero da questa parte hanno
10. 14 con Epicuro tutti suoi seguaci,
10. 15 che l'anima col corpo morta fanno.

10. 16 Però a la dimanda che mi faci
10. 17 quinc'entro satisfatto sarà tosto,
10. 18 e al disio ancor che tu mi taci».

10. 19 E io: «Buon duca, non tegno riposto
10. 20 a te mio cuor se non per dicer poco,
10. 21 e tu m'hai non pur mo a ciò disposto».

10. 22 «O Tosco che per la città del foco
10. 23 vivo ten vai così parlando onesto,
10. 24 piacciati di restare in questo loco.

10. 25 La tua loquela ti fa manifesto
10. 26 di quella nobil patria natio
10. 27 a la qual forse fui troppo molesto».

10. 28 Subitamente questo suono uscìo
10. 29 d'una de l'arche; però m'accostai,
10. 30 temendo, un poco più al duca mio.

10. 31 Ed el mi disse: «Volgiti! Che fai?
10. 32 Vedi là Farinata che s'è dritto:
10. 33 da la cintola in sù tutto 'l vedrai».

10. 34 Io avea già il mio viso nel suo fitto;
10. 35 ed el s'ergea col petto e con la fronte
10. 36 com'avesse l'inferno a gran dispitto.

10. 37 E l'animose man del duca e pronte
10. 38 mi pinser tra le sepulture a lui,
10. 39 dicendo: «Le parole tue sien conte».

10. 40 Com'io al piè de la sua tomba fui,
10. 41 guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,
10. 42 mi dimandò: «Chi fuor li maggior tui?».

10. 43 Io ch'era d'ubidir disideroso,
10. 44 non gliel celai, ma tutto gliel'apersi;
10. 45 ond'ei levò le ciglia un poco in suso;

10. 46 poi disse: «Fieramente furo avversi
10. 47 a me e a miei primi e a mia parte,
10. 48 sì che per due fiate li dispersi».

10. 49 «S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte»,
10. 50 rispuos'io lui, «l'una e l'altra fiata;
10. 51 ma i vostri non appreser ben quell'arte».

10. 52 Allor surse a la vista scoperchiata
10. 53 un'ombra, lungo questa, infino al mento:
10. 54 credo che s'era in ginocchie levata.

10. 55 Dintorno mi guardò, come talento
10. 56 avesse di veder s'altri era meco;
10. 57 e poi che 'l sospecciar fu tutto spento,

10. 58 piangendo disse: «Se per questo cieco
10. 59 carcere vai per altezza d'ingegno,
10. 60 mio figlio ov'è? e perché non è teco?».

10. 61 E io a lui: «Da me stesso non vegno:
10. 62 colui ch'attende là, per qui mi mena
10. 63 forse cui Guido vostro ebbe a disdegno».

10. 64 Le sue parole e 'l modo de la pena
10. 65 m'avean di costui già letto il nome;
10. 66 però fu la risposta così piena.

10. 67 Di subito drizzato gridò: «Come?
10. 68 dicesti "elli ebbe"? non viv'elli ancora?
10. 69 non fiere li occhi suoi lo dolce lume?».

10. 70 Quando s'accorse d'alcuna dimora
10. 71 ch'io facea dinanzi a la risposta,
10. 72 supin ricadde e più non parve fora.

10. 73 Ma quell'altro magnanimo, a cui posta
10. 74 restato m'era, non mutò aspetto,
10. 75 né mosse collo, né piegò sua costa:

10. 76 e sé continuando al primo detto,
10. 77 «S'elli han quell'arte», disse, «male appresa,
10. 78 ciò mi tormenta più che questo letto.

10. 79 Ma non cinquanta volte fia raccesa
10. 80 la faccia de la donna che qui regge,
10. 81 che tu saprai quanto quell'arte pesa.

10. 82 E se tu mai nel dolce mondo regge,
10. 83 dimmi: perché quel popolo è sì empio
10. 84 incontr'a' miei in ciascuna sua legge?».

10. 85 Ond'io a lui: «Lo strazio e 'l grande scempio
10. 86 che fece l'Arbia colorata in rosso,
10. 87 tal orazion fa far nel nostro tempio».

10. 88 Poi ch'ebbe sospirando il capo mosso,
10. 89 «A ciò non fu' io sol», disse, «né certo
10. 90 sanza cagion con li altri sarei mosso.

10. 91 Ma fu' io solo, là dove sofferto
10. 92 fu per ciascun di tòrre via Fiorenza,
10. 93 colui che la difesi a viso aperto».

10. 94 «Deh, se riposi mai vostra semenza»,
10. 95 prega' io lui, «solvetemi quel nodo
10. 96 che qui ha 'nviluppata mia sentenza.

10. 97 El par che voi veggiate, se ben odo,
10. 98 dinanzi quel che 'l tempo seco adduce,
10. 99 e nel presente tenete altro modo».

10.100 «Noi veggiam, come quei c'ha mala luce,
10.101 le cose», disse, «che ne son lontano;
10.102 cotanto ancor ne splende il sommo duce.

10.103 Quando s'appressano o son, tutto è vano
10.104 nostro intelletto; e s'altri non ci apporta,
10.105 nulla sapem di vostro stato umano.

10.106 Però comprender puoi che tutta morta
10.107 fia nostra conoscenza da quel punto
10.108 che del futuro fia chiusa la porta».

10.109 Allor, come di mia colpa compunto,
10.110 dissi: «Or direte dunque a quel caduto
10.111 che 'l suo nato è co'vivi ancor congiunto;

10.112 e s'i' fui, dianzi, a la risposta muto,
10.113 fate i saper che 'l fei perché pensava
10.114 già ne l'error che m'avete soluto».

10.115 E già 'l maestro mio mi richiamava;
10.116 per ch'i' pregai lo spirto più avaccio
10.117 che mi dicesse chi con lu' istava.

10.118 Dissemi: «Qui con più di mille giaccio:
10.119 qua dentro è 'l secondo Federico,
10.120 e 'l Cardinale; e de li altri mi taccio».

10.121 Indi s'ascose; e io inver' l'antico
10.122 poeta volsi i passi, ripensando
10.123 a quel parlar che mi parea nemico.

10.124 Elli si mosse; e poi, così andando,
10.125 mi disse: «Perché se' tu sì smarrito?».
10.126 E io li sodisfeci al suo dimando.

10.127 «La mente tua conservi quel ch'udito
10.128 hai contra te», mi comandò quel saggio.
10.129 «E ora attendi qui», e drizzò 'l dito:

10.130 «quando sarai dinanzi al dolce raggio
10.131 di quella il cui bell'occhio tutto vede,
10.132 da lei saprai di tua vita il viaggio».

10.133 Appresso mosse a man sinistra il piede:
10.134 lasciammo il muro e gimmo inver' lo mezzo
10.135 per un sentier ch'a una valle fiede,
10.136 che 'nfin là sù facea spiacer suo lezzo.

Inferno - canto 11

11. 1 In su l'estremità d'un'alta ripa
11. 2 che facevan gran pietre rotte in cerchio
11. 3 venimmo sopra più crudele stipa;

11. 4 e quivi, per l'orribile soperchio
11. 5 del puzzo che 'l profondo abisso gitta,
11. 6 ci raccostammo, in dietro, ad un coperchio

11. 7 d'un grand'avello, ov'io vidi una scritta
11. 8 che dicea: "Anastasio papa guardo,
11. 9 lo qual trasse Fotin de la via dritta".

11. 10 «Lo nostro scender conviene esser tardo,
11. 11 sì che s'ausi un poco in prima il senso
11. 12 al tristo fiato; e poi no i fia riguardo».

11. 13 Così 'l maestro; e io «Alcun compenso»,
11. 14 dissi lui, «trova che 'l tempo non passi
11. 15 perduto». Ed elli: «Vedi ch'a ciò penso».

11. 16 «Figliuol mio, dentro da cotesti sassi»,
11. 17 cominciò poi a dir, «son tre cerchietti
11. 18 di grado in grado, come que' che lassi.

11. 19 Tutti son pien di spirti maladetti;
11. 20 ma perché poi ti basti pur la vista,
11. 21 intendi come e perché son costretti.

11. 22 D'ogne malizia, ch'odio in cielo acquista,
11. 23 ingiuria è 'l fine, ed ogne fin cotale
11. 24 o con forza o con frode altrui contrista.

11. 25 Ma perché frode è de l'uom proprio male,
11. 26 più spiace a Dio; e però stan di sotto
11. 27 li frodolenti, e più dolor li assale.

11. 28 Di violenti il primo cerchio è tutto;
11. 29 ma perché si fa forza a tre persone,
11. 30 in tre gironi è distinto e costrutto.

11. 31 A Dio, a sé, al prossimo si pòne
11. 32 far forza, dico in loro e in lor cose,
11. 33 come udirai con aperta ragione.

11. 34 Morte per forza e ferute dogliose
11. 35 nel prossimo si danno, e nel suo avere
11. 36 ruine, incendi e tollette dannose;

11. 37 onde omicide e ciascun che mal fiere,
11. 38 guastatori e predon, tutti tormenta
11. 39 lo giron primo per diverse schiere.

11. 40 Puote omo avere in sé man violenta
11. 41 e ne' suoi beni; e però nel secondo
11. 42 giron convien che sanza pro si penta

11. 43 qualunque priva sé del vostro mondo,
11. 44 biscazza e fonde la sua facultade,
11. 45 e piange là dov'esser de' giocondo.

11. 46 Puossi far forza nella deitade,
11. 47 col cor negando e bestemmiando quella,
11. 48 e spregiando natura e sua bontade;

11. 49 e però lo minor giron suggella
11. 50 del segno suo e Soddoma e Caorsa
11. 51 e chi, spregiando Dio col cor, favella.

11. 52 La frode, ond'ogne coscienza è morsa,
11. 53 può l'omo usare in colui che 'n lui fida
11. 54 e in quel che fidanza non imborsa.

11. 55 Questo modo di retro par ch'incida
11. 56 pur lo vinco d'amor che fa natura;
11. 57 onde nel cerchio secondo s'annida

11. 58 ipocresia, lusinghe e chi affattura,
11. 59 falsità, ladroneccio e simonia,
11. 60 ruffian, baratti e simile lordura.

11. 61 Per l'altro modo quell'amor s'oblia
11. 62 che fa natura, e quel ch'è poi aggiunto,
11. 63 di che la fede spezial si cria;

11. 64 onde nel cerchio minore, ov'è 'l punto
11. 65 de l'universo in su che Dite siede,
11. 66 qualunque trade in etterno è consunto».

11. 67 E io: «Maestro, assai chiara procede
11. 68 la tua ragione, e assai ben distingue
11. 69 questo baràtro e 'l popol ch'e' possiede.

11. 70 Ma dimmi: quei de la palude pingue,
11. 71 che mena il vento, e che batte la pioggia,
11. 72 e che s'incontran con sì aspre lingue,

11. 73 perché non dentro da la città roggia
11. 74 sono ei puniti, se Dio li ha in ira?
11. 75 e se non li ha, perché sono a tal foggia?».

11. 76 Ed elli a me «Perché tanto delira»,
11. 77 disse «lo 'ngegno tuo da quel che sòle?
11. 78 o ver la mente dove altrove mira?

11. 79 Non ti rimembra di quelle parole
11. 80 con le quai la tua Etica pertratta
11. 81 le tre disposizion che 'l ciel non vole,

11. 82 incontenenza, malizia e la matta
11. 83 bestialitade? e come incontenenza
11. 84 men Dio offende e men biasimo accatta?

11. 85 Se tu riguardi ben questa sentenza,
11. 86 e rechiti a la mente chi son quelli
11. 87 che sù di fuor sostegnon penitenza,

11. 88 tu vedrai ben perché da questi felli
11. 89 sien dipartiti, e perché men crucciata
11. 90 la divina vendetta li martelli».

11. 91 «O sol che sani ogni vista turbata,
11. 92 tu mi contenti sì quando tu solvi,
11. 93 che, non men che saver, dubbiar m'aggrata.

11. 94 Ancora in dietro un poco ti rivolvi»,
11. 95 diss'io, «là dove di' ch'usura offende
11. 96 la divina bontade, e 'l groppo solvi».

11. 97 «Filosofia», mi disse, «a chi la 'ntende,
11. 98 nota, non pure in una sola parte,
11. 99 come natura lo suo corso prende

11.100 dal divino 'ntelletto e da sua arte;
11.101 e se tu ben la tua Fisica note,
11.102 tu troverai, non dopo molte carte,

11.103 che l'arte vostra quella, quanto pote,
11.104 segue, come 'l maestro fa 'l discente;
11.105 sì che vostr'arte a Dio quasi è nepote.

11.106 Da queste due, se tu ti rechi a mente
11.107 lo Genesi dal principio, convene
11.108 prender sua vita e avanzar la gente;

11.109 e perché l'usuriere altra via tene,
11.110 per sé natura e per la sua seguace
11.111 dispregia, poi ch'in altro pon la spene.

11.112 Ma seguimi oramai, che 'l gir mi piace;
11.113 ché i Pesci guizzan su per l'orizzonta,
11.114 e 'l Carro tutto sovra 'l Coro giace,
11.115 e 'l balzo via là oltra si dismonta».

Inferno - canto 12

12. 1 Era lo loco ov'a scender la riva
12. 2 venimmo, alpestro e, per quel che v'er'anco,
12. 3 tal, ch'ogne vista ne sarebbe schiva.

12. 4 Qual è quella ruina che nel fianco
12. 5 di qua da Trento l'Adice percosse,
12. 6 o per tremoto o per sostegno manco,

12. 7 che da cima del monte, onde si mosse,
12. 8 al piano è sì la roccia discoscesa,
12. 9 ch'alcuna via darebbe a chi sù fosse:

12. 10 cotal di quel burrato era la scesa;
12. 11 e 'n su la punta de la rotta lacca
12. 12 l'infamia di Creti era distesa

12. 13 che fu concetta ne la falsa vacca;
12. 14 e quando vide noi, sé stesso morse,
12. 15 sì come quei cui l'ira dentro fiacca.

12. 16 Lo savio mio inver' lui gridò: «Forse
12. 17 tu credi che qui sia 'l duca d'Atene,
12. 18 che sù nel mondo la morte ti porse?

12. 19 Pàrtiti, bestia: ché questi non vene
12. 20 ammaestrato da la tua sorella,
12. 21 ma vassi per veder le vostre pene».

12. 22 Qual è quel toro che si slaccia in quella
12. 23 c'ha ricevuto già 'l colpo mortale,
12. 24 che gir non sa, ma qua e là saltella,

12. 25 vid'io lo Minotauro far cotale;
12. 26 e quello accorto gridò: «Corri al varco:
12. 27 mentre ch'e' 'nfuria, è buon che tu ti cale».

12. 28 Così prendemmo via giù per lo scarco
12. 29 di quelle pietre, che spesso moviensi
12. 30 sotto i miei piedi per lo novo carco.

12. 31 Io gia pensando; e quei disse: «Tu pensi
12. 32 forse a questa ruina ch'è guardata
12. 33 da quell'ira bestial ch'i' ora spensi.

12. 34 Or vo' che sappi che l'altra fiata
12. 35 ch'i' discesi qua giù nel basso inferno,
12. 36 questa roccia non era ancor cascata.

12. 37 Ma certo poco pria, se ben discerno,
12. 38 che venisse colui che la gran preda
12. 39 levò a Dite del cerchio superno,

12. 40 da tutte parti l'alta valle feda
12. 41 tremò sì, ch'i' pensai che l'universo
12. 42 sentisse amor, per lo qual è chi creda

12. 43 più volte il mondo in caòsso converso;
12. 44 e in quel punto questa vecchia roccia
12. 45 qui e altrove, tal fece riverso.

12. 46 Ma ficca li occhi a valle, ché s'approccia
12. 47 la riviera del sangue in la qual bolle
12. 48 qual che per violenza in altrui noccia».

12. 49 Oh cieca cupidigia e ira folle,
12. 50 che sì ci sproni ne la vita corta,
12. 51 e ne l'etterna poi sì mal c'immolle!

12. 52 Io vidi un'ampia fossa in arco torta,
12. 53 come quella che tutto 'l piano abbraccia,
12. 54 secondo ch'avea detto la mia scorta;

12. 55 e tra 'l piè de la ripa ed essa, in traccia
12. 56 corrien centauri, armati di saette,
12. 57 come solien nel mondo andare a caccia.

12. 58 Veggendoci calar, ciascun ristette,
12. 59 e de la schiera tre si dipartiro
12. 60 con archi e asticciuole prima elette;

12. 61 e l'un gridò da lungi: «A qual martiro
12. 62 venite voi che scendete la costa?
12. 63 Ditel costinci; se non, l'arco tiro».

12. 64 Lo mio maestro disse: «La risposta
12. 65 farem noi a Chirón costà di presso:
12. 66 mal fu la voglia tua sempre sì tosta».

12. 67 Poi mi tentò, e disse: «Quelli è Nesso,
12. 68 che morì per la bella Deianira
12. 69 e fé di sé la vendetta elli stesso.

12. 70 E quel di mezzo, ch'al petto si mira,
12. 71 è il gran Chirón, il qual nodrì Achille;
12. 72 quell'altro è Folo, che fu sì pien d'ira.

12. 73 Dintorno al fosso vanno a mille a mille,
12. 74 saettando qual anima si svelle
12. 75 del sangue più che sua colpa sortille».

12. 76 Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle:
12. 77 Chirón prese uno strale, e con la cocca
12. 78 fece la barba in dietro a le mascelle.

12. 79 Quando s'ebbe scoperta la gran bocca,
12. 80 disse a' compagni: «Siete voi accorti
12. 81 che quel di retro move ciò ch'el tocca?

12. 82 Così non soglion far li piè d'i morti».
12. 83 E 'l mio buon duca, che già li er'al petto,
12. 84 dove le due nature son consorti,

12. 85 rispuose: «Ben è vivo, e sì soletto
12. 86 mostrar li mi convien la valle buia;
12. 87 necessità 'l ci 'nduce, e non diletto.

12. 88 Tal si partì da cantare alleluia
12. 89 che mi commise quest'officio novo:
12. 90 non è ladron, né io anima fuia.

12. 91 Ma per quella virtù per cu' io movo
12. 92 li passi miei per sì selvaggia strada,
12. 93 danne un de' tuoi, a cui noi siamo a provo,

12. 94 e che ne mostri là dove si guada
12. 95 e che porti costui in su la groppa,
12. 96 ché non è spirto che per l'aere vada».

12. 97 Chirón si volse in su la destra poppa,
12. 98 e disse a Nesso: «Torna, e sì li guida,
12. 99 e fa cansar s'altra schiera v'intoppa».

12.100 Or ci movemmo con la scorta fida
12.101 lungo la proda del bollor vermiglio,
12.102 dove i bolliti facieno alte strida.

12.103 Io vidi gente sotto infino al ciglio;
12.104 e 'l gran centauro disse: «E' son tiranni
12.105 che dier nel sangue e ne l'aver di piglio.

12.106 Quivi si piangon li spietati danni;
12.107 quivi è Alessandro, e Dionisio fero,
12.108 che fé Cicilia aver dolorosi anni.

12.109 E quella fronte c'ha 'l pel così nero,
12.110 è Azzolino; e quell'altro ch'è biondo,
12.111 è Opizzo da Esti, il qual per vero

12.112 fu spento dal figliastro sù nel mondo».
12.113 Allor mi volsi al poeta, e quei disse:
12.114 «Questi ti sia or primo, e io secondo».

12.115 Poco più oltre il centauro s'affisse
12.116 sovr'una gente che 'nfino a la gola
12.117 parea che di quel bulicame uscisse.

12.118 Mostrocci un'ombra da l'un canto sola,
12.119 dicendo: «Colui fesse in grembo a Dio
12.120 lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola».

12.121 Poi vidi gente che di fuor del rio
12.122 tenean la testa e ancor tutto 'l casso;
12.123 e di costoro assai riconobb'io.

12.124 Così a più a più si facea basso
12.125 quel sangue, sì che cocea pur li piedi;
12.126 e quindi fu del fosso il nostro passo.

12.127 «Sì come tu da questa parte vedi
12.128 lo bulicame che sempre si scema»,
12.129 disse 'l centauro, «voglio che tu credi

12.130 che da quest'altra a più a più giù prema
12.131 lo fondo suo, infin ch'el si raggiunge
12.132 ove la tirannia convien che gema.

12.133 La divina giustizia di qua punge
12.134 quell'Attila che fu flagello in terra
12.135 e Pirro e Sesto; e in etterno munge

12.136 le lagrime, che col bollor diserra,
12.137 a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo,
12.138 che fecero a le strade tanta guerra».
12.139 Poi si rivolse, e ripassossi 'l guazzo.

Inferno - canto 13

13. 1 Non era ancor di là Nesso arrivato,
13. 2 quando noi ci mettemmo per un bosco
13. 3 che da neun sentiero era segnato.

13. 4 Non fronda verde, ma di color fosco;
13. 5 non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti;
13. 6 non pomi v'eran, ma stecchi con tòsco:

13. 7 non han sì aspri sterpi né sì folti
13. 8 quelle fiere selvagge che 'n odio hanno
13. 9 tra Cecina e Corneto i luoghi cólti.

13. 10 Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
13. 11 che cacciar de le Strofade i Troiani
13. 12 con tristo annunzio di futuro danno.

13. 13 Ali hanno late, e colli e visi umani,
13. 14 piè con artigli, e pennuto 'l gran ventre;
13. 15 fanno lamenti in su li alberi strani.

13. 16 E 'l buon maestro «Prima che più entre,
13. 17 sappi che se' nel secondo girone»,
13. 18 mi cominciò a dire, «e sarai mentre

13. 19 che tu verrai ne l'orribil sabbione.
13. 20 Però riguarda ben; sì vederai
13. 21 cose che torrien fede al mio sermone».

13. 22 Io sentia d'ogne parte trarre guai,
13. 23 e non vedea persona che 'l facesse;
13. 24 per ch'io tutto smarrito m'arrestai.

13. 25 Cred'io ch'ei credette ch'io credesse
13. 26 che tante voci uscisser, tra quei bronchi
13. 27 da gente che per noi si nascondesse.

13. 28 Però disse 'l maestro: «Se tu tronchi
13. 29 qualche fraschetta d'una d'este piante,
13. 30 li pensier c'hai si faran tutti monchi».

13. 31 Allor porsi la mano un poco avante,
13. 32 e colsi un ramicel da un gran pruno;
13. 33 e 'l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?».

13. 34 Da che fatto fu poi di sangue bruno,
13. 35 ricominciò a dir: «Perché mi scerpi?
13. 36 non hai tu spirto di pietade alcuno?

13. 37 Uomini fummo, e or siam fatti sterpi:
13. 38 ben dovrebb'esser la tua man più pia,
13. 39 se state fossimo anime di serpi».

13. 40 Come d'un stizzo verde ch'arso sia
13. 41 da l'un de'capi, che da l'altro geme
13. 42 e cigola per vento che va via,

13. 43 sì de la scheggia rotta usciva insieme
13. 44 parole e sangue; ond'io lasciai la cima
13. 45 cadere, e stetti come l'uom che teme.

13. 46 «S'elli avesse potuto creder prima»,
13. 47 rispuose 'l savio mio, «anima lesa,
13. 48 ciò c'ha veduto pur con la mia rima,

13. 49 non averebbe in te la man distesa;
13. 50 ma la cosa incredibile mi fece
13. 51 indurlo ad ovra ch'a me stesso pesa.

13. 52 Ma dilli chi tu fosti, sì che 'n vece
13. 53 d'alcun'ammenda tua fama rinfreschi
13. 54 nel mondo sù, dove tornar li lece».

13. 55 E 'l tronco: «Sì col dolce dir m'adeschi,
13. 56 ch'i' non posso tacere; e voi non gravi
13. 57 perch'io un poco a ragionar m'inveschi.

13. 58 Io son colui che tenni ambo le chiavi
13. 59 del cor di Federigo, e che le volsi,
13. 60 serrando e diserrando, sì soavi,

13. 61 che dal secreto suo quasi ogn'uom tolsi:
13. 62 fede portai al glorioso offizio,
13. 63 tanto ch'i' ne perde' li sonni e ' polsi.

13. 64 La meretrice che mai da l'ospizio
13. 65 di Cesare non torse li occhi putti,
13. 66 morte comune e de le corti vizio,

13. 67 infiammò contra me li animi tutti;
13. 68 e li 'nfiammati infiammar sì Augusto,
13. 69 che ' lieti onor tornaro in tristi lutti.

13. 70 L'animo mio, per disdegnoso gusto,
13. 71 credendo col morir fuggir disdegno,
13. 72 ingiusto fece me contra me giusto.

13. 73 Per le nove radici d'esto legno
13. 74 vi giuro che già mai non ruppi fede
13. 75 al mio segnor, che fu d'onor sì degno.

13. 76 E se di voi alcun nel mondo riede,
13. 77 conforti la memoria mia, che giace
13. 78 ancor del colpo che 'nvidia le diede».

13. 79 Un poco attese, e poi «Da ch'el si tace»,
13. 80 disse 'l poeta a me, «non perder l'ora;
13. 81 ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace».

13. 82 Ond'io a lui: «Domandal tu ancora
13. 83 di quel che credi ch'a me satisfaccia;
13. 84 ch'i' non potrei, tanta pietà m'accora».

13. 85 Perciò ricominciò: «Se l'om ti faccia
13. 86 liberamente ciò che 'l tuo dir priega,
13. 87 spirito incarcerato, ancor ti piaccia

13. 88 di dirne come l'anima si lega
13. 89 in questi nocchi; e dinne, se tu puoi,
13. 90 s'alcuna mai di tai membra si spiega».

13. 91 Allor soffiò il tronco forte, e poi
13. 92 si convertì quel vento in cotal voce:
13. 93 «Brievemente sarà risposto a voi.

13. 94 Quando si parte l'anima feroce
13. 95 dal corpo ond'ella stessa s'è disvelta,
13. 96 Minòs la manda a la settima foce.

13. 97 Cade in la selva, e non l'è parte scelta;
13. 98 ma là dove fortuna la balestra,
13. 99 quivi germoglia come gran di spelta.

13.100 Surge in vermena e in pianta silvestra:
13.101 l'Arpie, pascendo poi de le sue foglie,
13.102 fanno dolore, e al dolor fenestra.

13.103 Come l'altre verrem per nostre spoglie,
13.104 ma non però ch'alcuna sen rivesta,
13.105 ché non è giusto aver ciò ch'om si toglie.

13.106 Qui le trascineremo, e per la mesta
13.107 selva saranno i nostri corpi appesi,
13.108 ciascuno al prun de l'ombra sua molesta».

13.109 Noi eravamo ancora al tronco attesi,
13.110 credendo ch'altro ne volesse dire,
13.111 quando noi fummo d'un romor sorpresi,

13.112 similemente a colui che venire
13.113 sente 'l porco e la caccia a la sua posta,
13.114 ch'ode le bestie, e le frasche stormire.

13.115 Ed ecco due da la sinistra costa,
13.116 nudi e graffiati, fuggendo sì forte,
13.117 che de la selva rompieno ogni rosta.

13.118 Quel dinanzi: «Or accorri, accorri, morte!».
13.119 E l'altro, cui pareva tardar troppo,
13.120 gridava: «Lano, sì non furo accorte

13.121 le gambe tue a le giostre dal Toppo!».
13.122 E poi che forse li fallia la lena,
13.123 di sé e d'un cespuglio fece un groppo.

13.124 Di rietro a loro era la selva piena
13.125 di nere cagne, bramose e correnti
13.126 come veltri ch'uscisser di catena.

13.127 In quel che s'appiattò miser li denti,
13.128 e quel dilaceraro a brano a brano;
13.129 poi sen portar quelle membra dolenti.

13.130 Presemi allor la mia scorta per mano,
13.131 e menommi al cespuglio che piangea,
13.132 per le rotture sanguinenti in vano.

13.133 «O Iacopo», dicea, «da Santo Andrea,
13.134 che t'è giovato di me fare schermo?
13.135 che colpa ho io de la tua vita rea?».

13.136 Quando 'l maestro fu sovr'esso fermo,
13.137 disse «Chi fosti, che per tante punte
13.138 soffi con sangue doloroso sermo?».

13.139 Ed elli a noi: «O anime che giunte
13.140 siete a veder lo strazio disonesto
13.141 c'ha le mie fronde sì da me disgiunte,

13.142 raccoglietele al piè del tristo cesto.
13.143 I' fui de la città che nel Batista
13.144 mutò il primo padrone; ond'ei per questo

13.145 sempre con l'arte sua la farà trista;
13.146 e se non fosse che 'n sul passo d'Arno
13.147 rimane ancor di lui alcuna vista,

13.148 que' cittadin che poi la rifondarno
13.149 sovra 'l cener che d'Attila rimase,
13.150 avrebber fatto lavorare indarno.
13.151 Io fei gibetto a me de le mie case».
Inferno - canto 14

14. 1 Poi che la carità del natio loco
14. 2 mi strinse, raunai le fronde sparte,
14. 3 e rende'le a colui, ch'era già fioco.

14. 4 Indi venimmo al fine ove si parte
14. 5 lo secondo giron dal terzo, e dove
14. 6 si vede di giustizia orribil arte.

14. 7 A ben manifestar le cose nove,
14. 8 dico che arrivammo ad una landa
14. 9 che dal suo letto ogne pianta rimove.

14. 10 La dolorosa selva l'è ghirlanda
14. 11 intorno, come 'l fosso tristo ad essa:
14. 12 quivi fermammo i passi a randa a randa.

14. 13 Lo spazzo era una rena arida e spessa,
14. 14 non d'altra foggia fatta che colei
14. 15 che fu da' piè di Caton già soppressa.

14. 16 O vendetta di Dio, quanto tu dei
14. 17 esser temuta da ciascun che legge
14. 18 ciò che fu manifesto a li occhi miei!

14. 19 D'anime nude vidi molte gregge
14. 20 che piangean tutte assai miseramente,
14. 21 e parea posta lor diversa legge.

14. 22 Supin giacea in terra alcuna gente,
14. 23 alcuna si sedea tutta raccolta,
14. 24 e altra andava continuamente.

14. 25 Quella che giva intorno era più molta,
14. 26 e quella men che giacea al tormento,
14. 27 ma più al duolo avea la lingua sciolta.
14. 28 Sovra tutto 'l sabbion, d'un cader lento,
14. 29 piovean di foco dilatate falde,
14. 30 come di neve in alpe sanza vento.

14. 31 Quali Alessandro in quelle parti calde
14. 32 d'India vide sopra 'l suo stuolo
14. 33 fiamme cadere infino a terra salde,

14. 34 per ch'ei provide a scalpitar lo suolo
14. 35 con le sue schiere, acciò che lo vapore
14. 36 mei si stingueva mentre ch'era solo:

14. 37 tale scendeva l'etternale ardore;
14. 38 onde la rena s'accendea, com'esca
14. 39 sotto focile, a doppiar lo dolore
.
14. 40 Sanza riposo mai era la tresca
14. 41 de le misere mani, or quindi or quinci
14. 42 escotendo da sé l'arsura fresca.

14. 43 I' cominciai: «Maestro, tu che vinci
14. 44 tutte le cose, fuor che ' demon duri
14. 45 ch'a l'intrar de la porta incontra uscinci,

14. 46 chi è quel grande che non par che curi
14. 47 lo 'ncendio e giace dispettoso e torto,
14. 48 sì che la pioggia non par che 'l marturi?».

14. 49 E quel medesmo, che si fu accorto
14. 50 ch'io domandava il mio duca di lui,
14. 51 gridò: «Qual io fui vivo, tal son morto.

14. 52 Se Giove stanchi 'l suo fabbro da cui
14. 53 crucciato prese la folgore aguta
14. 54 onde l'ultimo dì percosso fui;

14. 55 o s'elli stanchi li altri a muta a muta
14. 56 in Mongibello a la focina negra,
14. 57 chiamando "Buon Vulcano, aiuta, aiuta!",

14. 58 sì com'el fece a la pugna di Flegra,
14. 59 e me saetti con tutta sua forza,
14. 60 non ne potrebbe aver vendetta allegra».

14. 61 Allora il duca mio parlò di forza
14. 62 tanto, ch'i' non l'avea sì forte udito:
14. 63 «O Capaneo, in ciò che non s'ammorza

14. 64 la tua superbia, se' tu più punito:
14. 65 nullo martiro, fuor che la tua rabbia,
14. 66 sarebbe al tuo furor dolor compito».

14. 67 Poi si rivolse a me con miglior labbia
14. 68 dicendo: «Quei fu l'un d'i sette regi
14. 69 ch'assiser Tebe; ed ebbe e par ch'elli abbia

14. 70 Dio in disdegno, e poco par che 'l pregi;
14. 71 ma, com'io dissi lui, li suoi dispetti
14. 72 sono al suo petto assai debiti fregi.

14. 73 Or mi vien dietro, e guarda che non metti,
14. 74 ancor, li piedi ne la rena arsiccia;
14. 75 ma sempre al bosco tien li piedi stretti».

14. 76 Tacendo divenimmo là 've spiccia
14. 77 fuor de la selva un picciol fiumicello,
14. 78 lo cui rossore ancor mi raccapriccia.

14. 79 Quale del Bulicame esce ruscello
14. 80 che parton poi tra lor le peccatrici,
14. 81 tal per la rena giù sen giva quello.

14. 82 Lo fondo suo e ambo le pendici
14. 83 fatt'era 'n pietra, e ' margini dallato;
14. 84 per ch'io m'accorsi che 'l passo era lici.

14. 85 «Tra tutto l'altro ch'i' t'ho dimostrato,
14. 86 poscia che noi intrammo per la porta
14. 87 lo cui sogliare a nessuno è negato,

14. 88 cosa non fu da li tuoi occhi scorta
14. 89 notabile com'è 'l presente rio,
14. 90 che sovra sé tutte fiammelle ammorta».

14. 91 Queste parole fuor del duca mio;
14. 92 per ch'io 'l pregai che mi largisse 'l pasto
14. 93 di cui largito m'avea il disio.

14. 94 «In mezzo mar siede un paese guasto»,
14. 95 diss'elli allora, «che s'appella Creta,
14. 96 sotto 'l cui rege fu già 'l mondo casto.

14. 97 Una montagna v'è che già fu lieta
14. 98 d'acqua e di fronde, che si chiamò Ida:
14. 99 or è diserta come cosa vieta.

14.100 Rea la scelse già per cuna fida
14.101 del suo figliuolo, e per celarlo meglio,
14.102 quando piangea, vi facea far le grida.

14.103 Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,
14.104 che tien volte le spalle inver' Dammiata
14.105 e Roma guarda come suo speglio.

14.106 La sua testa è di fin oro formata,
14.107 e puro argento son le braccia e 'l petto,
14.108 poi è di rame infino a la forcata;

14.109 da indi in giuso è tutto ferro eletto,
14.110 salvo che 'l destro piede è terra cotta;
14.111 e sta 'n su quel più che 'n su l'altro, eretto.

14.112 Ciascuna parte, fuor che l'oro, è rotta
14.113 d'una fessura che lagrime goccia,
14.114 le quali, accolte, foran quella grotta.

14.115 Lor corso in questa valle si diroccia:
14.116 fanno Acheronte, Stige e Flegetonta;
14.117 poi sen van giù per questa stretta doccia

14.118 infin, là ove più non si dismonta
14.119 fanno Cocito; e qual sia quello stagno
14.120 tu lo vedrai, però qui non si conta».

14.121 E io a lui: «Se 'l presente rigagno
14.122 si diriva così dal nostro mondo,
14.123 perché ci appar pur a questo vivagno?».

14.124 Ed elli a me: «Tu sai che 'l loco è tondo;
14.125 e tutto che tu sie venuto molto,
14.126 pur a sinistra, giù calando al fondo,

14.127 non se' ancor per tutto il cerchio vòlto:
14.128 per che, se cosa n'apparisce nova,
14.129 non de' addur maraviglia al tuo volto».

14.130 E io ancor: «Maestro, ove si trova
14.131 Flegetonta e Letè? ché de l'un taci,
14.132 e l'altro di' che si fa d'esta piova».

14.133 «In tutte tue question certo mi piaci»,
14.134 rispuose; «ma 'l bollor de l'acqua rossa
14.135 dovea ben solver l'una che tu faci.

14.136 Letè vedrai, ma fuor di questa fossa,
14.137 là dove vanno l'anime a lavarsi
14.138 quando la colpa pentuta è rimossa».

14.139 Poi disse: «Omai è tempo da scostarsi
14.140 dal bosco; fa che di retro a me vegne:
14.141 li margini fan via, che non son arsi,
14.142 e sopra loro ogne vapor si spegne».
Inferno - canto 15

15. 1 Ora cen porta l'un de' duri margini;
15. 2 e 'l fummo del ruscel di sopra aduggia,
15. 3 sì che dal foco salva l'acqua e li argini.

15. 4 Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,
15. 5 temendo 'l fiotto che 'nver lor s'avventa,
15. 6 fanno lo schermo perché 'l mar si fuggia;

15. 7 e quali Padoan lungo la Brenta,
15. 8 per difender lor ville e lor castelli,
15. 9 anzi che Carentana il caldo senta:

15. 10 a tale imagine eran fatti quelli,
15. 11 tutto che né sì alti né sì grossi,
15. 12 qual che si fosse, lo maestro felli.

15. 13 Già eravam da la selva rimossi
15. 14 tanto, ch'i' non avrei visto dov'era,
15. 15 perch'io in dietro rivolto mi fossi,

15. 16 quando incontrammo d'anime una schiera
15. 17 che venìan lungo l'argine, e ciascuna
15. 18 ci riguardava come suol da sera

15. 19 guardare uno altro sotto nuova luna;
15. 20 e sì ver' noi aguzzavan le ciglia
15. 21 come 'l vecchio sartor fa ne la cruna.

15. 22 Così adocchiato da cotal famiglia,
15. 23 fui conosciuto da un, che mi prese
15. 24 per lo lembo e gridò: «Qual maraviglia!».

15. 25 E io, quando 'l suo braccio a me distese,
15. 26 ficcai li occhi per lo cotto aspetto,
15. 27 sì che 'l viso abbrusciato non difese

15. 28 la conoscenza sua al mio 'ntelletto;
15. 29 e chinando la mano a la sua faccia,
15. 30 rispuosi: «Siete voi qui, ser Brunetto?».

15. 31 E quelli: «O figliuol mio, non ti dispiaccia
15. 32 se Brunetto Latino un poco teco
15. 33 c e lascia andar la traccia».

15. 34 I' dissi lui: «Quanto posso, ven preco;
15. 35 e se volete che con voi m'asseggia,
15. 36 faròl, se piace a costui che vo seco».

15. 37 «O figliuol», disse, «qual di questa greggia
15. 38 s'arresta punto, giace poi cent'anni
15. 39 sanz'arrostarsi quando 'l foco il feggia.

15. 40 Però va oltre: i' ti verrò a' panni;
15. 41 e poi rigiugnerò la mia masnada,
15. 42 che va piangendo i suoi etterni danni».

15. 43 I' non osava scender de la strada
15. 44 per andar par di lui; ma 'l capo chino
15. 45 tenea com'uom che reverente vada.

15. 46 El cominciò: «Qual fortuna o destino
15. 47 anzi l'ultimo dì qua giù ti mena?
15. 48 e chi è questi che mostra 'l cammino?».

15. 49 «Là sù di sopra, in la vita serena»,
15. 50 rispuos'io lui, «mi smarri' in una valle,
15. 51 avanti che l'età mia fosse piena.

15. 52 Pur ier mattina le volsi le spalle:
15. 53 questi m'apparve, tornand'io in quella,
15. 54 e reducemi a ca per questo calle».

15. 55 Ed elli a me: «Se tu segui tua stella,
15. 56 non puoi fallire a glorioso porto,
15. 57 se ben m'accorsi ne la vita bella;

15. 58 e s'io non fossi sì per tempo morto,
15. 59 veggendo il cielo a te così benigno,
15. 60 dato t'avrei a l'opera conforto.

15. 61 Ma quello ingrato popolo maligno
15. 62 che discese di Fiesole *ab* antico,
15. 63 e tiene ancor del monte e del macigno,

15. 64 ti si farà, per tuo ben far, nimico:
15. 65 ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi
15. 66 si disconvien fruttare al dolce fico.

15. 67 Vecchia fama nel mondo li chiama orbi;
15. 68 gent'è avara, invidiosa e superba:
15. 69 dai lor costumi fa che tu ti forbi.

15. 70 La tua fortuna tanto onor ti serba,
15. 71 che l'una parte e l'altra avranno fame
15. 72 di te; ma lungi fia dal becco l'erba.

15. 73 Faccian le bestie fiesolane strame
15. 74 di lor medesme, e non tocchin la pianta,
15. 75 s'alcuna surge ancora in lor letame,

15. 76 in cui riviva la sementa santa
15. 77 di que' Roman che vi rimaser quando
15. 78 fu fatto il nido di malizia tanta».

15. 79 «Se fosse tutto pieno il mio dimando»,
15. 80 rispuos'io lui, «voi non sareste ancora
15. 81 de l'umana natura posto in bando;

15. 82 ché 'n la mente m'è fitta, e or m'accora,
15. 83 la cara e buona imagine paterna
15. 84 di voi quando nel mondo ad ora ad ora

15. 85 m'insegnavate come l'uom s'etterna:
15. 86 e quant'io l'abbia in grado, mentr'io vivo
15. 87 convien che ne la mia lingua si scerna.

15. 88 Ciò che narrate di mio corso scrivo,
15. 89 e serbolo a chiosar con altro testo
15. 90 a donna che saprà, s'a lei arrivo.

15. 91 Tanto vogl'io che vi sia manifesto,
15. 92 pur che mia coscienza non mi garra,
15. 93 che a la Fortuna, come vuol, son presto.

15. 94 Non è nuova a li orecchi miei tal arra:
15. 95 però giri Fortuna la sua rota
15. 96 come le piace, e 'l villan la sua marra».

15. 97 Lo mio maestro allora in su la gota
15. 98 destra si volse in dietro, e riguardommi;
15. 99 poi disse: «Bene ascolta chi la nota».

15.100 Né per tanto di men parlando vommi
15.101 con ser Brunetto, e dimando chi sono
15.102 li suoi compagni più noti e più sommi.

15.103 Ed elli a me: «Saper d'alcuno è buono;
15.104 de li altri fia laudabile tacerci,
15.105 ché 'l tempo sarìa corto a tanto suono.

15.106 In somma sappi che tutti fur cherci
15.107 e litterati grandi e di gran fama,
15.108 d'un peccato medesmo al mondo lerci.

15.109 Priscian sen va con quella turba grama,
15.110 e Francesco d'Accorso anche; e vedervi,
15.111 s'avessi avuto di tal tigna brama,

15.112 colui potei che dal servo de' servi
15.113 fu trasmutato d'Arno in Bacchiglione,
15.114 dove lasciò li mal protesi nervi.

15.115 Di più direi; ma 'l venire e 'l sermone
15.116 più lungo esser non può, però ch'i' veggio
15.117 là surger nuovo fummo del sabbione.

15.118 Gente vien con la quale esser non deggio.
15.119 Sieti raccomandato il mio Tesoro
15.120 nel qual io vivo ancora, e più non cheggio».

15.121 Poi si rivolse, e parve di coloro
15.122 che corrono a Verona il drappo verde
15.123 per la campagna; e parve di costoro
15.124 quelli che vince, non colui che perde.

Inferno - canto 16

16. 1 Già era in loco onde s'udìa 'l rimbombo
16. 2 de l'acqua che cadea ne l'altro giro,
16. 3 simile a quel che l'arnie fanno rombo,

16. 4 quando tre ombre insieme si partiro,
16. 5 correndo, d'una torma che passava
16. 6 sotto la pioggia de l'aspro martiro.

16. 7 Venian ver noi, e ciascuna gridava:
16. 8 «Sòstati tu ch'a l'abito ne sembri
16. 9 esser alcun di nostra terra prava».

16. 10 Ahimè, che piaghe vidi ne' lor membri
16. 11 ricenti e vecchie, da le fiamme incese!
16. 12 Ancor men duol pur ch'i' me ne rimembri.

16. 13 A le lor grida il mio dottor s'attese;
16. 14 volse 'l viso ver me, e: «Or aspetta»,
16. 15 disse «a costor si vuole esser cortese.

16. 16 E se non fosse il foco che saetta
16. 17 la natura del loco, i' dicerei
16. 18 che meglio stesse a te che a lor la fretta».

16. 19 Ricominciar, come noi restammo, ei
16. 20 l'antico verso; e quando a noi fuor giunti,
16. 21 fenno una rota di sé tutti e trei.

16. 22 Qual sogliono i campion far nudi e unti,
16. 23 avvisando lor presa e lor vantaggio,
16. 24 prima che sien tra lor battuti e punti,

16. 25 così rotando, ciascuno il visaggio
16. 26 drizzava a me, sì che 'n contraro il collo
16. 27 faceva ai piè continuo viaggio.

16. 28 E «Se miseria d'esto loco sollo
16. 29 rende in dispetto noi e nostri prieghi»,
16. 30 cominciò l'uno «e 'l tinto aspetto e brollo,

16. 31 la fama nostra il tuo animo pieghi
16. 32 a dirne chi tu se', che i vivi piedi
16. 33 così sicuro per lo 'nferno freghi.

16. 34 Questi, l'orme di cui pestar mi vedi,
16. 35 tutto che nudo e dipelato vada,
16. 36 fu di grado maggior che tu non credi:

16. 37 nepote fu de la buona Gualdrada;
16. 38 Guido Guerra ebbe nome, e in sua vita
16. 39 fece col senno assai e con la spada.

16. 40 L'altro, ch'appresso me la rena trita,
16. 41 è Tegghiaio Aldobrandi, la cui voce
16. 42 nel mondo sù dovrìa esser gradita.

16. 43 E io, che posto son con loro in croce,
16. 44 Iacopo Rusticucci fui; e certo
16. 45 la fiera moglie più ch'altro mi nuoce».

16. 46 S'i' fossi stato dal foco coperto,
16. 47 gittato mi sarei tra lor di sotto,
16. 48 e credo che 'l dottor l'avria sofferto;

16. 49 ma perch'io mi sarei brusciato e cotto,
16. 50 vinse paura la mia buona voglia
16. 51 che di loro abbracciar mi facea ghiotto.

16. 52 Poi cominciai: «Non dispetto, ma doglia
16. 53 la vostra condizion dentro mi fisse,
16. 54 tanta che tardi tutta si dispoglia,

16. 55 tosto che questo mio segnor mi disse
16. 56 parole per le quali i' mi pensai
16. 57 che qual voi siete, tal gente venisse.

16. 58 Di vostra terra sono, e sempre mai
16. 59 l'ovra di voi e li onorati nomi
16. 60 con affezion ritrassi e ascoltai.

16. 61 Lascio lo fele e vo per dolci pomi
16. 62 promessi a me per lo verace duca;
16. 63 ma 'nfino al centro pria convien ch'i' tomi».

16. 64 «Se lungamente l'anima conduca
16. 65 le membra tue», rispuose quelli ancora,
16. 66 «e se la fama tua dopo te luca,

16. 67 cortesia e valor dì se dimora
16. 68 ne la nostra città sì come suole,
16. 69 o se del tutto se n'è gita fora;

16. 70 ché Guiglielmo Borsiere, il qual si duole
16. 71 con noi per poco e va là coi compagni,
16. 72 assai ne cruccia con le sue parole».

16. 73 «La gente nuova e i sùbiti guadagni
16. 74 orgoglio e dismisura han generata,
16. 75 Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni».

16. 76 Così gridai con la faccia levata;
16. 77 e i tre, che ciò inteser per risposta,
16. 78 guardar l'un l'altro com'al ver si guata.

16. 79 «Se l'altre volte sì poco ti costa»,
16. 80 rispuoser tutti «il satisfare altrui,
16. 81 felice te se sì parli a tua posta!

16. 82 Però, se campi d'esti luoghi bui
16. 83 e torni a riveder le belle stelle,
16. 84 quando ti gioverà dicere "I' fui",

16. 85 fa che di noi a la gente favelle».
16. 86 Indi rupper la rota, e a fuggirsi
16. 87 ali sembiar le gambe loro isnelle.

16. 88 Un amen non saria potuto dirsi
16. 89 tosto così com'e' fuoro spariti;
16. 90 per ch'al maestro parve di partirsi.

16. 91 Io lo seguiva, e poco eravam iti,
16. 92 che 'l suon de l'acqua n'era sì vicino,
16. 93 che per parlar saremmo a pena uditi.

16. 94 Come quel fiume c'ha proprio cammino
16. 95 prima dal Monte Viso 'nver' levante,
16. 96 da la sinistra costa d'Apennino,

16. 97 che si chiama Acquacheta suso, avante
16. 98 che si divalli giù nel basso letto,
16. 99 e a Forlì di quel nome è vacante,

16.100 rimbomba là sovra San Benedetto
16.101 de l'Alpe per cadere ad una scesa
16.102 ove dovea per mille esser recetto;

16.103 così, giù d'una ripa discoscesa,
16.104 trovammo risonar quell'acqua tinta,
16.105 sì che 'n poc'ora avria l'orecchia offesa.

16.106 Io avea una corda intorno cinta,
16.107 e con essa pensai alcuna volta
16.108 prender la lonza a la pelle dipinta.

16.109 Poscia ch'io l'ebbi tutta da me sciolta,
16.110 sì come 'l duca m'avea comandato,
16.111 porsila a lui aggroppata e ravvolta.

16.112 Ond'ei si volse inver' lo destro lato,
16.113 e alquanto di lunge da la sponda
16.114 la gittò giuso in quell'alto burrato.

16.115 "E' pur convien che novità risponda"
16.116 dicea fra me medesmo "al novo cenno
16.117 che 'l maestro con l'occhio sì seconda".

16.118 Ahi quanto cauti li uomini esser dienno
16.119 presso a color che non veggion pur l'ovra,
16.120 ma per entro i pensier miran col senno!

16.121 El disse a me: «Tosto verrà di sovra
16.122 ciò ch'io attendo e che il tuo pensier sogna:
16.123 tosto convien ch'al tuo viso si scovra».

16.124 Sempre a quel ver c'ha faccia di menzogna
16.125 de' l'uom chiuder le labbra fin ch'el puote,
16.126 però che sanza colpa fa vergogna;

16.127 ma qui tacer nol posso; e per le note
16.128 di questa comedìa, lettor, ti giuro,
16.129 s'elle non sien di lunga grazia vòte,

16.130 ch'i' vidi per quell'aere grosso e scuro
16.131 venir notando una figura in suso,
16.132 maravigliosa ad ogne cor sicuro,

16.133 sì come torna colui che va giuso
16.134 talora a solver l'àncora ch'aggrappa
16.135 o scoglio o altro che nel mare è chiuso,
16.136 che 'n sù si stende, e da piè si rattrappa.

Inferno - canto 17

17. 1 «Ecco la fiera con la coda aguzza,
17. 2 che passa i monti, e rompe i muri e l'armi!
17. 3 Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza!».

17. 4 Sì cominciò lo mio duca a parlarmi;
17. 5 e accennolle che venisse a proda
17. 6 vicino al fin d'i passeggiati marmi.

17. 7 E quella sozza imagine di froda
17. 8 sen venne, e arrivò la testa e 'l busto,
17. 9 ma 'n su la riva non trasse la coda.

17. 10 La faccia sua era faccia d'uom giusto,
17. 11 tanto benigna avea di fuor la pelle,
17. 12 e d'un serpente tutto l'altro fusto;

17. 13 due branche avea pilose insin l'ascelle;
17. 14 lo dosso e 'l petto e ambedue le coste
17. 15 dipinti avea di nodi e di rotelle.

17. 16 Con più color, sommesse e sovraposte
17. 17 non fer mai drappi Tartari né Turchi,
17. 18 né fuor tai tele per Aragne imposte.

17. 19 Come tal volta stanno a riva i burchi,
17. 20 che parte sono in acqua e parte in terra,
17. 21 e come là tra li Tedeschi lurchi

17. 22 lo bivero s'assetta a far sua guerra,
17. 23 così la fiera pessima si stava
17. 24 su l'orlo ch'è di pietra e 'l sabbion serra.

17. 25 Nel vano tutta sua coda guizzava,
17. 26 torcendo in sù la venenosa forca
17. 27 ch'a guisa di scorpion la punta armava.

17. 28 Lo duca disse: «Or convien che si torca
17. 29 la nostra via un poco insino a quella
17. 30 bestia malvagia che colà si corca».

17. 31 Però scendemmo a la destra mammella,
17. 32 e diece passi femmo in su lo stremo,
17. 33 per ben cessar la rena e la fiammella.

17. 34 E quando noi a lei venuti semo,
17. 35 poco più oltre veggio in su la rena
17. 36 gente seder propinqua al loco scemo.

17. 37 Quivi 'l maestro «Acciò che tutta piena
17. 38 esperienza d'esto giron porti»,
17. 39 mi disse, «va, e vedi la lor mena.

17. 40 Li tuoi ragionamenti sian là corti:
17. 41 mentre che torni, parlerò con questa,
17. 42 che ne conceda i suoi omeri forti».

17. 43 Così ancor su per la strema testa
17. 44 di quel settimo cerchio tutto solo
17. 45 andai, dove sedea la gente mesta.

17. 46 Per li occhi fora scoppiava lor duolo;
17. 47 è di qua, di là soccorrien con le mani
17. 48 quando a' vapori, e quando al caldo suolo:

17. 49 non altrimenti fan di state i cani
17. 50 or col ceffo, or col piè, quando son morsi
17. 51 o da pulci o da mosche o da tafani.

17. 52 Poi che nel viso a certi li occhi porsi,
17. 53 ne' quali 'l doloroso foco casca,
17. 54 non ne conobbi alcun; ma io m'accorsi

17. 55 che dal collo a ciascun pendea una tasca
17. 56 ch'avea certo colore e certo segno,
17. 57 e quindi par che 'l loro occhio si pasca.

17. 58 E com'io riguardando tra lor vegno,
17. 59 in una borsa gialla vidi azzurro
17. 60 che d'un leone avea faccia e contegno
17. 61 Poi, procedendo di mio sguardo il curro,
17. 62 vidine un'altra come sangue rossa,
17. 63 mostrando un'oca bianca più che burro.

17. 64 E un che d'una scrofa azzurra e grossa
17. 65 segnato avea lo suo sacchetto bianco,
17. 66 mi disse: «Che fai tu in questa fossa?

17. 67 Or te ne va; e perché se' vivo anco,
17. 68 sappi che 'l mio vicin Vitaliano
17. 69 sederà qui dal mio sinistro fianco.

17. 70 Con questi Fiorentin son padoano:
17. 71 spesse fiate mi 'ntronan li orecchi
17. 72 gridando: "Vegna 'l cavalier sovrano,

17. 73 che recherà la tasca con tre becchi!"».
17. 74 Qui distorse la bocca e di fuor trasse
17. 75 la lingua, come bue che 'l naso lecchi.

17. 76 E io, temendo no 'l più star crucciasse
17. 77 lui che di poco star m'avea 'mmonito,
17. 78 torna'mi in dietro da l'anime lasse.

17. 79 Trova' il duca mio ch'era salito
17. 80 già su la groppa del fiero animale,
17. 81 e disse a me: «Or sie forte e ardito.

17. 82 Omai si scende per sì fatte scale:
17. 83 monta dinanzi, ch'i' voglio esser mezzo,
17. 84 sì che la coda non possa far male».

17. 85 Qual è colui che sì presso ha 'l riprezzo
17. 86 de la quartana, c'ha già l'unghie smorte,
17. 87 e triema tutto pur guardando 'l rezzo,

17. 88 tal divenn'io a le parole porte;
17. 89 ma vergogna mi fé le sue minacce,
17. 90 che innanzi a buon segnor fa servo forte.

17. 91 I' m'assettai in su quelle spallacce;
17. 92 sì volli dir, ma la voce non venne
17. 93 com'io credetti: "Fa che tu m'abbracce".

17. 94 Ma esso, ch'altra volta mi sovvenne
17. 95 ad altro forse, tosto ch'i' montai
17. 96 con le braccia m'avvinse e mi sostenne;

17. 97 e disse: «Gerion, moviti omai:
17. 98 le rote larghe e lo scender sia poco:
17. 99 pensa la nova soma che tu hai».

17.100 Come la navicella esce di loco
17.101 in dietro in dietro, sì quindi si tolse;
17.102 e poi ch'al tutto si sentì a gioco,

17.103 là 'v'era 'l petto, la coda rivolse,
17.104 e quella tesa, come anguilla, mosse,
17.105 e con le branche l'aere a sé raccolse.

17.106 Maggior paura non credo che fosse
17.107 quando Fetonte abbandonò li freni,
17.108 per che 'l ciel, come pare ancor, si cosse;

17.109 né quando Icaro misero le reni
17.110 sentì spennar per la scaldata cera,
17.111 gridando il padre a lui «Mala via tieni!»,

17.112 che fu la mia, quando vidi ch'i' era
17.113 ne l'aere d'ogne parte, e vidi spenta
17.114 ogne veduta fuor che de la fera.

17.115 Ella sen va notando lenta lenta:
17.116 rota e discende, ma non me n'accorgo
17.117 se non che al viso e di sotto mi venta.

17.118 Io sentia già da la man destra il gorgo
17.119 far sotto noi un orribile scroscio,
17.120 per che con li occhi 'n giù la testa sporgo.

17.121 Allor fu' io più timido a lo stoscio,
17.122 però ch'i' vidi fuochi e senti' pianti;
17.123 ond'io tremando tutto mi raccoscio.

17.124 E vidi poi, ché nol vedea davanti,
17.125 lo scendere e 'l girar per li gran mali
17.126 che s'appressavan da diversi canti.

17.127 Come 'l falcon ch'è stato assai su l'ali,
17.128 che sanza veder logoro o uccello
17.129 fa dire al falconiere «Omè, tu cali!»,

17.130 discende lasso onde si move isnello,
17.131 per cento rote, e da lunge si pone
17.132 dal suo maestro, disdegnoso e fello;

17.133 così ne puose al fondo Gerione
17.134 al piè al piè de la stagliata rocca
17.135 e, discarcate le nostre persone,
17.136 si dileguò come da corda cocca.

Inferno - canto 18

18. 1 Luogo è in inferno detto Malebolge,
18. 2 tutto di pietra di color ferrigno,
18. 3 come la cerchia che dintorno il volge.

18. 4 Nel dritto mezzo del campo maligno
18. 5 vaneggia un pozzo assai largo e profondo,
18. 6 di cui *suo loco* dicerò l'ordigno.

18. 7 Quel cinghio che rimane adunque è tondo
18. 8 tra 'l pozzo e 'l piè de l'alta ripa dura,
18. 9 e ha distinto in dieci valli il fondo.

18. 10 Quale, dove per guardia de le mura
18. 11 più e più fossi cingon li castelli,
18. 12 la parte dove son rende figura,

18. 13 tale imagine quivi facean quelli;
18. 14 e come a tai fortezze da' lor sogli
18. 15 a la ripa di fuor son ponticelli,

18. 16 così da imo de la roccia scogli
18. 17 movien che ricidien li argini e ' fossi
18. 18 infino al pozzo che i tronca e raccogli.

18. 19 In questo luogo, de la schiena scossi
18. 20 di Gerion, trovammoci; e 'l poeta
18. 21 tenne a sinistra, e io dietro mi mossi.

18. 22 A la man destra vidi nova pieta,
18. 23 novo tormento e novi frustatori,
18. 24 di che la prima bolgia era repleta.

18. 25 Nel fondo erano ignudi i peccatori;
18. 26 dal mezzo in qua ci venien verso 'l volto,
18. 27 di là con noi, ma con passi maggiori,

18. 28 come i Roman per l'essercito molto,
18. 29 l'anno del giubileo, su per lo ponte
18. 30 hanno a passar la gente modo colto,

18. 31 che da l'un lato tutti hanno la fronte
18. 32 verso 'l castello e vanno a Santo Pietro;
18. 33 da l'altra sponda vanno verso 'l monte.

18. 34 Di qua, di là, su per lo sasso tetro
18. 35 vidi demon cornuti con gran ferze,
18. 36 che li battien crudelmente di retro.

18. 37 Ahi come facean lor levar le berze
18. 38 a le prime percosse! già nessuno
18. 39 le seconde aspettava né le terze.

18. 40 Mentr'io andava, li occhi miei in uno
18. 41 furo scontrati; e io sì tosto dissi:
18. 42 «Già di veder costui non son digiuno».

18. 43 Per ch'io a figurarlo i piedi affissi;
18. 44 e 'l dolce duca meco si ristette,
18. 45 e assentio ch'alquanto in dietro gissi.

18. 46 E quel frustato celar si credette
18. 47 bassando 'l viso; ma poco li valse,
18. 48 ch'io dissi: «O tu che l'occhio a terra gette,

18. 49 se le fazion che porti non son false,
18. 50 Venedico se' tu Caccianemico.
18. 51 Ma che ti mena a sì pungenti salse?».

18. 52 Ed elli a me: «Mal volentier lo dico;
18. 53 ma sforzami la tua chiara favella,
18. 54 che mi fa sovvenir del mondo antico.

18. 55 I' fui colui che la Ghisolabella
18. 56 condussi a far la voglia del marchese,
18. 57 come che suoni la sconcia novella.

18. 58 E non pur io qui piango bolognese;
18. 59 anzi n'è questo luogo tanto pieno,
18. 60 che tante lingue non son ora apprese

18. 61 a dicer "sipa" tra Sàvena e Reno;
18. 62 e se di ciò vuoi fede o testimonio,
18. 63 rècati a mente il nostro avaro seno».

18. 64 Così parlando il percosse un demonio
18. 65 de la sua scuriada, e disse: «Via,
18. 66 ruffian! qui non son femmine da conio».

18. 67 I' mi raggiunsi con la scorta mia;
18. 68 poscia con pochi passi divenimmo
18. 69 là 'v'uno scoglio de la ripa uscia.

18. 70 Assai leggeramente quel salimmo;
18. 71 e vòlti a destra su per la sua scheggia,
18. 72 da quelle cerchie etterne ci partimmo.

18. 73 Quando noi fummo là dov'el vaneggia
18. 74 di sotto per dar passo a li sferzati,
18. 75 lo duca disse: «Attienti, e fa che feggia

18. 76 lo viso in te di quest'altri mal nati,
18. 77 ai quali ancor non vedesti la faccia
18. 78 però che son con noi insieme andati».

18. 79 Del vecchio ponte guardavam la traccia
18. 80 che venìa verso noi da l'altra banda,
18. 81 e che la ferza similmente scaccia.

18. 82 E 'l buon maestro, sanza mia dimanda,
18. 83 mi disse: «Guarda quel grande che vene,
18. 84 e per dolor non par lagrime spanda:

18. 85 quanto aspetto reale ancor ritene!
18. 86 Quelli è Iasón, che per cuore e per senno
18. 87 li Colchi del monton privati féne.

18. 88 Ello passò per l'isola di Lenno,
18. 89 poi che l'ardite femmine spietate
18. 90 tutti li maschi loro a morte dienno.

18. 91 Ivi con segni e con parole ornate
18. 92 Isifile ingannò, la giovinetta
18. 93 che prima avea tutte l'altre ingannate.

18. 94 Lasciolla quivi, gravida, soletta;
18. 95 tal colpa a tal martiro lui condanna;
18. 96 e anche di Medea si fa vendetta.

18. 97 Con lui sen va chi da tal parte inganna:
18. 98 e questo basti de la prima valle
18. 99 sapere e di color che 'n sé assanna».

18.100 Già eravam là 've lo stretto calle
18.101 con l'argine secondo s'incrocicchia,
18.102 e fa di quello ad un altr'arco spalle.

18.103 Quindi sentimmo gente che si nicchia
18.104 ne l'altra bolgia e che col muso scuffa,
18.105 e sé medesma con le palme picchia.

18.106 Le ripe eran grommate d'una muffa,
18.107 per l'alito di giù che vi s'appasta,
18.108 che con li occhi e col naso facea zuffa.

18.109 Lo fondo è cupo sì, che non ci basta
18.110 loco a veder sanza montare al dosso
18.111 de l'arco, ove lo scoglio più sovrasta.

18.112 Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
18.113 vidi gente attuffata in uno sterco
18.114 che da li uman privadi parea mosso.

18.115 E mentre ch'io là giù con l'occhio cerco,
18.116 vidi un col capo sì di merda lordo,
18.117 che non parea s'era laico o cherco.

18.118 Quei mi sgridò: «Perché se' tu sì gordo
18.119 di riguardar più me che li altri brutti?».
18.120 E io a lui: «Perché, se ben ricordo,

18.121 già t'ho veduto coi capelli asciutti,
18.122 e se' Alessio Interminei da Lucca:
18.123 però t'adocchio più che li altri tutti».

18.124 Ed elli allor, battendosi la zucca:
18.125 «Qua giù m'hanno sommerso le lusinghe
18.126 ond'io non ebbi mai la lingua stucca».

18.127 Appresso ciò lo duca «Fa che pinghe»,
18.128 mi disse «il viso un poco più avante,
18.129 sì che la faccia ben con l'occhio attinghe

18.130 di quella sozza e scapigliata fante
18.131 che là si graffia con l'unghie merdose,
18.132 e or s'accoscia e ora è in piedi stante.

18.133 Taide è, la puttana che rispuose
18.134 al drudo suo quando disse "Ho io grazie
18.135 grandi apo te?": "Anzi maravigliose!".
18.136 E quinci sien le nostre viste sazie».

Inferno - canto 19

19. 1 O Simon mago, o miseri seguaci
19. 2 che le cose di Dio, che di bontate
19. 3 deon essere spose, e voi rapaci

19. 4 per oro e per argento avolterate,
19. 5 or convien che per voi suoni la tromba,
19. 6 però che ne la terza bolgia state.

19. 7 Già eravamo, a la seguente tomba,
19. 8 montati de lo scoglio in quella parte
19. 9 ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba.

19. 10 O somma sapienza, quanta è l'arte
19. 11 che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,
19. 12 e quanto giusto tua virtù comparte!

19. 13 Io vidi per le coste e per lo fondo
19. 14 piena la pietra livida di fóri,
19. 15 d'un largo tutti e ciascun era tondo.

19. 16 Non mi parean men ampi né maggiori
19. 17 che que' che son nel mio bel San Giovanni,
19. 18 fatti per loco d'i battezzatori;

19. 19 l'un de li quali, ancor non è molt'anni,
19. 20 rupp'io per un che dentro v'annegava:
19. 21 e questo sia suggel ch'ogn'omo sganni.

19. 22 Fuor de la bocca a ciascun soperchiava
19. 23 d'un peccator li piedi e de le gambe
19. 24 infino al grosso, e l'altro dentro stava.

19. 25 Le piante erano a tutti accese intrambe;
19. 26 per che sì forte guizzavan le giunte,
19. 27 che spezzate averien ritorte e strambe.

19. 28 Qual suole il fiammeggiar de le cose unte
19. 29 muoversi pur su per la strema buccia,
19. 30 tal era lì dai calcagni a le punte.

19. 31 «Chi è colui, maestro, che si cruccia
19. 32 guizzando più che li altri suoi consorti»,
19. 33 diss'io, «e cui più roggia fiamma succia?».

19. 34 Ed elli a me: «Se tu vuo' ch'i' ti porti
19. 35 là giù per quella ripa che più giace,
19. 36 da lui saprai di sé e de' suoi torti».

19. 37 E io: «Tanto m'è bel, quanto a te piace:
19. 38 tu se' segnore, e sai ch'i' non mi parto
19. 39 dal tuo volere, e sai quel che si tace».

19. 40 Allor venimmo in su l'argine quarto:
19. 41 volgemmo e discendemmo a mano stanca
19. 42 là giù nel fondo foracchiato e arto.

19. 43 Lo buon maestro ancor de la sua anca
19. 44 non mi dipuose, sì mi giunse al rotto
19. 45 di quel che si piangeva con la zanca.

19. 46 «O qual che se' che 'l di sù tien di sotto,
19. 47 anima trista come pal commessa»,
19. 48 comincia' io a dir, «se puoi, fa motto».

19. 49 Io stava come 'l frate che confessa
19. 50 lo perfido assessin, che, poi ch'è fitto,
19. 51 richiama lui, per che la morte cessa.

19. 52 Ed el gridò: «Se' tu già costì ritto,
19. 53 se' tu già costì ritto, Bonifazio?
19. 54 Di parecchi anni mi mentì lo scritto.

19. 55 Se' tu sì tosto di quell'aver sazio
19. 56 per lo qual non temesti tòrre a 'nganno
19. 57 la bella donna, e poi di farne strazio?».

19. 58 Tal mi fec'io, quai son color che stanno,
19. 59 per non intender ciò ch'è lor risposto,
19. 60 quasi scornati, e risponder non sanno.

19. 61 Allor Virgilio disse: «Dilli tosto:
19. 62 "Non son colui, non son colui che credi"»;
19. 63 e io rispuosi come a me fu imposto.

19. 64 Per che lo spirto tutti storse i piedi;
19. 65 poi, sospirando e con voce di pianto,
19. 66 mi disse: «Dunque che a me richiedi?

19. 67 Se di saper ch'i' sia ti cal cotanto,
19. 68 che tu abbi però la ripa corsa,
19. 69 sappi ch'i' fui vestito del gran manto;

19. 70 e veramente fui figliuol de l'orsa,
19. 71 cupido sì per avanzar li orsatti,
19. 72 che sù l'avere e qui me misi in borsa.

19. 73 Di sotto al capo mio son li altri tratti
19. 74 che precedetter me simoneggiando,
19. 75 per le fessure de la pietra piatti.

19. 76 Là giù cascherò io altresì quando
19. 77 verrà colui ch'i' credea che tu fossi
19. 78 allor ch'i' feci 'l sùbito dimando.

19. 79 Ma più è 'l tempo già che i piè mi cossi
19. 80 e ch'i' son stato così sottosopra,
19. 81 ch'el non starà piantato coi piè rossi:

19. 82 ché dopo lui verrà di più laida opra
19. 83 di ver' ponente, un pastor sanza legge,
19. 84 tal che convien che lui e me ricuopra.

19. 85 Novo Iasón sarà, di cui si legge
19. 86 ne' Maccabei; e come a quel fu molle
19. 87 suo re, così fia lui chi Francia regge».

19. 88 Io non so s'i' mi fui qui troppo folle,
19. 89 ch'i' pur rispuosi lui a questo metro:
19. 90 «Deh, or mi dì : quanto tesoro volle

19. 91 Nostro Segnore in prima da san Pietro
19. 92 ch'ei ponesse le chiavi in sua balìa?
19. 93 Certo non chiese se non "Viemmi retro".

19. 94 Né Pier né li altri tolsero a Matia
19. 95 oro od argento, quando fu sortito
19. 96 al loco che perdé l'anima ria.

19. 97 Però ti sta, ché tu se' ben punito;
19. 98 e guarda ben la mal tolta moneta
19. 99 ch'esser ti fece contra Carlo ardito.

19.100 E se non fosse ch'ancor lo mi vieta
19.101 la reverenza delle somme chiavi
19.102 che tu tenesti ne la vita lieta,

19.103 io userei parole ancor più gravi;
19.104 ché la vostra avarizia il mondo attrista,
19.105 calcando i buoni e sollevando i pravi.

19.106 Di voi pastor s'accorse il Vangelista,
19.107 quando colei che siede sopra l'acque
19.108 puttaneggiar coi regi a lui fu vista;

19.109 quella che con le sette teste nacque,
19.110 e da le diece corna ebbe argomento,
19.111 fin che virtute al suo marito piacque.

19.112 Fatto v'avete Dio d'oro e d'argento;
19.113 e che altro è da voi a l'idolatre,
19.114 se non ch'elli uno, e voi ne orate cento?

19.115 Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
19.116 non la tua conversion, ma quella dote
19.117 che da te prese il primo ricco patre!».

19.118 E mentr'io li cantava cotai note,
19.119 o ira o coscienza che 'l mordesse,
19.120 forte spingava con ambo le piote.

19.121 I' credo ben ch'al mio duca piacesse,
19.122 con sì contenta labbia sempre attese
19.123 lo suon de le parole vere espresse.

19.124 Però con ambo le braccia mi prese;
19.125 e poi che tutto su mi s'ebbe al petto,
19.126 rimontò per la via onde discese.

19.127 Né si stancò d'avermi a sé distretto,
19.128 sì men portò sovra 'l colmo de l'arco
19.129 che dal quarto al quinto argine è tragetto.

19.130 Quivi soavemente spuose il carco,
19.131 soave per lo scoglio sconcio ed erto
19.132 che sarebbe a le capre duro varco.
19.133 Indi un altro vallon mi fu scoperto.
Inferno - canto 20

20. 1 Di nova pena mi conven far versi
20. 2 e dar matera al ventesimo canto
20. 3 de la prima canzon ch'è d'i sommersi.

20. 4 Io era già disposto tutto quanto
20. 5 a riguardar ne lo scoperto fondo,
20. 6 che si bagnava d'angoscioso pianto;

20. 7 e vidi gente per lo vallon tondo
20. 8 venir, tacendo e lagrimando, al passo
20. 9 che fanno le letane in questo mondo.

20. 10 Come 'l viso mi scese in lor più basso,
20. 11 mirabilmente apparve esser travolto
20. 12 ciascun tra 'l mento e 'l principio del casso;

20. 13 ché da le reni era tornato 'l volto
20. 14 e in dietro venir li convenia,
20. 15 perché 'l veder dinanzi era lor tolto.

20. 16 Forse per forza già di parlasia
20. 17 si travolse così alcun del tutto;
20. 18 ma io nol vidi, né credo che sia.

20. 19 Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto
20. 20 di tua lezione, or pensa per te stesso
20. 21 com'io potea tener lo viso asciutto,

20. 22 quando la nostra imagine di presso
20. 23 vidi sì torta, che 'l pianto de li occhi
20. 24 le natiche bagnava per lo fesso.

20. 25 Certo io piangea, poggiato a un de' rocchi
20. 26 del duro scoglio, sì che la mia scorta
20. 27 mi disse: «Ancor se' tu de li altri sciocchi?

20. 28 Qui vive la pietà quand'è ben morta;
20. 29 chi è più scellerato che colui
20. 30 che al giudicio divin passion comporta?

20. 31 Drizza la testa, drizza, e vedi a cui
20. 32 s'aperse a li occhi d'i Teban la terra;
20. 33 per ch'ei gridavan tutti: "Dove rui,

20. 34 Anfiarao? perché lasci la guerra?".
20. 35 E non restò di ruinare a valle
20. 36 fino a Minòs che ciascheduno afferra.

20. 37 Mira c'ha fatto petto de le spalle:
20. 38 perché volle veder troppo davante,
20. 39 di retro guarda e fa retroso calle.

20. 40 Vedi Tiresia, che mutò sembiante
20. 41 quando di maschio femmina divenne
20. 42 cangiandosi le membra tutte quante;

20. 43 e prima, poi, ribatter li convenne
20. 44 li duo serpenti avvolti, con la verga,
20. 45 che riavesse le maschili penne.

20. 46 Aronta è quel ch'al ventre li s'atterga,
20. 47 che ne' monti di Luni, dove ronca
20. 48 lo Carrarese che di sotto alberga,

20. 49 ebbe tra ' bianchi marmi la spelonca
20. 50 per sua dimora; onde a guardar le stelle
20. 51 e 'l mar no li era la veduta tronca.

20. 52 E quella che ricuopre le mammelle,
20. 53 che tu non vedi, con le trecce sciolte,
20. 54 e ha di là ogne pilosa pelle,

20. 55 Manto fu, che cercò per terre molte;
20. 56 poscia si puose là dove nacqu'io;
20. 57 onde un poco mi piace che m'ascolte.

20. 58 Poscia che 'l padre suo di vita uscìo,
20. 59 e venne serva la città di Baco,
20. 60 questa gran tempo per lo mondo gio.

20. 61 Suso in Italia bella giace un laco,
20. 62 a piè de l'Alpe che serra Lamagna
20. 63 sovra Tiralli, c'ha nome Benaco.

20. 64 Per mille fonti, credo, e più si bagna
20. 65 tra Garda e Val Camonica e Pennino
20. 66 de l'acqua che nel detto laco stagna.

20. 67 Loco è nel mezzo là dove 'l trentino
20. 68 pastore e quel di Brescia e 'l veronese
20. 69 segnar poria, s'e' fesse quel cammino.

20. 70 Siede Peschiera, bello e forte arnese
20. 71 da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi,
20. 72 ove la riva 'ntorno più discese.

20. 73 Ivi convien che tutto quanto caschi
20. 74 ciò che 'n grembo a Benaco star non può,
20. 75 e fassi fiume giù per verdi paschi.

20. 76 Tosto che l'acqua a correr mette co,
20. 77 non più Benaco, ma Mencio si chiama
20. 78 fino a Governol, dove cade in Po.

20. 79 Non molto ha corso, ch'el trova una lama,
20. 80 ne la qual si distende e la 'mpaluda;
20. 81 e suol di state talor essere grama.

20. 82 Quindi passando la vergine cruda
20. 83 vide terra, nel mezzo del pantano,
20. 84 sanza coltura e d'abitanti nuda.

20. 85 Lì, per fuggire ogne consorzio umano,
20. 86 ristette con suoi servi a far sue arti,
20. 87 e visse, e vi lasciò suo corpo vano.

20. 88 Li uomini poi che 'ntorno erano sparti
20. 89 s'accolsero a quel loco, ch'era forte
20. 90 per lo pantan ch'avea da tutte parti.

20. 91 Fer la città sovra quell'ossa morte;
20. 92 e per colei che 'l loco prima elesse,
20. 93 Mantua l'appellar sanz'altra sorte.

20. 94 Già fuor le genti sue dentro più spesse,
20. 95 prima che la mattia da Casalodi
20. 96 da Pinamonte inganno ricevesse.

20. 97 Però t'assenno che, se tu mai odi
20. 98 originar la mia terra altrimenti,
20. 99 la verità nulla menzogna frodi».

20.100 E io: «Maestro, i tuoi ragionamenti
20.101 mi son sì certi e prendon sì mia fede,
20.102 che li altri mi sarien carboni spenti.

20.103 Ma dimmi, de la gente che procede,
20.104 se tu ne vedi alcun degno di nota;
20.105 ché solo a ciò la mia mente rifiede».

20.106 Allor mi disse: «Quel che da la gota
20.107 porge la barba in su le spalle brune,
20.108 fu - quando Grecia fu di maschi vòta,

20.109 sì ch'a pena rimaser per le cune -
20.110 augure, e diede 'l punto con Calcanta
20.111 in Aulide a tagliar la prima fune.

20.112 Euripilo ebbe nome, e così 'l canta
20.113 l'alta mia tragedìa in alcun loco:
20.114 ben lo sai tu che la sai tutta quanta.

20.115 Quell'altro che ne' fianchi è così poco,
20.116 Michele Scotto fu, che veramente
20.117 de le magiche frode seppe 'l gioco.

20.118 Vedi Guido Bonatti; vedi Asdente,
20.119 ch'avere inteso al cuoio e a lo spago
20.120 ora vorrebbe, ma tardi si pente.

20.121 Vedi le triste che lasciaron l'ago,
20.122 la spuola e 'l fuso, e fecersi 'ndivine;
20.123 fecer malie con erbe e con imago.

20.124 Ma vienne omai, ché già tiene 'l confine
20.125 d'amendue li emisperi e tocca l'onda
20.126 sotto Sobilia Caino e le spine;

20.127 e già iernotte fu la luna tonda:
20.128 ben ten de' ricordar, ché non ti nocque
20.129 alcuna volta per la selva fonda».
20.130 Sì mi parlava, e andavamo introcque.
Inferno - canto 21

21. 1 Così di ponte in ponte, altro parlando
21. 2 che la mia comedìa cantar non cura,
21. 3 venimmo; e tenavamo 'l colmo, quando

21. 4 restammo per veder l'altra fessura
21. 5 di Malebolge e li altri pianti vani;
21. 6 e vidila mirabilmente oscura.

21. 7 Quale ne l'arzanà de' Viniziani
21. 8 bolle l'inverno la tenace pece
21. 9 a rimpalmare i legni lor non sani,

21. 10 ché navicar non ponno - in quella vece
21. 11 chi fa suo legno novo e chi ristoppa
21. 12 le coste a quel che più viaggi fece;

21. 13 chi ribatte da proda e chi da poppa;
21. 14 altri fa remi e altri volge sarte;
21. 15 chi terzeruolo e artimon rintoppa -;

21. 16 tal, non per foco, ma per divin'arte,
21. 17 bollia là giuso una pegola spessa,
21. 18 che 'nviscava la ripa d'ogne parte.

21. 19 I' vedea lei, ma non vedea in essa
21. 20 mai che le bolle che 'l bollor levava,
21. 21 e gonfiar tutta, e riseder compressa.

21. 22 Mentr'io là giù fisamente mirava,
21. 23 lo duca mio, dicendo «Guarda, guarda!»,
21. 24 mi trasse a sé del loco dov'io stava.

21. 25 Allor mi volsi come l'uom cui tarda
21. 26 di veder quel che li convien fuggire
21. 27 e cui paura sùbita sgagliarda,

21. 28 che, per veder, non indugia 'l partire:
21. 29 e vidi dietro a noi un diavol nero
21. 30 correndo su per lo scoglio venire.

21. 31 Ahi quant'elli era ne l'aspetto fero!
21. 32 e quanto mi parea ne l'atto acerbo,
21. 33 con l'ali aperte e sovra i piè leggero!

21. 34 L'omero suo, ch'era aguto e superbo,
21. 35 carcava un peccator con ambo l'anche,
21. 36 e quei tenea de' piè ghermito 'l nerbo.

21. 37 Del nostro ponte disse: «O Malebranche,
21. 38 ecco un de li anzian di Santa Zita!
21. 39 Mettetel sotto, ch'i' torno per anche

21. 40 a quella terra che n'è ben fornita:
21. 41 ogn'uom v'è barattier, fuor che Bonturo;
21. 42 del no, per li denar vi si fa *ita*».

21. 43 Là giù 'l buttò, e per lo scoglio duro
21. 44 si volse; e mai non fu mastino sciolto
21. 45 con tanta fretta a seguitar lo furo.

21. 46 Quel s'attuffò, e tornò sù convolto;
21. 47 ma i demon che del ponte avean coperchio,
21. 48 gridar: «Qui non ha loco il Santo Volto:

21. 49 qui si nuota altrimenti che nel Serchio!
21. 50 Però, se tu non vuo' di nostri graffi,
21. 51 non far sopra la pegola soverchio».

21. 52 Poi l'addentar con più di cento raffi,
21. 53 disser: «Coverto convien che qui balli,
21. 54 sì che, se puoi, nascosamente accaffi».

21. 55 Non altrimenti i cuoci a' lor vassalli
21. 56 fanno attuffare in mezzo la caldaia
21. 57 la carne con li uncin, perché non galli.

21. 58 Lo buon maestro «Acciò che non si paia
21. 59 che tu ci sia», mi disse, «giù t'acquatta
21. 60 dopo uno scheggio, ch'alcun schermo t'aia;

21. 61 e per nulla offension che mi sia fatta,
21. 62 non temer tu, ch'i' ho le cose conte,
21. 63 perch'altra volta fui a tal baratta».

21. 64 Poscia passò di là dal co del ponte;
21. 65 e com'el giunse in su la ripa sesta,
21. 66 mestier li fu d'aver sicura fronte.

21. 67 Con quel furore e con quella tempesta
21. 68 ch'escono i cani a dosso al poverello
21. 69 che di sùbito chiede ove s'arresta,

21. 70 usciron quei di sotto al ponticello,
21. 71 e volser contra lui tutt'i runcigli;
21. 72 ma el gridò: «Nessun di voi sia fello!

21. 73 Innanzi che l'uncin vostro mi pigli,
21. 74 traggasi avante l'un di voi che m'oda,
21. 75 e poi d'arruncigliarmi si consigli».

21. 76 Tutti gridaron: «Vada Malacoda!»;
21. 77 per ch'un si mosse - e li altri stetter fermi -,
21. 78 e venne a lui dicendo: «Che li approda?».

21. 79 «Credi tu, Malacoda, qui vedermi
21. 80 esser venuto», disse 'l mio maestro,
21. 81 «sicuro già da tutti vostri schermi,

21. 82 sanza voler divino e fato destro?
21. 83 Lascian'andar, ché nel cielo è voluto
21. 84 ch'i' mostri altrui questo cammin silvestro».

21. 85 Allor li fu l'orgoglio sì caduto,
21. 86 ch'e' si lasciò cascar l'uncino a' piedi,
21. 87 e disse a li altri: «Omai non sia feruto».

21. 88 E 'l duca mio a me: «O tu che siedi
21. 89 tra li scheggion del ponte quatto quatto,
21. 90 sicuramente omai a me ti riedi».

21. 91 Per ch'io mi mossi, e a lui venni ratto;
21. 92 e i diavoli si fecer tutti avanti,
21. 93 sì ch'io temetti ch'ei tenesser patto;

21. 94 così vid'io già temer li fanti
21. 95 ch'uscivan patteggiati di Caprona,
21. 96 veggendo sé tra nemici cotanti.

21. 97 I' m'accostai con tutta la persona
21. 98 lungo 'l mio duca, e non torceva li occhi
21. 99 da la sembianza lor ch'era non buona.

21.100 Ei chinavan li raffi e «Vuo' che 'l tocchi»,
21.101 diceva l'un con l'altro, «in sul groppone?».
21.102 E rispondien: «Sì, fa che gliel'accocchi!».

21.103 Ma quel demonio che tenea sermone
21.104 col duca mio, si volse tutto presto,
21.105 e disse: «Posa, posa, Scarmiglione!».

21.106 Poi disse a noi: «Più oltre andar per questo
21.107 iscoglio non si può, però che giace
21.108 tutto spezzato al fondo l'arco sesto.

21.109 E se l'andare avante pur vi piace,
21.110 andatevene su per questa grotta;
21.111 presso è un altro scoglio che via face.

21.112 Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta,
21.113 mille dugento con sessanta sei
21.114 anni compié che qui la via fu rotta.

21.115 Io mando verso là di questi miei
21.116 a riguardar s'alcun se ne sciorina;
21.117 gite con lor, che non saranno rei».

21.118 «Tra'ti avante, Alichino, e Calcabrina»,
21.119 cominciò elli a dire, «e tu, Cagnazzo;
21.120 e Barbariccia guidi la decina.

21.121 Libicocco vegn'oltre e Draghignazzo,
21.122 Ciriatto sannuto e Graffiacane
21.123 e Farfarello e Rubicante pazzo.

21.124 Cercate 'ntorno le boglienti pane;
21.125 costor sian salvi infino a l'altro scheggio
21.126 che tutto intero va sovra le tane».

21.127 «Omè, maestro, che è quel ch'i' veggio?»,
21.128 diss'io, «deh, sanza scorta andianci soli,
21.129 se tu sa' ir; ch'i' per me non la cheggio.

21.130 Se tu se' sì accorto come suoli,
21.131 non vedi tu ch'e' digrignan li denti,
21.132 e con le ciglia ne minaccian duoli?».

21.133 Ed elli a me: «Non vo' che tu paventi;
21.134 lasciali digrignar pur a lor senno,
21.135 ch'e' fanno ciò per li lessi dolenti».

21.136 Per l'argine sinistro volta dienno;
21.137 ma prima avea ciascun la lingua stretta
21.138 coi denti, verso lor duca, per cenno;
21.139 ed elli avea del cul fatto trombetta.

Inferno - canto 22

22. 1 Io vidi già cavalier muover campo,
22. 2 e cominciare stormo e far lor mostra,
22. 3 e talvolta partir per loro scampo;

22. 4 corridor vidi per la terra vostra,
22. 5 o Aretini, e vidi gir gualdane,
22. 6 fedir torneamenti e correr giostra;

22. 7 quando con trombe, e quando con campane,
22. 8 con tamburi e con cenni di castella,
22. 9 e con cose nostrali e con istrane;

22. 10 né già con sì diversa cennamella
22. 11 cavalier vidi muover né pedoni,
22. 12 né nave a segno di terra o di stella.

22. 13 Noi andavam con li diece demoni.
22. 14 Ahi fiera compagnia! ma ne la chiesa
22. 15 coi santi, e in taverna coi ghiottoni.

22. 16 Pur a la pegola era la mia 'ntesa,
22. 17 per veder de la bolgia ogne contegno
22. 18 e de la gente ch'entro v'era incesa.

22. 19 Come i dalfini, quando fanno segno
22. 20 a' marinar con l'arco de la schiena,
22. 21 che s'argomentin di campar lor legno,

22. 22 talor così, ad alleggiar la pena,
22. 23 mostrav'alcun de' peccatori il dosso
22. 24 e nascondea in men che non balena.

22. 25 E come a l'orlo de l'acqua d'un fosso
22. 26 stanno i ranocchi pur col muso fuori,
22. 27 sì che celano i piedi e l'altro grosso,

22. 28 sì stavan d'ogne parte i peccatori;
22. 29 ma come s'appressava Barbariccia,
22. 30 così si ritraén sotto i bollori.

22. 31 I' vidi, e anco il cor me n'accapriccia,
22. 32 uno aspettar così, com'elli 'ncontra
22. 33 ch'una rana rimane e l'altra spiccia;

22. 34 e Graffiacan, che li era più di contra,
22. 35 li arruncigliò le 'mpegolate chiome
22. 36 e trassel sù, che mi parve una lontra.

22. 37 I' sapea già di tutti quanti 'l nome,
22. 38 sì li notai quando fuorono eletti,
22. 39 e poi ch'e' si chiamaro, attesi come.

22. 40 «O Rubicante, fa che tu li metti
22. 41 li unghioni a dosso, sì che tu lo scuoi!»,
22. 42 gridavan tutti insieme i maladetti.

22. 43 E io: «Maestro mio, fa, se tu puoi,
22. 44 che tu sappi chi è lo sciagurato
22. 45 venuto a man de li avversari suoi».

22. 46 Lo duca mio li s'accostò allato;
22. 47 domandollo ond'ei fosse, e quei rispuose:
22. 48 «I' fui del regno di Navarra nato.

22. 49 Mia madre a servo d'un segnor mi puose,
22. 50 che m'avea generato d'un ribaldo,
22. 51 distruggitor di sé e di sue cose.

22. 52 Poi fui famiglia del buon re Tebaldo:
22. 53 quivi mi misi a far baratteria;
22. 54 di ch'io rendo ragione in questo caldo».

22. 55 E Ciriatto, a cui di bocca uscia
22. 56 d'ogne parte una sanna come a porco,
22. 57 li fé sentir come l'una sdrucia.

22. 58 Tra male gatte era venuto 'l sorco;
22. 59 ma Barbariccia il chiuse con le braccia,
22. 60 e disse: «State in là, mentr'io lo 'nforco».

22. 61 E al maestro mio volse la faccia:
22. 62 «Domanda», disse, «ancor, se più disii
22. 63 saper da lui, prima ch'altri 'l disfaccia».

22. 64 Lo duca dunque: «Or dì : de li altri rii
22. 65 conosci tu alcun che sia latino
22. 66 sotto la pece?». E quelli: «I' mi partii,

22. 67 poco è, da un che fu di là vicino.
22. 68 Così foss'io ancor con lui coperto,
22. 69 ch'i' non temerei unghia né uncino!».

22. 70 E Libicocco «Troppo avem sofferto»,
22. 71 disse; e preseli 'l braccio col runciglio,
22. 72 sì che, stracciando, ne portò un lacerto.

22. 73 Draghignazzo anco i volle dar di piglio
22. 74 giuso a le gambe; onde 'l decurio loro
22. 75 si volse intorno intorno con mal piglio.

22. 76 Quand'elli un poco rappaciati fuoro,
22. 77 a lui, ch'ancor mirava sua ferita,
22. 78 domandò 'l duca mio sanza dimoro:

22. 79 «Chi fu colui da cui mala partita
22. 80 di' che facesti per venire a proda?».
22. 81 Ed ei rispuose: «Fu frate Gomita,

22. 82 quel di Gallura, vasel d'ogne froda,
22. 83 ch'ebbe i nemici di suo donno in mano,
22. 84 e fé sì lor, che ciascun se ne loda.

22. 85 Danar si tolse, e lasciolli di piano,
22. 86 sì com'e' dice; e ne li altri offici anche
22. 87 barattier fu non picciol, ma sovrano.

22. 88 Usa con esso donno Michel Zanche
22. 89 di Logodoro; e a dir di Sardigna
22. 90 le lingue lor non si sentono stanche.

22. 91 Omè, vedete l'altro che digrigna:
22. 92 i' direi anche, ma i' temo ch'ello
22. 93 non s'apparecchi a grattarmi la tigna».

22. 94 E 'l gran proposto, vòlto a Farfarello
22. 95 che stralunava li occhi per fedire,
22. 96 disse: «Fatti 'n costà, malvagio uccello!».

22. 97 «Se voi volete vedere o udire»,
22. 98 ricominciò lo spaurato appresso
22. 99 «Toschi o Lombardi, io ne farò venire;

22.100 ma stieno i Malebranche un poco in cesso,
22.101 sì ch'ei non teman de le lor vendette;
22.102 e io, seggendo in questo loco stesso,

22.103 per un ch'io son, ne farò venir sette
22.104 quand'io suffolerò, com'è nostro uso
22.105 di fare allor che fori alcun si mette».

22.106 Cagnazzo a cotal motto levò 'l muso,
22.107 crollando 'l capo, e disse: «Odi malizia
22.108 ch'elli ha pensata per gittarsi giuso!».

22.109 Ond'ei, ch'avea lacciuoli a gran divizia,
22.110 rispuose: «Malizioso son io troppo,
22.111 quand'io procuro a' mia maggior trestizia».

22.112 Alichin non si tenne e, di rintoppo
22.113 a li altri, disse a lui: «Se tu ti cali,
22.114 io non ti verrò dietro di gualoppo,

22.115 ma batterò sovra la pece l'ali.
22.116 Lascisi 'l collo, e sia la ripa scudo,
22.117 a veder se tu sol più di noi vali».

22.118 O tu che leggi, udirai nuovo ludo:
22.119 ciascun da l'altra costa li occhi volse;
22.120 quel prima, ch'a ciò fare era più crudo.

22.121 Lo Navarrese ben suo tempo colse;
22.122 fermò le piante a terra, e in un punto
22.123 saltò e dal proposto lor si sciolse.

22.124 Di che ciascun di colpa fu compunto,
22.125 ma quei più che cagion fu del difetto;
22.126 però si mosse e gridò: «Tu se' giunto!».

22.127 Ma poco i valse: ché l'ali al sospetto
22.128 non potero avanzar: quelli andò sotto,
22.129 e quei drizzò volando suso il petto:

22.130 non altrimenti l'anitra di botto,
22.131 quando 'l falcon s'appressa, giù s'attuffa,
22.132 ed ei ritorna sù crucciato e rotto.

22.133 Irato Calcabrina de la buffa,
22.134 volando dietro li tenne, invaghito
22.135 che quei campasse per aver la zuffa;

22.136 e come 'l barattier fu disparito,
22.137 così volse li artigli al suo compagno,
22.138 e fu con lui sopra 'l fosso ghermito.

22.139 Ma l'altro fu bene sparvier grifagno
22.140 ad artigliar ben lui, e amendue
22.141 cadder nel mezzo del bogliente stagno.

22.142 Lo caldo sghermitor sùbito fue;
22.143 ma però di levarsi era neente,
22.144 sì avieno inviscate l'ali sue.

22.145 Barbariccia, con li altri suoi dolente,
22.146 quattro ne fé volar da l'altra costa
22.147 con tutt'i raffi, e assai prestamente

22.148 di qua, di là discesero a la posta;
22.149 porser li uncini verso li 'mpaniati,
22.150 ch'eran già cotti dentro da la crosta;
22.151 e noi lasciammo lor così 'mpacciati.

Inferno - canto 23

23. 1 Taciti, soli, sanza compagnia
23. 2 n'andavam l'un dinanzi e l'altro dopo,
23. 3 come frati minor vanno per via.

23. 4 Vòlt'era in su la favola d'Isopo
23. 5 lo mio pensier per la presente rissa,
23. 6 dov'el parlò de la rana e del topo;

23. 7 ché più non si pareggia "mo" e "issa"
23. 8 che l'un con l'altro fa, se ben s'accoppia
23. 9 principio e fine con la mente fissa.

23. 10 E come l'un pensier de l'altro scoppia,
23. 11 così nacque di quello un altro poi,
23. 12 che la prima paura mi fé doppia.

23. 13 Io pensava così: &lt;&lt;Questi per noi
23. 14 sono scherniti con danno e con beffa
23. 15 sì fatta, ch'assai credo che lor nòi.

23. 16 Se l'ira sovra 'l mal voler s'aggueffa,
23. 17 ei ne verranno dietro più crudeli
23. 18 che 'l cane a quella lievre ch'elli acceffa&gt;&gt;.

23. 19 Già mi sentia tutti arricciar li peli
23. 20 de la paura e stava in dietro intento,
23. 21 quand'io dissi: &lt;&lt;Maestro, se non celi
23. 22 te e me tostamente, i' ho pavento
23. 23 de Malebranche. Noi li avem già dietro;
23. 24 io li 'magino sì, che già li sento&gt;&gt;.
23. 25 E quei: &lt;&lt;S'i' fossi di piombato vetro,
23. 26 l'imagine di fuor tua non trarrei
23. 27 più tosto a me, che quella dentro 'mpetro.
23. 28 Pur mo venieno i tuo' pensier tra' miei
23. 29 con simile atto e con simile faccia,
23. 30 sì che d'intrambi un sol consiglio fei.
23. 31 S'elli è che sì la destra costa giaccia,
23. 32 che noi possiam ne l'altra bolgia scendere
23. 33 noi fuggirem l'maginata caccia&gt;&gt;.
23. 34 Già non compié di tal consiglio rendere
23. 35 ch'io li vidi venir con l'ali tese
23. 36 non molto lungi, per volerne prendere.
23. 37 Lo duca mio di sùbito mi prese
23. 38 come la madre ch'al romore è desta
23. 39 e vede presso a sè le fiamme accese
23. 40 che prende il figlio e fugge e non s'arresta
23. 41 avendo più di lui che di sé cura,
23. 42 tanto che solo una camicia vesta;

23. 43 e giù dal collo de la ripa dura
23. 44 supin si diede a la pendente roccia,
23. 45 che l'un de' lati a l'altra bolgia tura.

23. 46 Non corse mai sì tosto acqua per doccia
23. 47 a volger ruota di molin terragno,
23. 48 quand'ella più verso le pale approccia,

23. 49 come 'l maestro mio per quel vivagno,
23. 50 portandosene me sovra 'l suo petto,
23. 51 come suo figlio, non come compagno.

23. 52 A pena fuoro i piè suoi giunti al letto
23. 53 del fondo giù, ch'e' furon in sul colle
23. 54 sovresso noi; ma non lì era sospetto;

23. 55 ché l'alta provedenza che lor volle
23. 56 porre ministri de la fossa quinta,
23. 57 poder di partirs'indi a tutti tolle.

23. 58 Là giù trovammo una gente dipinta
23. 59 che giva intorno assai con lenti passi,
23. 60 piangendo e nel sembiante stanca e vinta.

23. 61 Elli avean cappe con cappucci bassi
23. 62 dinanzi a li occhi, fatte de la taglia
23. 63 che in Clugnì per li monaci fassi.

23. 64 Di fuor dorate son, sì ch'elli abbaglia;
23. 65 ma dentro tutte piombo, e gravi tanto,
23. 66 che Federigo le mettea di paglia.

23. 67 Oh in etterno faticoso manto!
23. 68 Noi ci volgemmo ancor pur a man manca
23. 69 con loro insieme, intenti al tristo pianto;

23. 70 ma per lo peso quella gente stanca
23. 71 venìa sì pian, che noi eravam nuovi
23. 72 di compagnia ad ogne mover d'anca.

23. 73 Per ch'io al duca mio: «Fa che tu trovi
23. 74 alcun ch'al fatto o al nome si conosca,
23. 75 e li occhi, sì andando, intorno movi».

23. 76 E un che 'ntese la parola tosca,
23. 77 di retro a noi gridò: «Tenete i piedi,
23. 78 voi che correte sì per l'aura fosca!

23. 79 Forse ch'avrai da me quel che tu chiedi».
23. 80 Onde 'l duca si volse e disse: «Aspetta
23. 81 e poi secondo il suo passo procedi».

23. 82 Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta
23. 83 de l'animo, col viso, d'esser meco;
23. 84 ma tardavali 'l carco e la via stretta.

23. 85 Quando fuor giunti, assai con l'occhio bieco
23. 86 mi rimiraron sanza far parola;
23. 87 poi si volsero in sé, e dicean seco:

23. 88 «Costui par vivo a l'atto de la gola;
23. 89 e s'e' son morti, per qual privilegio
23. 90 vanno scoperti de la grave stola?».

23. 91 Poi disser me: «O Tosco, ch'al collegio
23. 92 de l'ipocriti tristi se' venuto,
23. 93 dir chi tu se' non avere in dispregio».

23. 94 E io a loro: «I' fui nato e cresciuto
23. 95 sovra 'l bel fiume d'Arno a la gran villa,
23. 96 e son col corpo ch'i' ho sempre avuto.

23. 97 Ma voi chi siete, a cui tanto distilla
23. 98 quant'i' veggio dolor giù per le guance?
23. 99 e che pena è in voi che sì sfavilla?».

23.100 E l'un rispuose a me: «Le cappe rance
23.101 son di piombo sì grosse, che li pesi
23.102 fan così cigolar le lor bilance.

23.103 Frati godenti fummo, e bolognesi;
23.104 io Catalano e questi Loderingo
23.105 nomati, e da tua terra insieme presi,

23.106 come suole esser tolto un uom solingo,
23.107 per conservar sua pace; e fummo tali,
23.108 ch'ancor si pare intorno dal Gardingo».

23.109 Io cominciai: «O frati, i vostri mali...»;
23.110 ma più non dissi, ch'a l'occhio mi corse
23.111 un, crucifisso in terra con tre pali.

23.112 Quando mi vide, tutto si distorse,
23.113 soffiando ne la barba con sospiri;
23.114 e 'l frate Catalan, ch'a ciò s'accorse,

23.115 mi disse: «Quel confitto che tu miri,
23.116 consigliò i Farisei che convenia
23.117 porre un uom per lo popolo a' martìri.

23.118 Attraversato è, nudo, ne la via,
23.119 come tu vedi, ed è mestier ch'el senta
23.120 qualunque passa, come pesa, pria.

23.121 E a tal modo il socero si stenta
23.122 in questa fossa, e li altri dal concilio
23.123 che fu per li Giudei mala sementa».

23.124 Allor vid'io maravigliar Virgilio
23.125 sovra colui ch'era disteso in croce
23.126 tanto vilmente ne l'etterno essilio.

23.127 Poscia drizzò al frate cotal voce:
23.128 «Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci
23.129 s'a la man destra giace alcuna foce

23.130 onde noi amendue possiamo uscirci,
23.131 sanza costrigner de li angeli neri
23.132 che vegnan d'esto fondo a dipartirci».

23.133 Rispuose adunque: «Più che tu non speri
23.134 s'appressa un sasso che de la gran cerchia
23.135 si move e varca tutt'i vallon feri,

23.136 salvo che 'n questo è rotto e nol coperchia:
23.137 montar potrete su per la ruina,
23.138 che giace in costa e nel fondo soperchia».

23.139 Lo duca stette un poco a testa china;
23.140 poi disse: «Mal contava la bisogna
23.141 colui che i peccator di qua uncina».

23.142 E 'l frate: «Io udi' già dire a Bologna
23.143 del diavol vizi assai, tra ' quali udi'
23.144 ch'elli è bugiardo, e padre di menzogna».

23.145 Appresso il duca a gran passi sen gì,
23.146 turbato un poco d'ira nel sembiante;
23.147 ond'io da li 'ncarcati mi parti'
23.148 dietro a le poste de le care piante.

Inferno - canto 24

24. 1 In quella parte del giovanetto anno
24. 2 che 'l sole i crin sotto l'Aquario tempra
24. 3 e già le notti al mezzo dì sen vanno,

24. 4 quando la brina in su la terra assempra
24. 5 l'imagine di sua sorella bianca,
24. 6 ma poco dura a la sua penna tempra,

24. 7 lo villanello a cui la roba manca,
24. 8 si leva, e guarda, e vede la campagna
24. 9 biancheggiar tutta; ond'ei si batte l'anca,

24. 10 ritorna in casa, e qua e là si lagna,
24. 11 come 'l tapin che non sa che si faccia;
24. 12 poi riede, e la speranza ringavagna,

24. 13 veggendo 'l mondo aver cangiata faccia
24. 14 in poco d'ora, e prende suo vincastro,
24. 15 e fuor le pecorelle a pascer caccia.

24. 16 Così mi fece sbigottir lo mastro
24. 17 quand'io li vidi sì turbar la fronte,
24. 18 e così tosto al mal giunse lo 'mpiastro;

24. 19 ché, come noi venimmo al guasto ponte,
24. 20 lo duca a me si volse con quel piglio
24. 21 dolce ch'io vidi prima a piè del monte.

24. 22 Le braccia aperse, dopo alcun consiglio
24. 23 eletto seco riguardando prima
24. 24 ben la ruina, e diedemi di piglio.

24. 25 E come quei ch'adopera ed estima,
24. 26 che sempre par che 'nnanzi si proveggia,
24. 27 così, levando me sù ver la cima

24. 28 d'un ronchione, avvisava un'altra scheggia
24. 29 dicendo: «Sovra quella poi t'aggrappa;
24. 30 ma tenta pria s'è tal ch'ella ti reggia».

24. 31 Non era via da vestito di cappa,
24. 32 ché noi a pena, ei lieve e io sospinto,
24. 33 potavam sù montar di chiappa in chiappa.

24. 34 E se non fosse che da quel precinto
24. 35 più che da l'altro era la costa corta,
24. 36 non so di lui, ma io sarei ben vinto.

24. 37 Ma perché Malebolge inver' la porta
24. 38 del bassissimo pozzo tutta pende,
24. 39 lo sito di ciascuna valle porta

24. 40 che l'una costa surge e l'altra scende;
24. 41 noi pur venimmo al fine in su la punta
24. 42 onde l'ultima pietra si scoscende.

24. 43 La lena m'era del polmon sì munta
24. 44 quand'io fui sù, ch'i' non potea più oltre,
24. 45 anzi m'assisi ne la prima giunta.

24. 46 «Omai convien che tu così ti spoltre»,
24. 47 disse 'l maestro; «ché, seggendo in piuma,
24. 48 in fama non si vien, né sotto coltre;

24. 49 sanza la qual chi sua vita consuma,
24. 50 cotal vestigio in terra di sé lascia,
24. 51 qual fummo in aere e in acqua la schiuma.

24. 52 E però leva sù: vinci l'ambascia
24. 53 con l'animo che vince ogne battaglia,
24. 54 se col suo grave corpo non s'accascia.

24. 55 Più lunga scala convien che si saglia;
24. 56 non basta da costoro esser partito.
24. 57 Se tu mi 'ntendi, or fa sì che ti vaglia».

24. 58 Leva'mi allor, mostrandomi fornito
24. 59 meglio di lena ch'i' non mi sentìa;
24. 60 e dissi: «Va, ch'i' son forte e ardito».

24. 61 Su per lo scoglio prendemmo la via,
24. 62 ch'era ronchioso, stretto e malagevole,
24. 63 ed erto più assai che quel di pria.

24. 64 Parlando andava per non parer fievole;
24. 65 onde una voce uscì de l'altro fosso,
24. 66 a parole formar disconvenevole.

24. 67 Non so che disse, ancor che sovra 'l dosso
24. 68 fossi de l'arco già che varca quivi;
24. 69 ma chi parlava ad ire parea mosso.

24. 70 Io era vòlto in giù, ma li occhi vivi
24. 71 non poteano ire al fondo per lo scuro;
24. 72 per ch'io: «Maestro, fa che tu arrivi

24. 73 da l'altro cinghio e dismontiam lo muro;
24. 74 ché, com'i' odo quinci e non intendo,
24. 75 così giù veggio e neente affiguro».

24. 76 «Altra risposta», disse, «non ti rendo
24. 77 se non lo far; ché la dimanda onesta
24. 78 si de' seguir con l'opera tacendo».

24. 79 Noi discendemmo il ponte da la testa
24. 80 dove s'aggiugne con l'ottava ripa,
24. 81 e poi mi fu la bolgia manifesta:

24. 82 e vidivi entro terribile stipa
24. 83 di serpenti, e di sì diversa mena
24. 84 che la memoria il sangue ancor mi scipa.

24. 85 Più non si vanti Libia con sua rena;
24. 86 ché se chelidri, iaculi e faree
24. 87 produce, e cencri con anfisibena,

24. 88 né tante pestilenzie né sì ree
24. 89 mostrò già mai con tutta l'Etiopia
24. 90 né con ciò che di sopra al Mar Rosso èe.

24. 91 Tra questa cruda e tristissima copia
24. 92 correan genti nude e spaventate,
24. 93 sanza sperar pertugio o elitropia:

24. 94 con serpi le man dietro avean legate;
24. 95 quelle ficcavan per le ren la coda
24. 96 e 'l capo, ed eran dinanzi aggroppate.

24. 97 Ed ecco a un ch'era da nostra proda,
24. 98 s'avventò un serpente che 'l trafisse
24. 99 là dove 'l collo a le spalle s'annoda.

24.100 Né O sì tosto mai né I si scrisse,
24.101 com'el s'accese e arse, e cener tutto
24.102 convenne che cascando divenisse;

24.103 e poi che fu a terra sì distrutto,
24.104 la polver si raccolse per sé stessa,
24.105 e 'n quel medesmo ritornò di butto.

24.106 Così per li gran savi si confessa
24.107 che la fenice more e poi rinasce,
24.108 quando al cinquecentesimo anno appressa;

24.109 erba né biado in sua vita non pasce,
24.110 ma sol d'incenso lagrime e d'amomo,
24.111 e nardo e mirra son l'ultime fasce.

24.112 E qual è quel che cade, e non sa como,
24.113 per forza di demon ch'a terra il tira,
24.114 o d'altra oppilazion che lega l'omo,

24.115 quando si leva, che 'ntorno si mira
24.116 tutto smarrito de la grande angoscia
24.117 ch'elli ha sofferta, e guardando sospira:

24.118 tal era il peccator levato poscia.
24.119 Oh potenza di Dio, quant'è severa,
24.120 che cotai colpi per vendetta croscia!

24.121 Lo duca il domandò poi chi ello era;
24.122 per ch'ei rispuose: «Io piovvi di Toscana,
24.123 poco tempo è, in questa gola fiera.

24.124 Vita bestial mi piacque e non umana,
24.125 sì come a mul ch'i' fui; son Vanni Fucci
24.126 bestia, e Pistoia mi fu degna tana».

24.127 E io al duca: «Dilli che non mucci,
24.128 e domanda che colpa qua giù 'l pinse;
24.129 ch'io 'l vidi uomo di sangue e di crucci».

24.130 E 'l peccator, che 'ntese, non s'infinse,
24.131 ma drizzò verso me l'animo e 'l volto,
24.132 e di trista vergogna si dipinse;

24.133 poi disse: «Più mi duol che tu m'hai colto
24.134 ne la miseria dove tu mi vedi,
24.135 che quando fui de l'altra vita tolto.

24.136 Io non posso negar quel che tu chiedi;
24.137 in giù son messo tanto perch'io fui
24.138 ladro a la sagrestia d'i belli arredi,

24.139 e falsamente già fu apposto altrui.
24.140 Ma perché di tal vista tu non godi,
24.141 se mai sarai di fuor da' luoghi bui,

24.142 apri li orecchi al mio annunzio, e odi:
24.143 Pistoia in pria d'i Neri si dimagra;
24.144 poi Fiorenza rinova gente e modi.

24.145 Tragge Marte vapor di Val di Magra
24.146 ch'è di torbidi nuvoli involuto;
24.147 e con tempesta impetuosa e agra

24.148 sovra Campo Picen fia combattuto;
24.149 ond'ei repente spezzerà la nebbia,
24.150 sì ch'ogne Bianco ne sarà feruto.
24.151 E detto l'ho perché doler ti debbia!».
Inferno - canto 25

25. 1 Al fine de le sue parole il ladro
25. 2 le mani alzò con amendue le fiche,
25. 3 gridando: «Togli, Dio, ch'a te le squadro!».

25. 4 Da indi in qua mi fuor le serpi amiche,
25. 5 perch'una li s'avvolse allora al collo,
25. 6 come dicesse "Non vo' che più diche";

25. 7 e un'altra a le braccia, e rilegollo,
25. 8 ribadendo sé stessa sì dinanzi,
25. 9 che non potea con esse dare un crollo.

25. 10 Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi
25. 11 d'incenerarti sì che più non duri,
25. 12 poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi?

25. 13 Per tutt'i cerchi de lo 'nferno scuri
25. 14 non vidi spirto in Dio tanto superbo,
25. 15 non quel che cadde a Tebe giù da' muri.

25. 16 El si fuggì che non parlò più verbo;
25. 17 e io vidi un centauro pien di rabbia
25. 18 venir chiamando: «Ov'è, ov'è l'acerbo?».

25. 19 Maremma non cred'io che tante n'abbia,
25. 20 quante bisce elli avea su per la groppa
25. 21 infin ove comincia nostra labbia.
25. 22 Sovra le spalle, dietro de la coppa,
25. 23 con l'ali aperte li giacea un draco;
25. 24 e quello affuoca qualunque s'intoppa.
25. 25 Lo mio maestro disse: &lt;&lt;Questi è Caco,
25. 26 che, sotto 'l sasso di monte Aventino,
25. 27 di sangue fece spesse volte laco.
25. 28 Non va co' suoi fratei per un cammino
25. 29 per lo furto che frodolente fece
25. 30 del grande armento ch'elli ebbe a vicino;
25. 31 onde cessar le sue opere biece
25. 32 sotto la mazza d'Ercule, che forse
25. 33 gliene diè cento, e non sentì le diece&gt;&gt;.
25. 34 Mentre che sì parlava, ed el trascorse,
25. 35 e tre spiriti venner sotto noi,
25. 36 de' quai né io né 'l duca mio s'accorse,
25. 37 se non quando gridar: &lt;&lt;Chi siete voi?&gt;&gt;;
25. 38 per che nostra novella si ristette,
25. 39 e intendemmo pur ad essi poi.
25. 40 Io non li conoscea; ma ei seguette,
25. 41 come suol seguitar per alcun caso,
25. 42 che l'un nomar un altro convenette,

25. 43 dicendo: «Cianfa dove fia rimaso?»;
25. 44 per ch'io, acciò che 'l duca stesse attento,
25. 45 mi puosi 'l dito su dal mento al naso.

25. 46 Se tu se' or, lettore, a creder lento
25. 47 ciò ch'io dirò, non sarà maraviglia,
25. 48 ché io che 'l vidi, a pena il mi consento.

25. 49 Com'io tenea levate in lor le ciglia,
25. 50 e un serpente con sei piè si lancia
25. 51 dinanzi a l'uno, e tutto a lui s'appiglia.

25. 52 Co' piè di mezzo li avvinse la pancia,
25. 53 e con li anterior le braccia prese;
25. 54 poi li addentò e l'una e l'altra guancia;

25. 55 li diretani a le cosce distese,
25. 56 e miseli la coda tra 'mbedue,
25. 57 e dietro per le ren sù la ritese.

25. 58 Ellera abbarbicata mai non fue
25. 59 ad alber sì, come l'orribil fiera
25. 60 per l'altrui membra avviticchiò le sue.

25. 61 Poi s'appiccar, come di calda cera
25. 62 fossero stati, e mischiar lor colore,
25. 63 né l'un né l'altro già parea quel ch'era:

25. 64 come procede innanzi da l'ardore,
25. 65 per lo papiro suso, un color bruno
25. 66 che non è nero ancora e 'l bianco more.

25. 67 Li altri due 'l riguardavano, e ciascuno
25. 68 gridava: «Omè, Agnel, come ti muti!
25. 69 Vedi che già non se' né due né uno».

25. 70 Già eran li due capi un divenuti,
25. 71 quando n'apparver due figure miste
25. 72 in una faccia, ov'eran due perduti.

25. 73 Fersi le braccia due di quattro liste;
25. 74 le cosce con le gambe e 'l ventre e 'l casso
25. 75 divenner membra che non fuor mai viste.

25. 76 Ogne primaio aspetto ivi era casso:
25. 77 due e nessun l'imagine perversa
25. 78 parea; e tal sen gio con lento passo.

25. 79 Come 'l ramarro sotto la gran fersa
25. 80 dei dì canicular, cangiando sepe,
25. 81 folgore par se la via attraversa,

25. 82 sì pareva, venendo verso c
25. 83 de li altri due, un serpentello acceso,
25. 84 livido e nero come gran di pepe;

25. 85 e quella parte onde prima è preso
25. 86 nostro alimento, a l'un di lor trafisse;
25. 87 poi cadde giuso innanzi lui disteso.

25. 88 Lo trafitto 'l mirò, ma nulla disse;
25. 89 anzi, co' piè fermati, sbadigliava
25. 90 pur come sonno o febbre l'assalisse.

25. 91 Elli 'l serpente, e quei lui riguardava;
25. 92 l'un per la piaga, e l'altro per la bocca
25. 93 fummavan forte, e 'l fummo si scontrava.

25. 94 Taccia Lucano ormai là dove tocca
25. 95 del misero Sabello e di Nasidio,
25. 96 e attenda a udir quel ch'or si scocca.

25. 97 Taccia di Cadmo e d'Aretusa Ovidio;
25. 98 ché se quello in serpente e quella in fonte
25. 99 converte poetando, io non lo 'nvidio;

25.100 ché due nature mai a fronte a fronte
25.101 non trasmutò sì ch'amendue le forme
25.102 a cambiar lor matera fosser pronte.

25.103 Insieme si rispuosero a tai norme,
25.104 che 'l serpente la coda in forca fesse,
25.105 e il feruto ristrinse insieme l'orme.

25.106 Le gambe con le cosce seco stesse
25.107 s'appiccar sì, che 'n poco la giuntura
25.108 non facea segno alcun che si paresse.

25.109 Togliea la coda fessa la figura
25.110 che si perdeva là, e la sua pelle
25.111 si facea molle, e quella di là dura.

25.112 Io vidi intrar le braccia per l'ascelle,
25.113 e i due piè de la fiera, ch'eran corti,
25.114 tanto allungar quanto accorciavan quelle.

25.115 Poscia li piè di retro, insieme attorti,
25.116 diventaron lo membro che l'uom cela,
25.117 e 'l misero del suo n'avea due porti.

25.118 Mentre che 'l fummo l'uno e l'altro vela
25.119 di color novo, e genera 'l pel suso
25.120 per l'una parte e da l'altra il dipela,

25.121 l'un si levò e l'altro cadde giuso,
25.122 non torcendo però le lucerne empie,
25.123 sotto le quai ciascun cambiava muso.

25.124 Quel ch'era dritto, il trasse ver' le tempie,
25.125 e di troppa matera ch'in là venne
25.126 uscir li orecchi de le gote scempie;

25.127 ciò che non corse in dietro e si ritenne
25.128 di quel soverchio, fé naso a la faccia
25.129 e le labbra ingrossò quanto convenne.

25.130 Quel che giacea, il muso innanzi caccia,
25.131 e li orecchi ritira per la testa
25.132 come face le corna la lumaccia;

25.133 e la lingua, ch'avea unita e presta
25.134 prima a parlar, si fende, e la forcuta
25.135 ne l'altro si richiude; e 'l fummo resta.

25.136 L'anima ch'era fiera divenuta,
25.137 suffolando si fugge per la valle,
25.138 e l'altro dietro a lui parlando sputa.

25.139 Poscia li volse le novelle spalle,
25.140 e disse a l'altro: «I' vo' che Buoso corra,
25.141 com'ho fatt'io, carpon per questo calle».

25.142 Così vid'io la settima zavorra
25.143 mutare e trasmutare; e qui mi scusi
25.144 la novità se fior la penna abborra.

25.145 E avvegna che li occhi miei confusi
25.146 fossero alquanto e l'animo smagato,
25.147 non poter quei fuggirsi tanto chiusi,

25.148 ch'i' non scorgessi ben Puccio Sciancato;
25.149 ed era quel che sol, di tre compagni
25.150 che venner prima, non era mutato;
25.151 l'altr'era quel che tu, Gaville, piagni.

Inferno - canto 26

26. 1 Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande,
26. 2 che per mare e per terra batti l'ali,
26. 3 e per lo 'nferno tuo nome si spande!

26. 4 Tra li ladron trovai cinque cotali
26. 5 tuoi cittadini onde mi ven vergogna,
26. 6 e tu in grande orranza non ne sali.

26. 7 Ma se presso al mattin del ver si sogna,
26. 8 tu sentirai di qua da picciol tempo
26. 9 di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna.

26. 10 E se già fosse, non saria per tempo.
26. 11 Così foss'ei, da che pur esser dee!
26. 12 ché più mi graverà, com'più m'attempo.

26. 13 Noi ci partimmo, e su per le scalee
26. 14 che n'avea fatto iborni a scender pria,
26. 15 rimontò 'l duca mio e trasse mee;

26. 16 e proseguendo la solinga via,
26. 17 tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio
26. 18 lo piè sanza la man non si spedia.

26. 19 Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio
26. 20 quando drizzo la mente a ciò ch'io vidi,
26. 21 e più lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio,

26. 22 perché non corra che virtù nol guidi;
26. 23 sì che, se stella bona o miglior cosa
26. 24 m'ha dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi.

26. 25 Quante 'l villan ch'al poggio si riposa,
26. 26 nel tempo che colui che 'l mondo schiara
26. 27 la faccia sua a noi tien meno ascosa,

26. 28 come la mosca cede alla zanzara,
26. 29 vede lucciole giù per la vallea,
26. 30 forse colà dov'e' vendemmia e ara:

26. 31 di tante fiamme tutta risplendea
26. 32 l'ottava bolgia, sì com'io m'accorsi
26. 33 tosto che fui là 've 'l fondo parea.

26. 34 E qual colui che si vengiò con li orsi
26. 35 vide 'l carro d'Elia al dipartire,
26. 36 quando i cavalli al cielo erti levorsi,

26. 37 che nol potea sì con li occhi seguire,
26. 38 ch'el vedesse altro che la fiamma sola,
26. 39 sì come nuvoletta, in sù salire:

26. 40 tal si move ciascuna per la gola
26. 41 del fosso, ché nessuna mostra 'l furto,
26. 42 e ogne fiamma un peccatore invola.

26. 43 Io stava sovra 'l ponte a veder surto,
26. 44 sì che s'io non avessi un ronchion preso,
26. 45 caduto sarei giù sanz'esser urto.

26. 46 E 'l duca che mi vide tanto atteso,
26. 47 disse: «Dentro dai fuochi son li spirti;
26. 48 catun si fascia di quel ch'elli è inceso».

26. 49 «Maestro mio», rispuos'io, «per udirti
26. 50 son io più certo; ma già m'era avviso
26. 51 che così fosse, e già voleva dirti:

26. 52 chi è 'n quel foco che vien sì diviso
26. 53 di sopra, che par surger de la pira
26. 54 dov'Eteòcle col fratel fu miso?».

26. 55 Rispuose a me: «Là dentro si martira
26. 56 Ulisse e Diomede, e così insieme
26. 57 a la vendetta vanno come a l'ira;

26. 58 e dentro da la lor fiamma si geme
26. 59 l'agguato del caval che fé la porta
26. 60 onde uscì de' Romani il gentil seme.

26. 61 Piangevisi entro l'arte per che, morta,
26. 62 Deidamìa ancor si duol d'Achille,
26. 63 e del Palladio pena vi si porta».

26. 64 «S'ei posson dentro da quelle faville
26. 65 parlar», diss'io, «maestro, assai ten priego
26. 66 e ripriego, che 'l priego vaglia mille,

26. 67 che non mi facci de l'attender niego
26. 68 fin che la fiamma cornuta qua vegna;
26. 69 vedi che del disio ver' lei mi piego!».

26. 70 Ed elli a me: «La tua preghiera è degna
26. 71 di molta loda, e io però l'accetto;
26. 72 ma fa che la tua lingua si sostegna.

26. 73 Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto
26. 74 ciò che tu vuoi; ch'ei sarebbero schivi,
26. 75 perch'e' fuor greci, forse del tuo detto».

26. 76 Poi che la fiamma fu venuta quivi
26. 77 dove parve al mio duca tempo e loco,
26. 78 in questa forma lui parlare audivi:

26. 79 «O voi che siete due dentro ad un foco,
26. 80 s'io meritai di voi mentre ch'io vissi,
26. 81 s'io meritai di voi assai o poco

26. 82 quando nel mondo li alti versi scrissi,
26. 83 non vi movete; ma l'un di voi dica
26. 84 dove, per lui, perduto a morir gissi».

26. 85 Lo maggior corno de la fiamma antica
26. 86 cominciò a crollarsi mormorando
26. 87 pur come quella cui vento affatica;

26. 88 indi la cima qua e là menando,
26. 89 come fosse la lingua che parlasse,
26. 90 gittò voce di fuori, e disse: «Quando

26. 91 mi diparti' da Circe, che sottrasse
26. 92 me più d'un anno là presso a Gaeta,
26. 93 prima che sì Enea la nomasse,

26. 94 né dolcezza di figlio, né la pieta
26. 95 del vecchio padre, né 'l debito amore
26. 96 lo qual dovea Penelopé far lieta,

26. 97 vincer potero dentro a me l'ardore
26. 98 ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto,
26. 99 e de li vizi umani e del valore;

26.100 ma misi me per l'alto mare aperto
26.101 sol con un legno e con quella compagna
26.102 picciola da la qual non fui diserto.

26.103 L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,
26.104 fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi,
26.105 e l'altre che quel mare intorno bagna.

26.106 Io e ' compagni eravam vecchi e tardi
26.107 quando venimmo a quella foce stretta
26.108 dov'Ercule segnò li suoi riguardi,

26.109 acciò che l'uom più oltre non si metta:
26.110 da la man destra mi lasciai Sibilia,
26.111 da l'altra già m'avea lasciata Setta.

26.112 "O frati", dissi "che per cento milia
26.113 perigli siete giunti a l'occidente,
26.114 a questa tanto picciola vigilia

26.115 d'i nostri sensi ch'è del rimanente,
26.116 non vogliate negar l'esperienza,
26.117 di retro al sol, del mondo sanza gente.

26.118 Considerate la vostra semenza:
26.119 fatti non foste a viver come bruti,
26.120 ma per seguir virtute e canoscenza''.

26.121 Li miei compagni fec'io sì aguti,
26.122 con questa orazion picciola, al cammino,
26.123 che a pena poscia li avrei ritenuti;

26.124 e volta nostra poppa nel mattino,
26.125 de' remi facemmo ali al folle volo,
26.126 sempre acquistando dal lato mancino.

26.127 Tutte le stelle già de l'altro polo
26.128 vedea la notte e 'l nostro tanto basso,
26.129 che non surgea fuor del marin suolo.

26.130 Cinque volte racceso e tante casso
26.131 lo lume era di sotto da la luna,
26.132 poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo,

26.133 quando n'apparve una montagna, bruna
26.134 per la distanza, e parvemi alta tanto
26.135 quanto veduta non avea alcuna.

26.136 Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
26.137 ché de la nova terra un turbo nacque,
26.138 e percosse del legno il primo canto.

26.139 Tre volte il fé girar con tutte l'acque;
26.140 a la quarta levar la poppa in suso
26.141 e la prora ire in giù, com'altrui piacque,
26.142 infin che 'l mar fu sovra noi richiuso».

Inferno - canto 27

27. 1 Già era dritta in sù la fiamma e queta
27. 2 per non dir più, e già da noi sen gia
27. 3 con la licenza del dolce poeta,

27. 4 quand'un'altra, che dietro a lei venia,
27. 5 ne fece volger li occhi a la sua cima
27. 6 per un confuso suon che fuor n'uscia.

27. 7 Come 'l bue cicilian che mugghiò prima
27. 8 col pianto di colui, e ciò fu dritto,
27. 9 che l'avea temperato con sua lima,

27. 10 mugghiava con la voce de l'afflitto,
27. 11 sì che, con tutto che fosse di rame,
27. 12 pur el pareva dal dolor trafitto;

27. 13 così, per non aver via né forame
27. 14 dal principio nel foco, in suo linguaggio
27. 15 si convertian le parole grame.

27. 16 Ma poscia ch'ebber colto lor viaggio
27. 17 su per la punta, dandole quel guizzo
27. 18 che dato avea la lingua in lor passaggio,

27. 19 udimmo dire: «O tu a cu' io drizzo
27. 20 la voce e che parlavi mo lombardo,
27. 21 dicendo "Istra ten va, più non t'adizzo",

27. 22 perch'io sia giunto forse alquanto tardo,
27. 23 non t'incresca restare a parlar meco;
27. 24 vedi che non incresce a me, e ardo!

27. 25 Se tu pur mo in questo mondo cieco
27. 26 caduto se' di quella dolce terra
27. 27 latina ond'io mia colpa tutta reco,

27. 28 dimmi se Romagnuoli han pace o guerra;
27. 29 ch'io fui de' monti là intra Orbino
27. 30 e 'l giogo di che Tever si diserra».

27. 31 Io era in giuso ancora attento e chino,
27. 32 quando il mio duca mi tentò di costa,
27. 33 dicendo: «Parla tu; questi è latino».

27. 34 E io, ch'avea già pronta la risposta,
27. 35 sanza indugio a parlare incominciai:
27. 36 «O anima che se' là giù nascosta,

27. 37 Romagna tua non è, e non fu mai,
27. 38 sanza guerra ne' cuor de' suoi tiranni;
27. 39 ma 'n palese nessuna or vi lasciai.

27. 40 Ravenna sta come stata è molt'anni:
27. 41 l'aguglia da Polenta la si cova,
27. 42 sì che Cervia ricuopre co' suoi vanni.

27. 43 La terra che fé già la lunga prova
27. 44 e di Franceschi sanguinoso mucchio,
27. 45 sotto le branche verdi si ritrova.

27. 46 E 'l mastin vecchio e 'l nuovo da Verrucchio,
27. 47 che fecer di Montagna il mal governo,
27. 48 là dove soglion fan d'i denti succhio.

27. 49 Le città di Lamone e di Santerno
27. 50 conduce il lioncel dal nido bianco,
27. 51 che muta parte da la state al verno.

27. 52 E quella cu' il Savio bagna il fianco,
27. 53 così com'ella sie' tra 'l piano e 'l monte
27. 54 tra tirannia si vive e stato franco.

27. 55 Ora chi se', ti priego che ne conte;
27. 56 non esser duro più ch'altri sia stato,
27. 57 se 'l nome tuo nel mondo tegna fronte».

27. 58 Poscia che 'l foco alquanto ebbe rugghiato
27. 59 al modo suo, l'aguta punta mosse
27. 60 di qua, di là, e poi diè cotal fiato:

27. 61 «S'i' credesse che mia risposta fosse
27. 62 a persona che mai tornasse al mondo,
27. 63 questa fiamma staria sanza più scosse;

27. 64 ma però che già mai di questo fondo
27. 65 non tornò vivo alcun, s'i' odo il vero,
27. 66 sanza tema d'infamia ti rispondo.

27. 67 Io fui uom d'arme, e poi fui cordigliero,
27. 68 credendomi, sì cinto, fare ammenda;
27. 69 e certo il creder mio venìa intero,

27. 70 se non fosse il gran prete, a cui mal prenda!,
27. 71 che mi rimise ne le prime colpe;
27. 72 e come e *quare*, voglio che m'intenda.

27. 73 Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe
27. 74 che la madre mi diè, l'opere mie
27. 75 non furon leonine, ma di volpe.

27. 76 Li accorgimenti e le coperte vie
27. 77 io seppi tutte, e sì menai lor arte,
27. 78 ch'al fine de la terra il suono uscie.

27. 79 Quando mi vidi giunto in quella parte
27. 80 di mia etade ove ciascun dovrebbe
27. 81 calar le vele e raccoglier le sarte,

27. 82 ciò che pria mi piacea, allor m'increbbe,
27. 83 e pentuto e confesso mi rendei;
27. 84 ahi miser lasso! e giovato sarebbe.

27. 85 Lo principe d'i novi Farisei,
27. 86 avendo guerra presso a Laterano,
27. 87 e non con Saracin né con Giudei,

27. 88 ché ciascun suo nimico era cristiano,
27. 89 e nessun era stato a vincer Acri
27. 90 né mercatante in terra di Soldano;

27. 91 né sommo officio né ordini sacri
27. 92 guardò in sé, né in me quel capestro
27. 93 che solea fare i suoi cinti più macri.

27. 94 Ma come Costantin chiese Silvestro
27. 95 d'entro Siratti a guerir de la lebbre;
27. 96 così mi chiese questi per maestro

27. 97 a guerir de la sua superba febbre:
27. 98 domandommi consiglio, e io tacetti
27. 99 perché le sue parole parver ebbre.

27.100 E' poi ridisse: "Tuo cuor non sospetti;
27.101 finor t'assolvo, e tu m'insegna fare
27.102 sì come Penestrino in terra getti.

27.103 Lo ciel poss'io serrare e diserrare,
27.104 come tu sai; però son due le chiavi
27.105 che 'l mio antecessor non ebbe care".

27.106 Allor mi pinser li argomenti gravi
27.107 là 've 'l tacer mi fu avviso 'l peggio,
27.108 e dissi: "Padre, da che tu mi lavi

27.109 di quel peccato ov'io mo cader deggio,
27.110 lunga promessa con l'attender corto
27.111 ti farà triunfar ne l'alto seggio".

27.112 Francesco venne poi com'io fu' morto,
27.113 per me; ma un d'i neri cherubini
27.114 li disse: "Non portar: non mi far torto.

27.115 Venir se ne dee giù tra ' miei meschini
27.116 perché diede 'l consiglio frodolente,
27.117 dal quale in qua stato li sono a' crini;

27.118 ch'assolver non si può chi non si pente,
27.119 né pentere e volere insieme puossi
27.120 per la contradizion che nol consente".

27.121 Oh me dolente! come mi riscossi
27.122 quando mi prese dicendomi: "Forse
27.123 tu non pensavi ch'io loico fossi!".

27.124 A Minòs mi portò; e quelli attorse
27.125 otto volte la coda al dosso duro;
27.126 e poi che per gran rabbia la si morse,

27.127 disse: "Questi è d'i rei del foco furo";
27.128 per ch'io là dove vedi son perduto,
27.129 e sì vestito, andando, mi rancuro».

27.130 Quand'elli ebbe 'l suo dir così compiuto,
27.131 la fiamma dolorando si partio,
27.132 torcendo e dibattendo 'l corno aguto.

27.133 Noi passamm'oltre, e io e 'l duca mio,
27.134 su per lo scoglio infino in su l'altr'arco
27.135 che cuopre 'l fosso in che si paga il fio
27.136 a quei che scommettendo acquistan carco.

Inferno - canto 28

28. 1 Chi poria mai pur con parole sciolte
28. 2 dicer del sangue e de le piaghe a pieno
28. 3 ch'i' ora vidi, per narrar più volte?

28. 4 Ogne lingua per certo verria meno
28. 5 per lo nostro sermone e per la mente
28. 6 c'hanno a tanto comprender poco seno.

28. 7 S'el s'aunasse ancor tutta la gente
28. 8 che già in su la fortunata terra
28. 9 di Puglia, fu del suo sangue dolente

28. 10 per li Troiani e per la lunga guerra
28. 11 che de l'anella fé sì alte spoglie,
28. 12 come Livio scrive, che non erra,

28. 13 con quella che sentio di colpi doglie
28. 14 per contastare a Ruberto Guiscardo;
28. 15 e l'altra il cui ossame ancor s'accoglie

28. 16 a Ceperan, là dove fu bugiardo
28. 17 ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,
28. 18 dove sanz'arme vinse il vecchio Alardo;

28. 19 e qual forato suo membro e qual mozzo
28. 20 mostrasse, d'aequar sarebbe nulla
28. 21 il modo de la nona bolgia sozzo.

28. 22 Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
28. 23 com'io vidi un, così non si pertugia,
28. 24 rotto dal mento infin dove si trulla.

28. 25 Tra le gambe pendevan le minugia;
28. 26 la corata pareva e 'l tristo sacco
28. 27 che merda fa di quel che si trangugia.

28. 28 Mentre che tutto in lui veder m'attacco,
28. 29 guardommi, e con le man s'aperse il petto,
28. 30 dicendo: «Or vedi com'io mi dilacco!

28. 31 vedi come storpiato è Maometto!
28. 32 Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
28. 33 fesso nel volto dal mento al ciuffetto.

28. 34 E tutti li altri che tu vedi qui,
28. 35 seminator di scandalo e di scisma
28. 36 fuor vivi, e però son fessi così.

28. 37 Un diavolo è qua dietro che n'accisma
28. 38 sì crudelmente, al taglio de la spada
28. 39 rimettendo ciascun di questa risma,

28. 40 quand'avem volta la dolente strada;
28. 41 però che le ferite son richiuse
28. 42 prima ch'altri dinanzi li rivada.

28. 43 Ma tu chi se' che 'n su lo scoglio muse,
28. 44 forse per indugiar d'ire a la pena
28. 45 ch'è giudicata in su le tue accuse?».

28. 46 «Né morte 'l giunse ancor, né colpa 'l mena»,
28. 47 rispuose 'l mio maestro «a tormentarlo;
28. 48 ma per dar lui esperienza piena,

28. 49 a me, che morto son, convien menarlo
28. 50 per lo 'nferno qua giù di giro in giro;
28. 51 e quest'è ver così com'io ti parlo».

28. 52 Più fuor di cento che, quando l'udiro,
28. 53 s'arrestaron nel fosso a riguardarmi
28. 54 per maraviglia obliando il martiro.

28. 55 «Or dì a fra Dolcin dunque che s'armi,
28. 56 tu che forse vedra' il sole in breve,
28. 57 s'ello non vuol qui tosto seguitarmi,

28. 58 sì di vivanda, che stretta di neve
28. 59 non rechi la vittoria al Noarese,
28. 60 ch'altrimenti acquistar non sarìa leve».

28. 61 Poi che l'un piè per girsene sospese,
28. 62 Maometto mi disse esta parola;
28. 63 indi a partirsi in terra lo distese.

28. 64 Un altro, che forata avea la gola
28. 65 e tronco 'l naso infin sotto le ciglia,
28. 66 e non avea mai ch'una orecchia sola,

28. 67 ristato a riguardar per maraviglia
28. 68 con li altri, innanzi a li altri aprì la canna,
28. 69 ch'era di fuor d'ogni parte vermiglia,

28. 70 e disse: «O tu cui colpa non condanna
28. 71 e cu' io vidi su in terra latina,
28. 72 se troppa simiglianza non m'inganna,

28. 73 rimembriti di Pier da Medicina,
28. 74 se mai torni a veder lo dolce piano
28. 75 che da Vercelli a Marcabò dichina.

28. 76 E fa saper a' due miglior da Fano,
28. 77 a messer Guido e anco ad Angiolello,
28. 78 che, se l'antiveder qui non è vano,

28. 79 gittati saran fuor di lor vasello
28. 80 e mazzerati presso a la Cattolica
28. 81 per tradimento d'un tiranno fello.

28. 82 Tra l'isola di Cipri e di Maiolica
28. 83 non vide mai sì gran fallo Nettuno,
28. 84 non da pirate, non da gente argolica.

28. 85 Quel traditor che vede pur con l'uno,
28. 86 e tien la terra che tale qui meco
28. 87 vorrebbe di vedere esser digiuno,

28. 88 farà venirli a parlamento seco;
28. 89 poi farà sì, ch'al vento di Focara
28. 90 non sarà lor mestier voto né preco».

28. 91 E io a lui: «Dimostrami e dichiara,
28. 92 se vuo' ch'i' porti sù di te novella,
28. 93 chi è colui da la veduta amara».

28. 94 Allor puose la mano a la mascella
28. 95 d'un suo compagno e la bocca li aperse,
28. 96 gridando: «Questi è desso, e non favella.

28. 97 Questi, scacciato, il dubitar sommerse
28. 98 in Cesare, affermando che 'l fornito
28. 99 sempre con danno l'attender sofferse».

28.100 Oh quanto mi pareva sbigottito
28.101 con la lingua tagliata ne la strozza
28.102 Curio, ch'a dir fu così ardito!

28.103 E un ch'avea l'una e l'altra man mozza,
28.104 levando i moncherin per l'aura fosca,
28.105 sì che 'l sangue facea la faccia sozza,

28.106 gridò: «Ricordera'ti anche del Mosca,
28.107 che disse, lasso!, "Capo ha cosa fatta",
28.108 che fu mal seme per la gente tosca».

28.109 E io li aggiunsi: «E morte di tua schiatta»;
28.110 per ch'elli, accumulando duol con duolo,
28.111 sen gio come persona trista e matta.

28.112 Ma io rimasi a riguardar lo stuolo,
28.113 e vidi cosa, ch'io avrei paura,
28.114 sanza più prova, di contarla solo;

28.115 se non che coscienza m'assicura,
28.116 la buona compagnia che l'uom francheggia
28.117 sotto l'asbergo del sentirsi pura.

28.118 Io vidi certo, e ancor par ch'io 'l veggia,
28.119 un busto sanza capo andar sì come
28.120 andavan li altri de la trista greggia;

28.121 e 'l capo tronco tenea per le chiome,
28.122 pesol con mano a guisa di lanterna;
28.123 e quel mirava noi e dicea: «Oh me!».

28.124 Di sé facea a sé stesso lucerna,
28.125 ed eran due in uno e uno in due:
28.126 com'esser può, quei sa che sì governa.

28.127 Quando diritto al piè del ponte fue,
28.128 levò 'l braccio alto con tutta la testa,
28.129 per appressarne le parole sue,

28.130 che fuoro: «Or vedi la pena molesta
28.131 tu che, spirando, vai veggendo i morti:
28.132 vedi s'alcuna è grande come questa.

28.133 E perché tu di me novella porti,
28.134 sappi ch'i' son Bertram dal Bornio, quelli
28.135 che diedi al re giovane i ma' conforti.

28.136 Io feci il padre e 'l figlio in sé ribelli:
28.137 Achitofèl non fé più d'Absalone
28.138 e di Davìd coi malvagi punzelli.

28.139 Perch'io parti' così giunte persone,
28.140 partito porto il mio cerebro, lasso!,
28.141 dal suo principio ch'è in questo troncone.
28.142 Così s'osserva in me lo contrapasso».

Inferno - canto 29

29. 1 La molta gente e le diverse piaghe
29. 2 avean le luci mie sì inebriate,
29. 3 che de lo stare a piangere eran vaghe.

29. 4 Ma Virgilio mi disse: «Che pur guate?
29. 5 perché la vista tua pur si soffolge
29. 6 là giù tra l'ombre triste smozzicate?

29. 7 Tu non hai fatto sì a l'altre bolge;
29. 8 pensa, se tu annoverar le credi,
29. 9 che miglia ventidue la valle volge.

29. 10 E già la luna è sotto i nostri piedi:
29. 11 lo tempo è poco omai che n'è concesso,
29. 12 e altro è da veder che tu non vedi».

29. 13 «Se tu avessi», rispuos'io appresso,
29. 14 «atteso a la cagion perch'io guardava,
29. 15 forse m'avresti ancor lo star dimesso».

29. 16 Parte sen giva, e io retro li andava,
29. 17 lo duca, già faccendo la risposta,
29. 18 e soggiugnendo: «Dentro a quella cava

29. 19 dov'io tenea or li occhi sì a posta,
29. 20 credo ch'un spirto del mio sangue pianga
29. 21 la colpa che là giù cotanto costa».

29. 22 Allor disse 'l maestro: «Non si franga
29. 23 lo tuo pensier da qui innanzi sovr'ello.
29. 24 Attendi ad altro, ed ei là si rimanga;

29. 25 ch'io vidi lui a piè del ponticello
29. 26 mostrarti, e minacciar forte, col dito,
29. 27 e udi' 'l nominar Geri del Bello.

29. 28 Tu eri allor sì del tutto impedito
29. 29 sovra colui che già tenne Altaforte,
29. 30 che non guardasti in là, sì fu partito».

29. 31 «O duca mio, la violenta morte
29. 32 che non li è vendicata ancor», diss'io,
29. 33 «per alcun che de l'onta sia consorte,

29. 34 fece lui disdegnoso; ond'el sen gio
29. 35 sanza parlarmi, sì com'io estimo:
29. 36 e in ciò m'ha el fatto a sé più pio».

29. 37 Così parlammo infino al loco primo
29. 38 che de lo scoglio l'altra valle mostra,
29. 39 se più lume vi fosse, tutto ad imo.

29. 40 Quando noi fummo sor l'ultima chiostra
29. 41 di Malebolge, sì che i suoi conversi
29. 42 potean parere a la veduta nostra,

29. 43 lamenti saettaron me diversi,
29. 44 che di pietà ferrati avean li strali;
29. 45 ond'io li orecchi con le man copersi.

29. 46 Qual dolor fora, se de li spedali,
29. 47 di Valdichiana tra 'l luglio e 'l settembre
29. 48 e di Maremma e di Sardigna i mali

29. 49 fossero in una fossa tutti 'nsembre,
29. 50 tal era quivi, e tal puzzo n'usciva
29. 51 qual suol venir de le marcite membre.

29. 52 Noi discendemmo in su l'ultima riva
29. 53 del lungo scoglio, pur da man sinistra;
29. 54 e allor fu la mia vista più viva

29. 55 giù ver lo fondo, la 've la ministra
29. 56 de l'alto Sire infallibil giustizia
29. 57 punisce i falsador che qui registra.

29. 58 Non credo ch'a veder maggior tristizia
29. 59 fosse in Egina il popol tutto infermo,
29. 60 quando fu l'aere sì pien di malizia,

29. 61 che li animali, infino al picciol vermo,
29. 62 cascaron tutti, e poi le genti antiche,
29. 63 secondo che i poeti hanno per fermo,

29. 64 si ristorar di seme di formiche;
29. 65 ch'era a veder per quella oscura valle
29. 66 languir li spirti per diverse biche.

29. 67 Qual sovra 'l ventre, e qual sovra le spalle
29. 68 l'un de l'altro giacea, e qual carpone
29. 69 si trasmutava per lo tristo calle.

29. 70 Passo passo andavam sanza sermone,
29. 71 guardando e ascoltando li ammalati,
29. 72 che non potean levar le lor persone.

29. 73 Io vidi due sedere a sé poggiati,
29. 74 com'a scaldar si poggia tegghia a tegghia,
29. 75 dal capo al piè di schianze macolati;

29. 76 e non vidi già mai menare stregghia
29. 77 a ragazzo aspettato dal segnorso,
29. 78 né a colui che mal volontier vegghia,

29. 79 come ciascun menava spesso il morso
29. 80 de l'unghie sopra sé per la gran rabbia
29. 81 del pizzicor, che non ha più soccorso;

29. 82 e sì traevan giù l'unghie la scabbia,
29. 83 come coltel di scardova le scaglie
29. 84 o d'altro pesce che più larghe l'abbia.

29. 85 «O tu che con le dita ti dismaglie»,
29. 86 cominciò 'l duca mio a l'un di loro,
29. 87 «e che fai d'esse talvolta tanaglie,

29. 88 dinne s'alcun Latino è tra costoro
29. 89 che son quinc'entro, se l'unghia ti basti
29. 90 etternalmente a cotesto lavoro».

29. 91 «Latin siam noi, che tu vedi sì guasti
29. 92 qui ambedue», rispuose l'un piangendo;
29. 93 «ma tu chi se' che di noi dimandasti?».

29. 94 E 'l duca disse: «I' son un che discendo
29. 95 con questo vivo giù di balzo in balzo,
29. 96 e di mostrar lo 'nferno a lui intendo».

29. 97 Allor si ruppe lo comun rincalzo;
29. 98 e tremando ciascuno a me si volse
29. 99 con altri che l'udiron c.

29.100 Lo buon maestro a me tutto s'accolse,
29.101 dicendo: «Dì a lor ciò che tu vuoli»;
29.102 e io incominciai, poscia ch'ei volse:

29.103 «Se la vostra memoria non s'imboli
29.104 nel primo mondo da l'umane menti,
29.105 ma s'ella viva sotto molti soli,

29.106 ditemi chi voi siete e di che genti;
29.107 la vostra sconcia e fastidiosa pena
29.108 di palesarvi a me non vi spaventi».

29.109 «Io fui d'Arezzo, e Albero da Siena»,
29.110 rispuose l'un, «mi fé mettere al foco;
29.111 ma quel per ch'io mori' qui non mi mena.

29.112 Vero è ch'i' dissi lui, parlando a gioco:
29.113 I' mi saprei levar per l'aere a volo;
29.114 e quei, ch'avea vaghezza e senno poco,

29.115 volle ch'i' li mostrassi l'arte; e solo
29.116 perch'io nol feci Dedalo, mi fece
29.117 ardere a tal che l'avea per figliuolo.

29.118 Ma nell 'ultima bolgia de le diece
29.119 me per l'alchìmia che nel mondo usai
29.120 dannò Minòs, a cui fallar non lece».

29.121 E io dissi al poeta: «Or fu già mai
29.122 gente sì vana come la sanese?
29.123 Certo non la francesca sì d'assai!».

29.124 Onde l'altro lebbroso, che m'intese,
29.125 rispuose al detto mio: «Tra'mene Stricca
29.126 che seppe far le temperate spese,

29.127 e Niccolò che la costuma ricca
29.128 del garofano prima discoverse
29.129 ne l'orto dove tal seme s'appicca;

29.130 e tra'ne la brigata in che disperse
29.131 Caccia d'Ascian la vigna e la gran fonda,
29.132 e l'Abbagliato suo senno proferse.

29.133 Ma perché sappi chi sì ti seconda
29.134 contra i Sanesi, aguzza ver me l'occhio,
29.135 sì che la faccia mia ben ti risponda:

29.136 sì vedrai ch'io son l'ombra di Capocchio,
29.137 che falsai li metalli con l'alchìmia;
29.138 e te dee ricordar, se ben t'adocchio,
29.139 com'io fui di natura buona scimia».


Inferno - canto 30

30. 1 Nel tempo che Iunone era crucciata
30. 2 per Semelè contra 'l sangue tebano,
30. 3 come mostrò una e altra fiata,

30. 4 Atamante divenne tanto insano,
30. 5 che veggendo la moglie con due figli
30. 6 andar carcata da ciascuna mano,

30. 7 gridò: «Tendiam le reti, sì ch'io pigli
30. 8 la leonessa e ' leoncini al varco»;
30. 9 e poi distese i dispietati artigli,

30. 10 prendendo l'un ch'avea nome Learco,
30. 11 e rotollo e percosselo ad un sasso;
30. 12 e quella s'annegò con l'altro carco.

30. 13 E quando la fortuna volse in basso
30. 14 l'altezza de' Troian che tutto ardiva,
30. 15 sì che 'nsieme col regno il re fu casso,

30. 16 Ecuba trista, misera e cattiva,
30. 17 poscia che vide Polissena morta,
30. 18 e del suo Polidoro in su la riva

30. 19 del mar si fu la dolorosa accorta,
30. 20 forsennata latrò sì come cane;
30. 21 tanto il dolor le fé la mente torta.

30. 22 Ma né di Tebe furie né troiane
30. 23 si vider mai in alcun tanto crude,
30. 24 non punger bestie, nonché membra umane,

30. 25 quant'io vidi in due ombre smorte e nude,
30. 26 che mordendo correvan di quel modo
30. 27 che 'l porco quando del porcil si schiude.

30. 28 L'una giunse a Capocchio, e in sul nodo
30. 29 del collo l'assannò, sì che, tirando,
30. 30 grattar li fece il ventre al fondo sodo.

30. 31 E l'Aretin che rimase, tremando
30. 32 mi disse: «Quel folletto è Gianni Schicchi,
30. 33 e va rabbioso altrui così conciando».

30. 34 «Oh!», diss'io lui, «se l'altro non ti ficchi
30. 35 li denti a dosso, non ti sia fatica
30. 36 a dir chi è, pria che di qui si spicchi».

30. 37 Ed elli a me: «Quell'è l'anima antica
30. 38 di Mirra scellerata, che divenne
30. 39 al padre fuor del dritto amore amica.

30. 40 Questa a peccar con esso così venne,
30. 41 falsificando sé in altrui forma,
30. 42 come l'altro che là sen va, sostenne,

30. 43 per guadagnar la donna de la torma,
30. 44 falsificare in sé Buoso Donati,
30. 45 testando e dando al testamento norma».

30. 46 E poi che i due rabbiosi fuor passati
30. 47 sovra cu' io avea l'occhio tenuto,
30. 48 rivolsilo a guardar li altri mal nati.

30. 49 Io vidi un, fatto a guisa di leuto,
30. 50 pur ch'elli avesse avuta l'anguinaia
30. 51 tronca da l'altro che l'uomo ha forcuto.

30. 52 La grave idropesì, che sì dispaia
30. 53 le membra con l'omor che mal converte,
30. 54 che 'l viso non risponde a la ventraia,

30. 55 facea lui tener le labbra aperte
30. 56 come l'etico fa, che per la sete
30. 57 l'un verso 'l mento e l'altro in sù rinverte.

30. 58 «O voi che sanz'alcuna pena siete,
30. 59 e non so io perché, nel mondo gramo»,
30. 60 diss'elli a noi, «guardate e attendete

30. 61 a la miseria del maestro Adamo:
30. 62 io ebbi vivo assai di quel ch'i' volli,
30. 63 e ora, lasso!, un gocciol d'acqua bramo.

30. 64 Li ruscelletti che d'i verdi colli
30. 65 del Casentin discendon giuso in Arno,
30. 66 faccendo i lor canali freddi e molli,

30. 67 sempre mi stanno innanzi, e non indarno,
30. 68 ché l'imagine lor vie più m'asciuga
30. 69 che 'l male ond'io nel volto mi discarno.

30. 70 La rigida giustizia che mi fruga
30. 71 tragge cagion del loco ov'io peccai
30. 72 a metter più li miei sospiri in fuga.

30. 73 Ivi è Romena, là dov'io falsai
30. 74 la lega suggellata del Batista;
30. 75 per ch'io il corpo sù arso lasciai.

30. 76 Ma s'io vedessi qui l'anima trista
30. 77 di Guido o d'Alessandro o di lor frate,
30. 78 per Fonte Branda non darei la vista.

30. 79 Dentro c'è l'una già, se l'arrabbiate
30. 80 ombre che vanno intorno dicon vero;
30. 81 ma che mi val, c'ho le membra legate?

30. 82 S'io fossi pur di tanto ancor leggero
30. 83 ch'i' potessi in cent'anni andare un'oncia,
30. 84 io sarei messo già per lo sentiero,

30. 85 cercando lui tra questa gente sconcia,
30. 86 con tutto ch'ella volge undici miglia,
30. 87 e men d'un mezzo di traverso non ci ha.

30. 88 Io son per lor tra sì fatta famiglia:
30. 89 e' m'indussero a batter li fiorini
30. 90 ch'avevan tre carati di mondiglia».

30. 91 E io a lui: «Chi son li due tapini
30. 92 che fumman come man bagnate 'l verno,
30. 93 giacendo stretti a' tuoi destri confini?».

30. 94 «Qui li trovai - e poi volta non dierno - »,
30. 95 rispuose, «quando piovvi in questo greppo,
30. 96 e non credo che dieno in sempiterno.

30. 97 L'una è la falsa ch'accusò Gioseppo;
30. 98 l'altr'è 'l falso Sinon greco di Troia:
30. 99 per febbre aguta gittan tanto leppo».

30.100 E l'un di lor, che si recò a noia
30.101 forse d'esser nomato sì oscuro,
30.102 col pugno li percosse l'epa croia.

30.103 Quella sonò come fosse un tamburo;
30.104 e mastro Adamo li percosse il volto
30.105 col braccio suo, che non parve men duro,

30.106 dicendo a lui: «Ancor che mi sia tolto
30.107 lo muover per le membra che son gravi,
30.108 ho io il braccio a tal mestiere sciolto».

30.109 Ond'ei rispuose: «Quando tu andavi
30.110 al fuoco, non l'avei tu così presto;
30.111 ma sì e più l'avei quando coniavi».

30.112 E l'idropico: «Tu di' ver di questo:
30.113 ma tu non fosti sì ver testimonio
30.114 là 've del ver fosti a Troia richesto».

30.115 «S'io dissi falso, e tu falsasti il conio»,
30.116 disse Sinon; «e son qui per un fallo,
30.117 e tu per più ch'alcun altro demonio!».

30.118 «Ricorditi, spergiuro, del cavallo»,
30.119 rispuose quel ch'avea infiata l'epa;
30.120 «e sieti reo che tutto il mondo sallo!».

30.121 «E te sia rea la sete onde ti crepa»,
30.122 disse 'l Greco, «la lingua, e l'acqua marcia
30.123 che 'l ventre innanzi a li occhi sì t'assiepa!».

30.124 Allora il monetier: «Così si squarcia
30.125 la bocca tua per tuo mal come suole;
30.126 ché s'i' ho sete e omor mi rinfarcia,

30.127 tu hai l'arsura e 'l capo che ti duole,
30.128 e per leccar lo specchio di Narcisso,
30.129 non vorresti a 'nvitar molte parole».

30.130 Ad ascoltarli er'io del tutto fisso,
30.131 quando 'l maestro mi disse: «Or pur mira,
30.132 che per poco che teco non mi risso!».

30.133 Quand'io 'l senti' a me parlar con ira,
30.134 volsimi verso lui con tal vergogna,
30.135 ch'ancor per la memoria mi si gira.

30.136 Qual è colui che suo dannaggio sogna,
30.137 che sognando desidera sognare,
30.138 sì che quel ch'è, come non fosse, agogna,

30.139 tal mi fec'io, non possendo parlare,
30.140 che disiava scusarmi, e scusava
30.141 me tuttavia, e nol mi credea fare.

30.142 «Maggior difetto men vergogna lava»,
30.143 disse 'l maestro, «che 'l tuo non è stato;
30.144 però d'ogne trestizia ti disgrava.

30.145 E fa ragion ch'io ti sia sempre allato,
30.146 se più avvien che fortuna t'accoglia
30.147 dove sien genti in simigliante piato:
30.148 ché voler ciò udire è bassa voglia».
Inferno - canto 31

31. 1 Una medesma lingua pria mi morse,
31. 2 sì che mi tinse l'una e l'altra guancia,
31. 3 e poi la medicina mi riporse;

31. 4 così od'io che solea far la lancia
31. 5 d'Achille e del suo padre esser cagione
31. 6 prima di trista e poi di buona mancia.

31. 7 Noi demmo il dosso al misero vallone
31. 8 su per la ripa che 'l cinge dintorno,
31. 9 attraversando sanza alcun sermone.

31. 10 Quiv'era men che notte e men che giorno,
31. 11 sì che 'l viso m'andava innanzi poco;
31. 12 ma io senti' sonare un alto corno,

31. 13 tanto ch'avrebbe ogne tuon fatto fioco,
31. 14 che, contra sé la sua via seguitando,
31. 15 dirizzò li occhi miei tutti ad un loco.

31. 16 Dopo la dolorosa rotta, quando
31. 17 Carlo Magno perdé la santa gesta,
31. 18 non sonò sì terribilmente Orlando.

31. 19 Poco portai in là volta la testa,
31. 20 che me parve veder molte alte torri;
31. 21 ond'io: «Maestro, di', che terra è questa?».

31. 22 Ed elli a me: «Però che tu trascorri
31. 23 per le tenebre troppo da la lungi,
31. 24 avvien che poi nel maginare abborri.

31. 25 Tu vedrai ben, se tu là ti congiungi,
31. 26 quanto 'l senso s'inganna di lontano;
31. 27 però alquanto più te stesso pungi».

31. 28 Poi caramente mi prese per mano,
31. 29 e disse: «Pria che noi siamo più avanti,
31. 30 acciò che 'l fatto men ti paia strano,

31. 31 sappi che non son torri, ma giganti,
31. 32 e son nel pozzo intorno da la ripa
31. 33 da l'umbilico in giuso tutti quanti».

31. 34 Come quando la nebbia si dissipa,
31. 35 lo sguardo a poco a poco raffigura
31. 36 ciò che cela 'l vapor che l'aere stipa,

31. 37 così forando l'aura grossa e scura,
31. 38 più e più appressando ver' la sponda,
31. 39 fuggiemi errore e cresciemi paura;

31. 40 però che come su la cerchia tonda
31. 41 Montereggion di torri si corona,
31. 42 così la proda che 'l pozzo circonda

31. 43 torreggiavan di mezza la persona
31. 44 li orribili giganti, cui minaccia
31. 45 Giove del cielo ancora quando tuona.

31. 46 E io scorgeva già d'alcun la faccia,
31. 47 le spalle e 'l petto e del ventre gran parte,
31. 48 e per le coste giù ambo le braccia.

31. 49 Natura certo, quando lasciò l'arte
31. 50 di sì fatti animali, assai fé bene
31. 51 per tòrre tali essecutori a Marte.

31. 52 E s'ella d'elefanti e di balene
31. 53 non si pente, chi guarda sottilmente,
31. 54 più giusta e più discreta la ne tene;

31. 55 ché dove l'argomento de la mente
31. 56 s'aggiugne al mal volere e a la possa,
31. 57 nessun riparo vi può far la gente.

31. 58 La faccia sua mi parea lunga e grossa
31. 59 come la pina di San Pietro a Roma,
31. 60 e a sua proporzione eran l'altre ossa;

31. 61 sì che la ripa, ch'era perizoma
31. 62 dal mezzo in giù, ne mostrava ben tanto
31. 63 di sovra, che di giugnere a la chioma

31. 64 tre Frison s'averien dato mal vanto;
31. 65 però ch'i' ne vedea trenta gran palmi
31. 66 dal loco in giù dov'omo affibbia 'l manto.

31. 67 «*Raphèl maì amècche zabì almi*»,
31. 68 cominciò a gridar la fiera bocca,
31. 69 cui non si convenia più dolci salmi.

31. 70 E 'l duca mio ver lui: «Anima sciocca,
31. 71 tienti col corno, e con quel ti disfoga
31. 72 quand'ira o altra passion ti tocca!

31. 73 Cércati al collo, e troverai la soga
31. 74 che 'l tien legato, o anima confusa,
31. 75 e vedi lui che 'l gran petto ti doga».

31. 76 Poi disse a me: «Elli stessi s'accusa;
31. 77 questi è Nembrotto per lo cui mal coto
31. 78 pur un linguaggio nel mondo non s'usa.

31. 79 Lasciànlo stare e non parliamo a vòto;
31. 80 ché così è a lui ciascun linguaggio
31. 81 come 'l suo ad altrui, ch'a nullo è noto».

31. 82 Facemmo adunque più lungo viaggio,
31. 83 vòlti a sinistra; e al trar d'un balestro,
31. 84 trovammo l'altro assai più fero e maggio.

31. 85 A cigner lui qual che fosse 'l maestro,
31. 86 non so io dir, ma el tenea soccinto
31. 87 dinanzi l'altro e dietro il braccio destro

31. 88 d'una catena che 'l tenea avvinto
31. 89 dal collo in giù, sì che 'n su lo scoperto
31. 90 si ravvolgea infino al giro quinto.

31. 91 «Questo superbo volle esser esperto
31. 92 di sua potenza contra 'l sommo Giove»,
31. 93 disse 'l mio duca, «ond'elli ha cotal merto.

31. 94 Fialte ha nome, e fece le gran prove
31. 95 quando i giganti fer paura a' dèi;
31. 96 le braccia ch'el menò, già mai non move».

31. 97 E io a lui: «S'esser puote, io vorrei
31. 98 che de lo smisurato Briareo
31. 99 esperienza avesser li occhi miei».

31.100 Ond'ei rispuose: «Tu vedrai Anteo
31.101 presso di qui che parla ed è disciolto,
31.102 che ne porrà nel fondo d'ogne reo.

31.103 Quel che tu vuo' veder, più là è molto,
31.104 ed è legato e fatto come questo,
31.105 salvo che più feroce par nel volto».

31.106 Non fu tremoto già tanto rubesto,
31.107 che scotesse una torre così forte,
31.108 come Fialte a scuotersi fu presto.

31.109 Allor temett'io più che mai la morte,
31.110 e non v'era mestier più che la dotta,
31.111 s'io non avessi viste le ritorte.

31.112 Noi procedemmo più avante allotta,
31.113 e venimmo ad Anteo, che ben cinque alle,
31.114 sanza la testa, uscia fuor de la grotta.

31.115 «O tu che ne la fortunata valle
31.116 che fece Scipion di gloria reda,
31.117 quand'Anibàl co' suoi diede le spalle,

31.118 recasti già mille leon per preda,
31.119 e che, se fossi stato a l'alta guerra
31.120 de'tuoi fratelli, ancor par che si creda

31.121 ch'avrebber vinto i figli de la terra;
31.122 mettine giù, e non ten vegna schifo,
31.123 dove Cocito la freddura serra.

31.124 Non ci fare ire a Tizio né a Tifo:
31.125 questi può dar di quel che qui si brama;
31.126 però ti china, e non torcer lo grifo.

31.127 Ancor ti può nel mondo render fama,
31.128 ch'el vive, e lunga vita ancor aspetta
31.129 se 'nnanzi tempo grazia a sé nol chiama».

31.130 Così disse 'l maestro; e quelli in fretta
31.131 le man distese, e prese 'l duca mio,
31.132 ond'Ercule sentì già grande stretta.

31.133 Virgilio, quando prender si sentio,
31.134 disse a me: «Fatti qua, sì ch'io ti prenda»;
31.135 poi fece sì ch'un fascio era elli e io.

31.136 Qual pare a riguardar la Carisenda
31.137 sotto 'l chinato, quando un nuvol vada
31.138 sovr'essa sì, ched ella incontro penda;

31.139 tal parve Anteo a me che stava a bada
31.140 di vederlo chinare, e fu tal ora
31.141 ch'i' avrei voluto ir per altra strada.

31.142 Ma lievemente al fondo che divora
31.143 Lucifero con Giuda, ci sposò;
31.144 né sì chinato, lì fece dimora,
31.145 e come albero in nave si levò.
Inferno - canto 32

32. 1 S'io avessi le rime aspre e chiocce,
32. 2 come si converrebbe al tristo buco
32. 3 sovra 'l qual pontan tutte l'altre rocce,

32. 4 io premerei di mio concetto il suco
32. 5 più pienamente; ma perch'io non l'abbo,
32. 6 non sanza tema a dicer mi conduco;

32. 7 ché non è impresa da pigliare a gabbo
32. 8 discriver fondo a tutto l'universo,
32. 9 né da lingua che chiami mamma o babbo.

32. 10 Ma quelle donne aiutino il mio verso
32. 11 ch'aiutaro Anfione a chiuder Tebe,
32. 12 sì che dal fatto il dir non sia diverso.

32. 13 Oh sovra tutte mal creata plebe
32. 14 che stai nel loco onde parlare è duro,
32. 15 mei foste state qui pecore o zebe!

32. 16 Come noi fummo giù nel pozzo scuro
32. 17 sotto i piè del gigante assai più bassi,
32. 18 e io mirava ancora a l'alto muro,

32. 19 dicere udi'mi: «Guarda come passi:
32. 20 va sì, che tu non calchi con le piante
32. 21 le teste de' fratei miseri lassi».

32. 22 Per ch'io mi volsi, e vidimi davante
32. 23 e sotto i piedi un lago che per gelo
32. 24 avea di vetro e non d'acqua sembiante.

32. 25 Non fece al corso suo sì grosso velo
32. 26 di verno la Danoia in Osterlicchi,
32. 27 né Tanai là sotto 'l freddo cielo,

32. 28 com'era quivi; che se Tambernicchi
32. 29 vi fosse sù caduto, o Pietrapana,
32. 30 non avria pur da l'orlo fatto cricchi.

32. 31 E come a gracidar si sta la rana
32. 32 col muso fuor de l'acqua, quando sogna
32. 33 di spigolar sovente la villana;

32. 34 livide, insin là dove appar vergogna
32. 35 eran l'ombre dolenti ne la ghiaccia,
32. 36 mettendo i denti in nota di cicogna.

32. 37 Ognuna in giù tenea volta la faccia;
32. 38 da bocca il freddo, e da li occhi il cor tristo
32. 39 tra lor testimonianza si procaccia.

32. 40 Quand'io m'ebbi dintorno alquanto visto,
32. 41 volsimi a' piedi, e vidi due sì stretti,
32. 42 che 'l pel del capo avieno insieme misto.

32. 43 «Ditemi, voi che sì strignete i petti»,
32. 44 diss'io, «chi siete?». E quei piegaro i colli;
32. 45 e poi ch'ebber li visi a me eretti,

32. 46 li occhi lor, ch'eran pria pur dentro molli,
32. 47 gocciar su per le labbra, e 'l gelo strinse
32. 48 le lagrime tra essi e riserrolli.

32. 49 Con legno legno spranga mai non cinse
32. 50 forte così; ond'ei come due becchi
32. 51 cozzaro insieme, tanta ira li vinse.

32. 52 E un ch'avea perduti ambo li orecchi
32. 53 per la freddura, pur col viso in giùe,
32. 54 disse: «Perché cotanto in noi ti specchi?

32. 55 Se vuoi saper chi son cotesti due,
32. 56 la valle onde Bisenzo si dichina
32. 57 del padre loro Alberto e di lor fue.

32. 58 D'un corpo usciro; e tutta la Caina
32. 59 potrai cercare, e non troverai ombra
32. 60 degna più d'esser fitta in gelatina;

32. 61 non quelli a cui fu rotto il petto e l'ombra
32. 62 con esso un colpo per la man d'Artù;
32. 63 non Focaccia; non questi che m'ingombra

32. 64 col capo sì, ch'i' non veggio oltre più,
32. 65 e fu nomato Sassol Mascheroni;
32. 66 se tosco se', ben sai omai chi fu.

32. 67 E perché non mi metti in più sermoni,
32. 68 sappi ch'i' fu' il Camicion de' Pazzi;
32. 69 e aspetto Carlin che mi scagioni».

32. 70 Poscia vid'io mille visi cagnazzi
32. 71 fatti per freddo; onde mi vien riprezzo,
32. 72 e verrà sempre, de' gelati guazzi.

32. 73 E mentre ch'andavamo inver' lo mezzo
32. 74 al quale ogne gravezza si rauna,
32. 75 e io tremava ne l'etterno rezzo;

32. 76 se voler fu o destino o fortuna,
32. 77 non so; ma, passeggiando tra le teste,
32. 78 forte percossi 'l piè nel viso ad una.

32. 79 Piangendo mi sgridò: «Perché mi peste?
32. 80 se tu non vieni a crescer la vendetta
32. 81 di Montaperti, perché mi moleste?».

32. 82 E io: «Maestro mio, or qui m'aspetta,
32. 83 si ch'io esca d'un dubbio per costui;
32. 84 poi mi farai, quantunque vorrai, fretta».

32. 85 Lo duca stette, e io dissi a colui
32. 86 che bestemmiava duramente ancora:
32. 87 «Qual se' tu che così rampogni altrui?».

32. 88 «Or tu chi se' che vai per l'Antenora,
32. 89 percotendo», rispuose, «altrui le gote,
32. 90 sì che, se fossi vivo, troppo fora?».

32. 91 «Vivo son io, e caro esser ti puote»,
32. 92 fu mia risposta, «se dimandi fama,
32. 93 ch'io metta il nome tuo tra l'altre note».

32. 94 Ed elli a me: «Del contrario ho io brama.
32. 95 Lèvati quinci e non mi dar più lagna,
32. 96 ché mal sai lusingar per questa lama!».

32. 97 Allor lo presi per la cuticagna,
32. 98 e dissi: «El converrà che tu ti nomi,
32. 99 o che capel qui sù non ti rimagna».

32.100 Ond'elli a me: «Perché tu mi dischiomi,
32.101 né ti dirò ch'io sia, né mosterrolti,
32.102 se mille fiate in sul capo mi tomi».

32.103 Io avea già i capelli in mano avvolti,
32.104 e tratto glien'avea più d'una ciocca,
32.105 latrando lui con li occhi in giù raccolti,

32.106 quando un altro gridò: «Che hai tu, Bocca?
32.107 non ti basta sonar con le mascelle,
32.108 se tu non latri? qual diavol ti tocca?».

32.109 «Omai», diss'io, «non vo' che più favelle,
32.110 malvagio traditor; ch'a la tua onta
32.111 io porterò di te vere novelle».

32.112 «Va via», rispuose, «e ciò che tu vuoi conta;
32.113 ma non tacer, se tu di qua entro eschi,
32.114 di quel ch'ebbe or così la lingua pronta.

32.115 El piange qui l'argento de' Franceschi:
32.116 "Io vidi", potrai dir, "quel da Duera
32.117 là dove i peccatori stanno freschi".

32.118 Se fossi domandato "Altri chi v'era?",
32.119 tu hai dallato quel di Beccheria
32.120 di cui segò Fiorenza la gorgiera.

32.121 Gianni de' Soldanier credo che sia
32.122 più là con Ganellone e Tebaldello,
32.123 ch'aprì Faenza quando si dormia».

32.124 Noi eravam partiti già da ello,
32.125 ch'io vidi due ghiacciati in una buca,
32.126 sì che l'un capo a l'altro era cappello;

32.127 e come 'l pan per fame si manduca,
32.128 così 'l sovran li denti a l'altro pose
32.129 là 've 'l cervel s'aggiugne con la nuca:

32.130 non altrimenti Tideo si rose
32.131 le tempie a Menalippo per disdegno,
32.132 che quei faceva il teschio e l'altre cose.

32.133 «O tu che mostri per sì bestial segno
32.134 odio sovra colui che tu ti mangi,
32.135 dimmi 'l perché», diss'io, «per tal convegno,

32.136 che se tu a ragion di lui ti piangi,
32.137 sappiendo chi voi siete e la sua pecca,
32.138 nel mondo suso ancora io te ne cangi,
32.139 se quella con ch'io parlo non si secca».

Inferno - canto 33

33. 1 La bocca sollevò dal fiero pasto
33. 2 quel peccator, forbendola a' capelli
33. 3 del capo ch'elli avea di retro guasto.

33. 4 Poi cominciò: «Tu vuo' ch'io rinovelli
33. 5 disperato dolor che 'l cor mi preme
33. 6 già pur pensando, pria ch'io ne favelli.

33. 7 Ma se le mie parole esser dien seme
33. 8 che frutti infamia al traditor ch'i' rodo,
33. 9 parlar e lagrimar vedrai insieme.

33. 10 Io non so chi tu se' né per che modo
33. 11 venuto se' qua giù; ma fiorentino
33. 12 mi sembri veramente quand'io t'odo.

33. 13 Tu dei saper ch'i' fui conte Ugolino,
33. 14 e questi è l'arcivescovo Ruggieri:
33. 15 or ti dirò perché i son tal vicino.

33. 16 Che per l'effetto de' suo' mai pensieri,
33. 17 fidandomi di lui, io fossi preso
33. 18 e poscia morto, dir non è mestieri;

33. 19 però quel che non puoi avere inteso,
33. 20 cioè come la morte mia fu cruda,
33. 21 udirai, e saprai s'e' m'ha offeso.

33. 22 Breve pertugio dentro da la Muda
33. 23 la qual per me ha 'l titol de la fame,
33. 24 e che conviene ancor ch'altrui si chiuda,

33. 25 m'avea mostrato per lo suo forame
33. 26 più lune già, quand'io feci 'l mal sonno
33. 27 che del futuro mi squarciò 'l velame.

33. 28 Questi pareva a me maestro e donno,
33. 29 cacciando il lupo e ' lupicini al monte
33. 30 per che i Pisan veder Lucca non ponno.

33. 31 Con cagne magre, studiose e conte
33. 32 Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi
33. 33 s'avea messi dinanzi da la fronte.

33. 34 In picciol corso mi parieno stanchi
33. 35 lo padre e ' figli, e con l'agute scane
33. 36 mi parea lor veder fender li fianchi.

33. 37 Quando fui desto innanzi la dimane,
33. 38 pianger senti' fra 'l sonno i miei figliuoli
33. 39 ch'eran con meco, e dimandar del pane.

33. 40 Ben se' crudel, se tu già non ti duoli
33. 41 pensando ciò che 'l mio cor s'annunziava;
33. 42 e se non piangi, di che pianger suoli?

33. 43 Già eran desti, e l'ora s'appressava
33. 44 che 'l cibo ne solea essere addotto,
33. 45 e per suo sogno ciascun dubitava;

33. 46 e io senti' chiavar l'uscio di sotto
33. 47 a l'orribile torre; ond'io guardai
33. 48 nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto.

33. 49 Io non piangea, sì dentro impetrai:
33. 50 piangevan elli; e Anselmuccio mio
33. 51 disse: "Tu guardi sì, padre! che hai?".

33. 52 Perciò non lacrimai né rispuos'io
33. 53 tutto quel giorno né la notte appresso,
33. 54 infin che l'altro sol nel mondo uscìo.

33. 55 Come un poco di raggio si fu messo
33. 56 nel doloroso carcere, e io scorsi
33. 57 per quattro visi il mio aspetto stesso,

33. 58 ambo le man per lo dolor mi morsi;
33. 59 ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia
33. 60 di manicar, di subito levorsi

33. 61 e disser: "Padre, assai ci fia men doglia
33. 62 se tu mangi di noi: tu ne vestisti
33. 63 queste misere carni, e tu le spoglia".

33. 64 Queta'mi allor per non farli più tristi;
33. 65 lo dì e l'altro stemmo tutti muti;
33. 66 ahi dura terra, perché non t'apristi?

33. 67 Poscia che fummo al quarto dì venuti,
33. 68 Gaddo mi si gittò disteso a' piedi,
33. 69 dicendo: ``Padre mio, ché non mi aiuti?''.

33. 70 Quivi morì; e come tu mi vedi,
33. 71 vid'io cascar li tre ad uno ad uno
33. 72 tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond'io mi diedi,

33. 73 già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
33. 74 e due dì li chiamai, poi che fur morti.
33. 75 Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno».

33. 76 Quand'ebbe detto ciò, con li occhi torti
33. 77 riprese 'l teschio misero co'denti,
33. 78 che furo a l'osso, come d'un can, forti.

33. 79 Ahi Pisa, vituperio de le genti
33. 80 del bel paese là dove 'l sì suona,
33. 81 poi che i vicini a te punir son lenti,

33. 82 muovasi la Capraia e la Gorgona,
33. 83 e faccian siepe ad Arno in su la foce,
33. 84 sì ch'elli annieghi in te ogne persona!

33. 85 Ché se 'l conte Ugolino aveva voce
33. 86 d'aver tradita te de le castella,
33. 87 non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.

33. 88 Innocenti facea l'età novella,
33. 89 novella Tebe, Uguiccione e 'l Brigata
33. 90 e li altri due che 'l canto suso appella.

33. 91 Noi passammo oltre, là 've la gelata
33. 92 ruvidamente un'altra gente fascia,
33. 93 non volta in giù, ma tutta riversata.

33. 94 Lo pianto stesso lì pianger non lascia,
33. 95 e 'l duol che truova in su li occhi rintoppo,
33. 96 si volge in entro a far crescer l'ambascia;

33. 97 ché le lagrime prime fanno groppo,
33. 98 e sì come visiere di cristallo,
33. 99 riempion sotto 'l ciglio tutto il coppo.

33.100 E avvegna che, sì come d'un callo,
33.101 per la freddura ciascun sentimento
33.102 cessato avesse del mio viso stallo,

33.103 già mi parea sentire alquanto vento:
33.104 per ch'io: «Maestro mio, questo chi move?
33.105 non è qua giù ogne vapore spento?».

33.106 Ond'elli a me: «Avaccio sarai dove
33.107 di ciò ti farà l'occhio la risposta,
33.108 veggendo la cagion che 'l fiato piove».

33.109 E un de' tristi de la fredda crosta
33.110 gridò a noi: «O anime crudeli,
33.111 tanto che data v'è l'ultima posta,

33.112 levatemi dal viso i duri veli,
33.113 sì ch'io sfoghi 'l duol che 'l cor m'impregna,
33.114 un poco, pria che 'l pianto si raggeli».

33.115 Per ch'io a lui: «Se vuo' ch'i' ti sovvegna,
33.116 dimmi chi se', e s'io non ti disbrigo,
33.117 al fondo de la ghiaccia ir mi convegna».

33.118 Rispuose adunque: «I' son frate Alberigo;
33.119 i' son quel da le frutta del mal orto,
33.120 che qui riprendo dattero per figo».

33.121 «Oh!», diss'io lui, «or se' tu ancor morto?».
33.122 Ed elli a me: «Come 'l mio corpo stea
33.123 nel mondo sù, nulla scienza porto.

33.124 Cotal vantaggio ha questa Tolomea,
33.125 che spesse volte l'anima ci cade
33.126 innanzi ch'Atropòs mossa le dea.

33.127 E perché tu più volentier mi rade
33.128 le 'nvetriate lagrime dal volto,
33.129 sappie che, tosto che l'anima trade

33.130 come fec'io, il corpo suo l'è tolto
33.131 da un demonio, che poscia il governa
33.132 mentre che 'l tempo suo tutto sia vòlto.

33.133 Ella ruina in sì fatta cisterna;
33.134 e forse pare ancor lo corpo suso
33.135 de l'ombra che di qua dietro mi verna.

33.136 Tu 'l dei saper, se tu vien pur mo giuso:
33.137 elli è ser Branca Doria, e son più anni
33.138 poscia passati ch'el fu sì racchiuso».

33.139 «Io credo», diss'io lui, «che tu m'inganni;
33.140 ché Branca Doria non morì unquanche,
33.141 e mangia e bee e dorme e veste panni».

33.142 «Nel fosso sù», diss'el, «de' Malebranche,
33.143 là dove bolle la tenace pece,
33.144 non era ancor giunto Michel Zanche,

33.145 che questi lasciò il diavolo in sua vece
33.146 nel corpo suo, ed un suo prossimano
33.147 che 'l tradimento insieme con lui fece.

33.148 Ma distendi oggimai in qua la mano;
33.149 aprimi li occhi». E io non gliel'apersi;
33.150 e cortesia fu lui esser villano.

33.151 Ahi Genovesi, uomini diversi
33.152 d'ogne costume e pien d'ogne magagna,
33.153 perché non siete voi del mondo spersi?

33.154 Ché col peggiore spirto di Romagna
33.155 trovai di voi un tal, che per sua opra
33.156 in anima in Cocito già si bagna,
33.157 e in corpo par vivo ancor di sopra.

Inferno - canto 34

34. 1 «*Vexilla regis prodeunt inferni*
34. 2 verso di noi; però dinanzi mira»,
34. 3 disse 'l maestro mio «se tu 'l discerni».

34. 4 Come quando una grossa nebbia spira,
34. 5 o quando l'emisperio nostro annotta,
34. 6 par di lungi un molin che 'l vento gira,

34. 7 veder mi parve un tal dificio allotta;
34. 8 poi per lo vento mi ristrinsi retro
34. 9 al duca mio; ché non lì era altra grotta.

34. 10 Già era, e con paura il metto in metro,
34. 11 là dove l'ombre tutte eran coperte,
34. 12 e trasparien come festuca in vetro.

34. 13 Altre sono a giacere; altre stanno erte,
34. 14 quella col capo e quella con le piante;
34. 15 altra, com'arco, il volto a' piè rinverte.

34. 16 Quando noi fummo fatti tanto avante,
34. 17 ch'al mio maestro piacque di mostrarmi
34. 18 la creatura ch'ebbe il bel sembiante,

34. 19 d'innanzi mi si tolse e fé restarmi,
34. 20 «Ecco Dite», dicendo, «ed ecco il loco
34. 21 ove convien che di fortezza t'armi».

34. 22 Com'io divenni allor gelato e fioco,
34. 23 nol dimandar, lettor, ch'i' non lo scrivo,
34. 24 però ch'ogne parlar sarebbe poco.

34. 25 Io non mori' e non rimasi vivo:
34. 26 pensa oggimai per te, s'hai fior d'ingegno,
34. 27 qual io divenni, d'uno e d'altro privo.

34. 28 Lo 'mperador del doloroso regno
34. 29 da mezzo 'l petto uscìa fuor de la ghiaccia;
34. 30 e più con un gigante io mi convegno,

34. 31 che i giganti non fan con le sue braccia:
34. 32 vedi oggimai quant'esser dee quel tutto
34. 33 ch'a così fatta parte si confaccia.

34. 34 S'el fu sì bel com'elli è ora brutto,
34. 35 e contra 'l suo fattore alzò le ciglia,
34. 36 ben dee da lui proceder ogne lutto.

34. 37 Oh quanto parve a me gran maraviglia
34. 38 quand'io vidi tre facce a la sua testa!
34. 39 L'una dinanzi, e quella era vermiglia;

34. 40 l'altr'eran due, che s'aggiugnieno a questa
34. 41 sovresso 'l mezzo di ciascuna spalla,
34. 42 e sé giugnieno al loco de la cresta:

34. 43 e la destra parea tra bianca e gialla;
34. 44 la sinistra a vedere era tal, quali
34. 45 vegnon di là onde 'l Nilo s'avvalla.

34. 46 Sotto ciascuna uscivan due grand'ali,
34. 47 quanto si convenia a tanto uccello:
34. 48 vele di mar non vid'io mai cotali.

34. 49 Non avean penne, ma di vispistrello
34. 50 era lor modo; e quelle svolazzava,
34. 51 sì che tre venti si movean da ello:

34. 52 quindi Cocito tutto s'aggelava.
34. 53 Con sei occhi piangea, e per tre menti
34. 54 gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.

34. 55 Da ogne bocca dirompea co' denti
34. 56 un peccatore, a guisa di maciulla,
34. 57 sì che tre ne facea così dolenti.

34. 58 A quel dinanzi il mordere era nulla
34. 59 verso 'l graffiar, che talvolta la schiena
34. 60 rimanea de la pelle tutta brulla.

34. 61 «Quell'anima là sù c'ha maggior pena»,
34. 62 disse 'l maestro, «è Giuda Scariotto,
34. 63 che 'l capo ha dentro e fuor le gambe mena.

34. 64 De li altri due c'hanno il capo di sotto,
34. 65 quel che pende dal nero ceffo è Bruto:
34. 66 vedi come si storce, e non fa motto!;

34. 67 e l'altro è Cassio che par sì membruto.
34. 68 Ma la notte risurge, e oramai
34. 69 è da partir, ché tutto avem veduto».

34. 70 Com'a lui piacque, il collo li avvinghiai;
34. 71 ed el prese di tempo e loco poste,
34. 72 e quando l'ali fuoro aperte assai,

34. 73 appigliò sé a le vellute coste;
34. 74 di vello in vello giù discese poscia
34. 75 tra 'l folto pelo e le gelate croste.

34. 76 Quando noi fummo là dove la coscia
34. 77 si volge, a punto in sul grosso de l'anche,
34. 78 lo duca, con fatica e con angoscia,

34. 79 volse la testa ov'elli avea le zanche,
34. 80 e aggrappossi al pel com'om che sale,
34. 81 sì che 'n inferno i' credea tornar anche.

34. 82 «Attienti ben, ché per cotali scale»,
34. 83 disse 'l maestro, ansando com'uom lasso,
34. 84 «conviensi dipartir da tanto male».

34. 85 Poi uscì fuor per lo fóro d'un sasso,
34. 86 e puose me in su l'orlo a sedere;
34. 87 appresso porse a me l'accorto passo.

34. 88 Io levai li occhi e credetti vedere
34. 89 Lucifero com'io l'avea lasciato,
34. 90 e vidili le gambe in sù tenere;

34. 91 e s'io divenni allora travagliato,
34. 92 la gente grossa il pensi, che non vede
34. 93 qual è quel punto ch'io avea passato.

34. 94 «Lèvati sù», disse 'l maestro, «in piede:
34. 95 la via è lunga e 'l cammino è malvagio,
34. 96 e già il sole a mezza terza riede».

34. 97 Non era camminata di palagio
34. 98 là 'v'eravam, ma natural burella
34. 99 ch'avea mal suolo e di lume disagio.

34.100 «Prima ch'io de l'abisso mi divella,
34.101 maestro mio», diss'io quando fui dritto,
34.102 «a trarmi d'erro un poco mi favella:

34.103 ov'è la ghiaccia? e questi com'è fitto
34.104 sì sottosopra? e come, in sì poc'ora,
34.105 da sera a mane ha fatto il sol tragitto?».

34.106 Ed elli a me: «Tu imagini ancora
34.107 d'esser di là dal centro, ov'io mi presi
34.108 al pel del vermo reo che 'l mondo fóra.

34.109 Di là fosti cotanto quant'io scesi;
34.110 quand'io mi volsi, tu passasti 'l punto
34.111 al qual si traggon d'ogne parte i pesi.

34.112 E se' or sotto l'emisperio giunto
34.113 ch'è contraposto a quel che la gran secca
34.114 coverchia, e sotto 'l cui colmo consunto

34.115 fu l'uom che nacque e visse sanza pecca:
34.116 tu hai i piedi in su picciola spera
34.117 che l'altra faccia fa de la Giudecca.

34.118 Qui è da man, quando di là è sera;
34.119 e questi, che ne fé scala col pelo,
34.120 fitto è ancora sì come prim'era.

34.121 Da questa parte cadde giù dal cielo;
34.122 e la terra, che pria di qua si sporse,
34.123 per paura di lui fé del mar velo,

34.124 e venne a l'emisperio nostro; e forse
34.125 per fuggir lui lasciò qui loco vòto
34.126 quella ch'appar di qua, e sù ricorse».

34.127 Luogo è là giù da Belzebù remoto
34.128 tanto quanto la tomba si distende,
34.129 che non per vista, ma per suono è noto

34.130 d'un ruscelletto che quivi discende
34.131 per la buca d'un sasso, ch'elli ha roso,
34.132 col corso ch'elli avvolge, e poco pende.

34.133 Lo duca e io per quel cammino ascoso
34.134 intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
34.135 e sanza cura aver d'alcun riposo,

34.136 salimmo sù, el primo e io secondo,
34.137 tanto ch'i' vidi de le cose belle
34.138 che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.
34.139 E quindi uscimmo a riveder le stelle.

lisagt
10-08-2006, 04:13 PM
Ecco io scrivo 2 parole e viene fuori un casino e 1/2 giornata x leggere tutto.
Io voto Guido, a parole siamo tutti bravi e in pratica è una delle poche persone che ha dato la sua disponibilità x questo raduno ed ha cercato di coinvolgere altri.

imported_n/a
10-08-2006, 06:27 PM
Lisagt, rileggendo il post mi sembra che in molti abbiano dato la loro disponibilità ;)


Guido ci risiamo!
Mi hai scritto quella cosa in privato ma DOPO averla scritta su un post pubblico, non ricordo se nel mio sondaggio o se in qualche altro post chilometrico.
Mi manca la voglia di cercarlo ma se provi vedrai che lo hai scritto tu, pubblicamente, altrimenti non mi sarei permesso ;)

Continui a fare degli errori!
Come puoi aver capito cosa è successo se parti da presupposti sbagliati?

La bambina in questione non ha 13 anni ma 10
(se continua sta ramera diventa pure maggiorenne)
I genitori affidatari avevano presentato domanda di adozione, respinta dalle autorità bielorusse 5/7 anni fa.
Il motivo è che se segui la legge ti attacchi al cazzo, mentre se vai in bielorussia e sfoghi un po di soldo si risolve tutto.
(esperienza vissuta da una coppia di amici)
Non hanno deciso i genitori affidatari che la bambina aveva subito violenze ma 2 psicologhe e i medici del Gaslini di Genova, universalmente riconosciuto come uno degli ospedali pediatrici più importanti ed efficenti del mondo.
I genitori affidatari si sono rivolti alle autorità e alla stampa.
Le autorità se ne sono lavate le mani al punto che la sentenza di appello è stata depositata il giorno dopo il rimpatrio della bambina.
Direi che è sufficente, se non ti fidi di quello che ti ho scritto, cerca un giornale qualsiasi di qualche giorno fa e leggilo.
Non c'è scritto nulla di diverso.

Adesso, dando per buono che i passi necessari siano stati fatti, perchè in effetti così è stato, potresti rispondere alla domanda che ti faccio per la terza volta?

Ma tu, cosa avresti fatto?

scintilla
10-08-2006, 08:19 PM
perchè non andate a rompere i c......i alla gente al bar
anzichè farlo sul forum scrivendo cazzate e rallentando
un casino il server............
Gian , Stef' , ma andate a cagare !!!!!!!!!!!:D
:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D ;)

Ste
10-08-2006, 08:29 PM
uèèèè....la mia è cultura!!!!!!!1:D:D: D:D:D

azz ci impiega una cifra a aprirsi la pagina....

:Dla divina commedia è propio pesante!!!:D

Ste
10-08-2006, 08:31 PM
e non vuole neppure cambiare pagina:D:D:D

Ste
10-08-2006, 08:32 PM
niente da fare:D:D

Ste
10-08-2006, 08:33 PM
nulla non cambia:D:D

scintilla
10-08-2006, 08:34 PM
:D:D:D:D;)

Ste
10-08-2006, 08:36 PM
scintilla vieni e scrivi qualche ca***a ( praticamente scrivi normalmente:D:D)
Tanto ormai Questo post nato per una lodevole causa grazie a lisag è diventato una polemica piu finita;);)

cosi cambia pagina

scintilla
10-08-2006, 09:15 PM
:D:D;)

Ste
10-08-2006, 09:18 PM
niente da fare:D

scintilla
10-08-2006, 09:25 PM
Nuove tecnologie per la Marina francese
Si tratta di due navi d'assalto per operazioni anfibie, la Mistral e la Tonnerre, che sono considerate come capostipiti di una nuova generazione.
di Massimo Bozzo - Newton on line http://www.newton.rcs.it

Il "pod" che ospita i propulsori
Tra il settore militare e quello civile, il trasferimento di tecnologia si verifica quasi sempre dal primo verso il secondo mentre è meno molto diffuso il caso contrario. In campo navale si sta invece verificando in questi mesi in Francia uno scambio quasi alla pari. È il caso della costruzione delle due nuove unità gemelle di assalto anfibio "Mistral" e "Tonnerre" che la Marina immetterà in servizio alla fine del 2005 e all'inizio del 2006.

Strutturalmente, le unità si presentano con un ponte di volo continuo per elicotteri, isola di comando laterale (secondo lo schema tipico delle portaerei) e bacino allagabile per le operazioni con mezzi da sbarco. Le due unità, seconde in dimensione solo alla portaerei "Charles de Gaulle", sono considerate dalla Francia essenziali per la propria strategia d'azione per i prossimi trenta anni. Per questo le unità adottano innovazioni tecnologiche - sia nella concezione che nella realizzazione e nel funzionamento - che in parte sono mutuate da alcune già applicate (quasi sempre in scala ridotta) nel settore civile, mentre quelle originali si prevede che avranno presto una ricaduta anche per il settore del naviglio commerciale.

Il primo caso è rappresentato ad esempio dal sistema di propulsione già in uso in alcuni bastimenti civili e in alcune navi da crociera. Mistral e Tonnerre saranno infatti le prime unità militari ad utilizzare una navicella ("pod") integrata che comprende un potente motore elettrico in un contenitore idrodinamico orientabile a 360 gradi sospeso sotto la chiglia e che aziona direttamente l'elica (nella foto). Il sistema completo di propulsione prevede due pod a poppa e un'elica di manovra a prua e consente una manovrabilità eccezionale anche a bassissime velocità tanto da consentire all'unità di ruotare su se stessa senza avanzare o indietreggiare di un metro. Si tratta di una qualità essenziale per una unità destinata ad operazioni di imbarco e sbarco in zone costiere o in porti non attrezzati. I motori elettrici di propulsione sono alimentati da generatori a bordo dell'unità.

Il sistema di propulsione con due eliche orientabili consente anche una semplificazione strutturale notevole mediante l'eliminazione del tradizionale timone. Questo fatto, insieme all'assenza dei tradizionali assi di trasmissione meccanica per azionare le eliche, consente inoltre di abbattere rumori e vibrazioni e di guadagnare un notevole spazio interno. L'assenza del timone ha portato alla eliminazione anche della tradizionale ruota di comando. In plancia, il pilota disporrà di una sorta di doppio joystick (nella foto), uno per propulsore, che comanda orientamento e giri delle eliche in modo separato in ognuno dei pod. L'adozione di queste tecnologie di altri sistemi di automazione mutuati dal settore civile - sostengono i costruttori - hanno consentito un risparmio del 30% nei costi di costruzione, una manutenzione semplificata, un equipaggio ridotto (solo 160 persone). La propulsione elettrica sarà inoltre del tutto ecologica, in quanto i pod non rilasceranno nell'acqua nessun genere di inquinanti. Queste le caratteristiche principali dell'unità: lunghezza 199 m, larghezza 32 m, dislocamento a pieno carico 21.500 t, pescaggio 6,2 m, velocità 18 nodi, autonomia 11.000 miglia a 15 nodi, superficie del ponte di volo 5.200 mq. Una mostra su queste nuove unità a tecnologia avanzata è in corso al Museo della Marina di Parigi fino al 16 maggio 2005. ;)

alain
10-09-2006, 02:13 PM
:(Non mi interessa chi ha cominciato!!!!...... ......[:0]............. Gianlorenzo......... .................... sicuramente è colpa tua!!!!! Alla lavagna!!!!! Guido....... Sergio...... uno seduto da una parte... e uno dall'altra!!!!!! Cazzarola !!!!!

Mo ormai ho deciso...... è sempre colpa di Gianlorenzo!!![8D][8D][8D][8D]

scintilla
10-09-2006, 08:11 PM
:D:D:D:D;)

imported_n/a
10-10-2006, 09:01 AM
;) :D:D:D

firebird71
10-10-2006, 01:13 PM
Si signor maestro, mi son portato anche un po di ceci[:p]


Citazione:Messaggio inserito da alain

:(Non mi interessa chi ha cominciato!!!!...... ......[:0]............. Gianlorenzo......... .................... sicuramente è colpa tua!!!!! Alla lavagna!!!!! Guido....... Sergio...... uno seduto da una parte... e uno dall'altra!!!!!! Cazzarola !!!!!

Mo ormai ho deciso...... è sempre colpa di Gianlorenzo!!![8D][8D][8D][8D]

alain
10-11-2006, 01:41 PM
Ecco bravo....... mettili uno ad uno piano piano su per il cu...!!! hehehhehehh

alain
10-11-2006, 01:41 PM
Ecco bravo....... mettili uno ad uno piano piano su per il cu...!!! hehehhehehh

firebird71
10-11-2006, 02:04 PM
Non mi faranno male? ...io li avevo portati da mettere sotto le ginocchia.........:(

Allegato: immagini/icon_paperclip.gif ceci.zip (http://www.corvetteitalia.i t/public/data/firebird71/2006101114441_ceci.z ip)
229,51KB


Citazione:Messaggio inserito da alain

Ecco bravo....... mettili uno ad uno piano piano su per il cu...!!! hehehhehehh

firebird71
10-11-2006, 02:04 PM
Non mi faranno male? ...io li avevo portati da mettere sotto le ginocchia.........:(

Allegato: immagini/icon_paperclip.gif ceci.zip (http://www.corvetteitalia.i t/public/data/firebird71/2006101114441_ceci.z ip)
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Citazione:Messaggio inserito da alain

Ecco bravo....... mettili uno ad uno piano piano su per il cu...!!! hehehhehehh